La polemica

Il ‘caso Sanremo’ sintomatico della crisi di governo

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È possibile che l’attenzione dei giornali e dei media si debba concentrare, rispetto al servizio pubblico radiotelevisivo, sulla vicenda del Festival di Sanremo?

La crisi di governo sta determinando un effetto-domino in buona parte prevedibile, sia a livello “macro” (l’avvio del “Recovery Fund”) sia a livello “micro” (l’avvio del dibattito parlamentare sulla riforma della “governance” della Rai): in questo scenario di accresciuta incertezza, l’Italia sta dimostrando – a se stessa ed al mondo intero – di non essere un Paese serio, ma una nazione governata dalla approssimazione, dalla nasometria, dagli umori del “principe” di turno.

È possibile che l’attenzione dei giornali e dei media si debba concentrare, rispetto al servizio pubblico radiotelevisivo, sulla vicenda del Festival di Sanremo?!

È possibile che venga invocata “la scienza” – ovvero il Comitato Tecnico Scientifico della Protezione Civile (il mitico Cts) – allorquando questa… scienza appare controversa, contraddittoria, opaca? Basti pensare a quel che l’eccellente trasmissione di Rai 3 “Report”, guidata dall’intrepido Sigfrido Ranucci, ha scoperto in relazione al “piano pandemico” del nostro Paese…

La scienza dà i numeri?

È possibile che “la scienza”, sempre invocata dal Presidente del Consiglio dimissionario Giuseppe Conte, stia dando “i numeri” in modo così plateale, come evidenzia emblematicamente il conflitto tra Regione Lombardia e Stato centrale, affidato ai tribunali amministrativi?!

È normale che debba intervenire il titolare pro tempore del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Dario Franceschini per segnalare a Rai che il Teatro Ariston è comunque un teatro, e, in quanto tale, non può essere “aperto al pubblico”, e che anche i “figuranti” debbono essere assimilati a “spettatori”?! Ha dichiarato ieri 28 gennaio su Twitter il Ministro: “il Teatro Ariston di Sanremo è un teatro come tutti gli altri e quindi, come ha chiarito ieri il ministro Roberto Speranza, il pubblico, pagante, gratuito o di figuranti, potrà tornare solo quando le norme lo consentiranno per tutti i teatri e cinema. Speriamo il prima possibile”.

E che dire del Direttore di Rai1 Stefano Coletta che “bypassa” lo Stato centrale e dichiara che comunque Rai ha provveduto a stipulare “protocolli” sanitari con le istituzioni come l’Asl di Sanremo ovvero il Prefetto ed il Questore?!

Che dire di Amadeus?

E che dire poi del conduttore Amadeus che preannuncia di voler gettare la spugna, a fronte di cotante difficoltà e resistenze, semmai si decidesse di organizzare una edizione del Festival senza pubblico?!

Non ci sembra che sia emerso… un caso di Stato, allorquando “X Factor”, qualche settimana fa, ha organizzato la serata finale del “talent” prodotto da Fremantle e trasmesso da Sky Italia, facendo apparire come “pubblico” i collaboratori dello studio e della produzione. Altresì dicasi per una trasmissione come “Amici” su Mediaset, ed anche ancora, come lo stesso “Sanremo Giovani” su Rai. Qual è quindi il (vero) problema?!

Polverone mediatico su una vicenda di nessuna importanza

Di grazia… perché scatenare un simile polverone mediatico su una vicenda di nessuna reale importanza?!

D’accordo, per Rai, data la situazione di crisi economico-finanziaria cui è costretta anche dal Governo dimissionario, i circa 37 milioni di euro di pubblicità che il Festival porta nelle sue casse sono preziosi, ma una simile vicenda non può, non deve, divenire un “caso di Stato”.

Non comprendiamo nemmeno la levata di scudi dei teatranti, in primis Emma Dante. Come ha saggiamente scritto oggi Aldo Grasso sul “Corriere della Sera”, ironizzando su un presunto “scontro di culture”, tra “cultura alta” (il Teatro) e “cultura bassa” (la Musica, ma quella Pop): realizzare Sanremo in studio, ovvero in un teatro – che è poi un “teatro televisivo” (ovvero un teatro adibito a studio televisivo) – non ci sembra offensivo per gli attori e gli operatori del settore teatrale e musicale. Anzi…

Piuttosto potrebbe essere una occasione, finanche provocatoria, per chiedere al Governo (dimissionario e/o entrante che sia) di riaprire presto tutti i luoghi pubblici di spettacolo, ovviamente nel pieno rispetto dei più rigidi protocolli, dato che è stato dimostrato – da quella stessa “scienza” tante volte retoricamente invocata – che non sono luoghi rischiosi per la pandemia.

