Il quadro

Il bacio appassionato di Salvini a Venezia e il vero stato di salute del cinema italiano

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Ulteriori “flebo” di entusiasmo della Sottosegretaria Borgonzoni, in un “corpo” che evidenzia diffuse patologie: meno 27 % di spettatori rispetto al 2019. E il cinema italiano in sala boccheggia.

Se non fosse vero, sarebbe da non crederci: esponenti del Governo continuano a manifestare dichiarazioni entusiaste sulla “ripresa” del cinema in Italia, nonostante una analisi oggettiva dimostra che la situazione non è esattamente… idilliaca.

Le voci fuori dal coro sono rare, ma per fortuna non siamo del tutto “isolati”: merita una lettura attenta un lungo articolo del cineasta e saggista e docente universitario Roberto Faenza, sul quotidiano “il Fatto”, giovedì della scorsa settimana, 30 agosto, dal titolo emblematico: “C’è festa a Venezia, ma il cinema sta affondando come il Titanic”. Rilanciamo l’incipit dell’intervento: “Venezia apre come sempre in pompa magna, tra lustrini e paillettes, ma nessuno ha il coraggio di dire come stanno veramente le cose. Stupisce che tra i tanti dibattiti in corso nella laguna non si alzi neppure una voce a domandarsi cosa sta succedendo. Sono appena usciti i dati di consuntivo Cinetel, la società di monitoraggio gestita da esercenti e produttori, che segnala come il mese in corso già registra un meno 6 % rispetto allo stesso periodo del 2019, l’anno del pre-pandemia”.

E precisa Faenza (proponendo peraltro esattamente gli stessi dati che noi stessi abbiamo evidenziato sulle queste colonne: si rimanda al nostro intervento “Nuovi bandi “Cips”: 22 milioni di euro per l’edizione 2023 dei progetti per stimolare cinema e audiovisivo nelle scuole” su “Key4biz” del 29 agosto 2023): “in pratica tra il 2019 e il 2023 il mercato italiano ha perso il 27 % degli spettatori cinematografici, un deficit mai registrato prima. La desertificazione del territorio cinematografico nostrano avanza nell’indifferenza generale”. E qui la citazione metaforica (forse eccessiva, in verità): “sembra di stare a bordo del Titanic, quando domenica 14 aprile del 1912, poco prima di mezzanotte, nel suo viaggio inaugurale da Southampton a New York, ebbe una drammatica collisione con un iceberg, che spezzò in due tronconi il piroscafo…”.

Roberto Faenza e chi redige queste righe, e pochi altri dissidenti – tra i quali merita essere segnalato l’avvocato Michele Lo Foco, uno dei pochi esperti indipendenti del settore – non sono… “detrattori”, come ha sostenuto la sempre entusiasta Sottosegretaria alla Cultura, la senatrice leghista Lucia Borgonzoni, rivolgendosi a chi non condivide la sua lettura positiva della dinamica in atto: semplicemente, non ci si deve lasciare sedurre dagli incantatori di serpenti.

La situazione è grave, la crisi è profonda, l’entusiasmo è immotivato

E non è utile continuare a leggere i dati in modo ostinatamente positivo: è di ieri un ulteriore comunicato stampa della Sottosegretaria leghista: “al 31 agosto 2023 abbiamo già raggiunto tutto l’incasso registrato nell’arco dell’intero 2022. Grandissimo risultato”, Lucia Borgonzoni, in occasione della presentazione dell’indagine “Gli italiani e il cinema”, realizzata da Swg e Università Cattolica per la Direzione Generale Cinema e Audiovisivo del Ministero della Cultura. Il dato è oggettivo (ed è stato peraltro segnalato per primo dal Direttore Generale Nicola Borrelli), ma è, ancora una volta, il tentativo di proporre la logica del “bicchiere mezzo pieno”: distorcente, perché scientemente ignora altri numeri non meno oggettivi, ma purtroppo sconfortanti.