Aprire un dibattito sulle deroghe

Il Presidente dell’Agis Carlo Fontana ha invocato “regole uguali per tutti”, anche per il Festival, ma, a questo punto, si approfitti della kermesse giustappunto per aprire, con giudizio, anche i cinematografi ed i teatri, e non si adotti una linea rigida per impedire anche un minimo di partecipazione “umana” e “live” a Sanremo. Fontana chiede “nessuna deroga”. Noi proponiamo invece… “tante deroghe”. Proprio per andare incontro al suo appello: “nel momento in cui ogni attività di spettacolo è interdetta al pubblico, sarebbe gravissimo accettare ogni tipo di espediente, quando invece la vera e propria battaglia è quella di adottare soluzioni, che ci auguriamo arrivino presto, per una celere e definitiva riapertura di tutti i cinema e teatri”. Che abbondino, invece, di fronte a questo Stato irragionevolmente autoritario, “gli espedienti” e che divengano finanche “le soluzioni” che il Governo non riesce a trovare. Siamo in Italia, Paese nel quale la certezza del diritto veniva invocata dal compianto Marco Pannella, ma nella quale forse non crede quasi più nessuno. Fatta la legge, gabbato lo santo. Ci costringe il Governo stesso, di fronte ai muri di una burocrazia miope, che pretende ormai di governare anche le nostre più intime esistenze di cittadini.

Il Ministro della Salute in carica Roberto Speranza ha chiesto al Cts di elaborare un protocollo “ad hoc” e l’associazione dei fonografici Fimi ha dichiarato la propria disponibilità in tal senso.

Ennesimo caso di dinamica, tipicamente italiana, di “ucas”: “Ufficio complicazioni affari semplici”.

Confusione, contraddizioni, caos

Peraltro, non è noto ai più – lo abbiamo opportunamente segnalato su queste colonne (vedi “Key4biz” del 13 novembre 2020, “Lockdown soft: salute, cultura e scuole. Le contraddizioni interne del Governo”) – ma il Ministero stesso (con una lettera del Segretario Generale del Mibact Salvo Nastasi al Direttore dell’Unione Teatri di Roma – Utr) ha precisato che teatri e cinematografi potevano continuare a svolgere attività laboratoriali e finanche la messa in scena di spettacoli, a condizione che non fossero “aperti al pubblico”.

Nel caso di Sanremo, è stato ipotizzato il coinvolgimento di “comparse”: una comparsa è assimilabile a pubblico “pagante”? No.

Semmai è pubblico “pagato”, ma certamente un simile spettacolo non può essere considerato “aperto al pubblico”. Quindi non si viola nessuna norma dello Stato: semplicemente, le si interpreta in modo ragionevole.

Non vogliamo elaborare interpretazioni del diritto amministrativo (peraltro su decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri che non brillano esattamente per chiarezza, come ha denunciato anche un’autorità del livello di Sabino Cassese) né proporre ardite analisi semantiche, ma vogliamo semplicemente rimarcare il carattere assurdo, surreale, ridicolo di queste dinamiche. Che si applichi piuttosto un po’ di sano buon senso, evitando tempeste in un bicchier d’acqua.

Armi di distrazione di massa?! Nei labirinti dell’“horror” burocratico

Che forse si voglia approfittare della kermesse all’Ariston per “distrarre” gli italiani da altre ben più gravi criticità e serie emergenze?!

Un’ennesima operazione rientrante tra le “armi di distrazione di massa”?!

Stesse categorie – dell’assurdo, del surreale, del ridicolo – emergono in un’analisi delle tante contraddizioni dei troppi Dpcm: criteri tassonomici opinabili (si ricorderà i famosi “affetti stabili”…), indicatori quantitativi contestati da più parti (anche da esponenti della stessa “scienza”…), fantasie terminologiche degne di romanzi dell’horror (burocratico).

Il potentissimo manager Lucio Presta (boss della squadra di cui è parte anche Amadeus), ritenuto da alcuni uno dei “veri padroni” di Viale Mazzini ha tuonato: “governo caduto, ristori non approvati, recovery in alto mare, mancanza di vaccini, economia a pezzi, e vedo ministri importanti, giornalisti importanti, parlare solo di Sanremo e figuranti. Ora capisco perché un grande Paese come il nostro è a rotoli” (così in una sortita su Tweet).

Difficile non condividere, al di là della persona, un pur così feroce giudizio.

Rossi (Cda Rai): “Delirio di onnipotenza… Sanremo è un evento della Rai, non di Amadeus o dei suoi manager

E come non dare ragione, peraltro, da altro canto, a quanto sostenuto dal consigliere di amministrazione Rai Giampaolo Rossi (“in quota” Fratelli d’Italia”), che ha dichiarato oggi: “è una situazione molto delicata, che attiene non solamente al problema ‘Sanremo sì Sanremo no’, ma riguarda più in generale la gestione degli eventi pubblici in Italia. La Rai sta lavorando con le autorità per cercare di dipanarla. Detto questo, è oggettivamente inaccettabile che il conduttore e direttore artistico di Sanremo ponga delle condizioni alla sua presenza al Festival, non tenendo presente che su pubblico e sicurezza non decide la Rai e, per giunta, ponendosi anche al di sopra di quelle che sono in questo momento le norme in vigore. A volte, in questi ruoli, si rischia di cadere nel delirio di onnipotenza. Ricordo poi che Sanremo è un evento della Rai, non di Amadeus o dei suoi manager”. Ma questo è – come dire?! – un altro discorso, che riguarda lo strapotere di alcuni manager nell’economia della Rai. Questione delicata ed importante, sulla quale torneremo presto.

Intanto, siamo arrivati a fine gennaio e l’avvio parlamentare della riforma della “governance” della Rai non è stato ancora calendarizzato.