A questo “gioco” numerologico (di strumentalizzazione, se non manipolazione) si sono prestati anche altri esponenti del Governo: come non segnalare una dichiarazione dello stesso Vice Presidente del Consiglio Matteo Salvini, che è stato peraltro immortalato (…) sul “red carpet” della Mostra del Cinema di Venezia mentre baciava platealmente la sua fidanzata Francesca Verdini: ahinoi… è la “politica spettacolo” che domina, ancora una volta, la scena.

Non ci risulta ci siano però precedenti così… “spettacolari”: nemmeno il più lungevo Ministro della Cultura della Repubblica, Dario Franceschini, ci sembra si sia esibito in un bacio appassionato della consorte, la oggi deputata del Pd, Michela Di Biase, sul tappeto rosso veneziano o in simili pubbliche occasioni…

Annota il sempre elegante “Vanity Fair” il 30 agosto: “Matteo Salvini è giunto in compagnia della fidanzata Francesca Verdini: sorridenti, mano nella mano, lui in total denim, lei con una camicia azzurra annodata in vita e pantaloni bianchi. La compagna del vicepremier, terzogenita del politico Denis Verdini, si occupa da tanto tempo di cinema: dopo avere collaborato con la rivista Ciak, ha fondato La Casa Rossa, società indipendente di produzione cinematografica e audiovisiva che ha prodotto, tra gli altri, il lungometraggio Ghiaccio, con la regia di Fabrizio Moro e Alessio De Leonardis”.

E su “Fortune Italia”, ieri domenica 3 settembre, la Sottosegretaria rinnova l’entusiasmo, in una intervista simpatizzante firmata da Pier Paolo Mocci dichiarava: “l’estate ha fatto registrare numeri da record che hanno addirittura superato quanto messo a segno a luglio del 2011, passato alla storia come il mese con il record di sempre. È la dimostrazione che le sale cinematografiche stanno finalmente tornando al centro della vita culturale e sociale dei nostri territori. Stando ai dati Cinetel, il mese di luglio si è chiuso a quota 5,5 milioni di ingressi con un incasso pari a 40 milioni di euro. Nel 2011 le presenze erano state 5,8 milioni per 42 milioni di box office. Rispetto al 2019 le presenze sono aumentate del 28 % e l’incasso del 45,9 %. Guardando invece al luglio 2022, si registrano +127,5 % di presenze e +138 % di incasso. Risultati come questi ci incoraggiano a proseguire con ancora più fiducia ed entusiasmo”.

Ancora una volta, si estrapolano dati positivi, ignorando quelli negativi: si nasconde il numero reale: nel 2023 gli spettatori cinematografici in Italia sono stati un meno 27 % rispetto al 2019

L’edizione odierna della newsletter dell’associazione degli esercenti cinematografici Anec, “CineNotes” riporta i dati essenziali (sempre di fonte Cinetel), che qui vogliamo ribadire: dal 1° al 31 agosto 2023, si sono incassati 41,9 milioni di euro, che rappresentano un +129 % rispetto all’agosto 2022, ed uno 0,6 % rispetto al 2019, ma i biglietti venduti sono stati 5,8 milioni, con un +115 rispetto allo stesso mese dell’anno scorso, ed un -9 % rispetto al 2019.

Perché la Sottosegretaria rivolge i (suoi) riflettori sempre e soltanto sul dato positivo ed ignora quello negativo?!

Il dato oggettivo da prendere in considerazione è quello giustappunto dei primi 9 mesi dell’anno, da gennaio ad agosto: dal 1° gennaio 2023, si sono incassati 309,8 milioni di euro, che sono sì il +74 % rispetto all’omologo periodo del 2022, ma sono al tempo stesso il meno 19 per cento sull’anno 2019.

Ed il dato è ancora più pesante, se si ragiona in termini di “biglietti venduti” ovvero di un indicatore più significativo del “box office”.

I biglietti venduti da gennaio ad agosto 2023 sono stati 43,7 milioni, che rappresentano senza dubbio il +69 % rispetto al 2022, ma confermano un calo tremendo rispetto allo stesso periodo del 2019: – 27% di spettatori cinematografici rispetto all’anno “pre-Covid” ovvero il 2019.

Gran parte della ripresa del botteghino italico è dovuta a 2 titoli soltanto, che si sono rivelati trainanti, ovvero “Barbie” (che veleggia oltre i 31 milioni di euro di incasso, distribuito da Warner) ed “Oppenheimer” (che è a quota 18 milioni di euro, distribuito da Universal).

I dati relativi ai film italiani sono sconfortanti.

La quota di mercato dei film “made in Usa” è del 57 %, a fronte del 25 % dei film distribuiti.

La quota di mercato dei film italiani (includendovi peraltro le coproduzioni) è al 18 %, a fronte del 35 % dei titoli distribuiti.

Questi ultimi dati sono indicatori precisi: sono ormai “troppi” i film prodotti in Italia, a causa della “overdose” prodotta dal sostegno pubblico… la quasi totalità di questi titoli non beneficiano di promozione adeguata e le modeste strategie di marketing finiscono per penalizzarli e renderli presto… invisibili.

Eppure Lucia Borgonzoni rinnova contentezza, ed anche il Ministro Gennaro Sangiuliano (Fratelli d’Italia) si è lasciato andare, seppure in sordina (ripreso soltanto da “la Repubblica” il 29 agosto scorso): “lo sconto sui biglietti del cinema ha funzionato. Speriamo di rinnovarlo il prossimo anno”.

Ci permettiamo di contestare: ha “funzionato”… come?!

Non esiste ad oggi un’analisi accurata degli effetti (quelli reali, non quelli teorizzati o auspicati) della campagna “Cinema Revolution”, che consenta di comprendere se aver agito sulla leva del “pricing” è stato determinante realmente: cosa sarebbe accaduto se non ci fosse stato il fenomeno “Barbie”?! Riporta Chiara Ugolini su “la Repubblica” web di martedì della scorsa settimana il Ministro-pensiero: “il mio primo decreto è stato rivolto al cinema. E in maniera concreta abbiamo voluto dare un piccolo aiuto al cinema italiano. Abbiamo stanziato 10 milioni di euro per favorire il ritorno nelle sale cinematografiche del pubblico grazie anche ad uno sconto sul biglietto. E questa iniziativa ha avuto molto successo, consentendo a molte persone di riscoprire il cinema… Il meccanismo ha funzionato bene e può darsi che il prossimo anno lo potremmo rinnovare. Si poteva, forse, fare di più ma noi siamo persone serie e ci atteniamo alle risorse che sono disponibili”.

È vero, Ministro: si poteva “fare di più” (parafrando la bella canzone di Enrico Ruggeri e Gianni Morandi), decidendo una diversa allocazione delle risorse del Fondo per il Cinema e l’Audiovisivo, che ha ormai raggiunto quasi quota 750 milioni di euro (per la precisione, 746 milioni per l’anno 2023, come stabilito dal decreto a firma Sangiuliano del 14 marzo 2023).

Servono meno sovvenzioni alla produzione (e meglio mirate), una radicale correzione di rotta rispetto all’uso (ed abuso) del “tax credit”, più sostegni all’esercizio cinematografico (evitando dispersione di risorse pubbliche, come nel caso delle arene cinematografiche estive… gratuite).

E maggiore trasparenza e più velocità nell’assegnazione delle risorse pubbliche.

Matteo Salvini: “un’estate cinematografica eccezionale… da record”?

E che dire del leader della Lega?! Giovedì scorso Matteo Salvini ha dichiarato a Venezia: “è stata una estate eccezionale, le sale hanno fatto record, numeri che non ci sono mai stati, anche grazie al taglio del biglietto d’ingresso scelto dal governo, agli operatori e ai lavoratori che non hanno mai mollato. Ci sono 10mila posti di lavoro che con l’indotto arrivano a 20mila in questo settore e la fantasia umana è insostituibile rispetto all’intelligenza artificiale”. Ed ha precisato, il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti: “ci tenevo ad esserci, a ringraziare l’intero settore e siccome c’è una manovra di bilancio alle porte, conto che il cinema italiano possa avere quello che si merita e crescere quanto si merita. Lunga vita al cinema, alle sale italiane”.

E naturalmente si accoda anche il Presidente dell’Anica, Francesco Rutelli, non nuovo – nemmeno lui – alla ostinata estrapolazione soltanto dei dati positivi: “grande soddisfazione per i dati del cinema in sala: un secondo quadrimestre che eguaglia il primo, non era mai accaduto. È importante analizzare i dati in modo completo e non frammentario”. E su quest’ultimo intendimento, non possiamo che concordare, ma nonostante la saggia premessa, Francesco Rutelli sostiene che “i dati sono inequivocabilmente positivi, con successi delle major e un risultato buono per il cinema italiano ed europeo che deve prepararsi con una programmazione di livello anche in vista dell’estate 2024”.

Sul quell’avverbio, ribadiamo profonde perplessità: “inequivocabilmente”?!

Con quale coraggio – poi – si può definire “buono” il risultato del cinema italiano in sala nei primi 9 mesi di quest’anno?!?

Il Ministro Gennaro Sangiuliano, giovedì scorso, ha poi anche cercato di alzare il tiro, in termini di politica culturale: “stiamo lavorando a un nuovo immaginario italiano molto positivo nel mondo, ad un recupero di credibilità che sta facendo in maniera esemplare il presidente del Consiglio Giorgia Meloni, in cui poi c’è anche una rappresentazione della potenzialità culturale dell’Italia, della sua forte identità”.

Sarà anche vero, ma certamente questa strategia di “recupero” e “rilancio” non ha alcuna concreta efficacia per quanto riguarda il “box office” cinematografico…

Qualche altro “dissidente allarmista” emerge…

Grazie agli dèi, al di là di Roberto Faenza e di Michele Lo Foco, qualche altro dissidente “allarmista” emerge e pone domande serie: un giornalista specializzato come Mauro Gervasini, direttore della rivista più qualificata della critica cinematografica e audiovisiva italiana, qual è “Film Tv”, nell’editoriale della ultima edizione della testata (il n° 35, in edicola martedì della scorsa settimana 29 agosto), intitolato “Nemico pubblico” (riferendosi all’insieme degli spettatori, potenziali e reali), si domanda, rispetto ai film “made in Italy”: “anche con il prezzo del biglietto calmierato sono andati tutti maluccio se non male, e ci sarà occasione per fare un bilancio completo dopo il 21 settembre 2023. Il tema però è importante: perché il nostro cinema fa così fatica ad avere un pubblico? Quali sono le giuste strategie di promozione? Comincia la Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, al programma della quale dedichiamo l’intero numero: aiuterà il nostro cinema?”. E rispetto alla grancassa veneziana (ed alla funzione dei festival cinematografici in generale), provoca: “non è compito di un festival spingere un film commercialmente. Sceglierlo, inserirlo in un contesto coerente, invitare implicitamente alla visione sollecitando una riflessione sull’esistente: lo scopo di manifestazioni simili è questo. Se poi titoli belli o bellissimi una volta in sala non riescono a intercettare un pubblico, può capitare sia “colpa” del pubblico, pigro, disattento e superficiale”. E così chiude: “il dibattito è aperto”.

Ha ragione Gervasini, ma dovrebbe essere in primis il Ministero della Cultura a sviluppare un dibattito, che sia serio, trasparente, onesto: non di compiacimento autoreferenziale (à la Borgonzoni, per intenderci).

La ricerca Swg-Cattolica sul pubblico del cinema: dati non granché utili per la correzione di rotta delle politiche culturali italiche

In questo senso, è senza dubbio di una qualche utilità la ricerca che il Ministero della Cultura (Mic-Dgca) ha affidato per il secondo anno a Swg, in associazione temporanea di scopo con l’Università Cattolica, che è stata presentata venerdì 1° settembre, sempre a Venezia: anche in questo caso – pur certi che l’istituto di ricerca non si sia fatto “eterodirigere” dal committente (pratica assai diffusa in Italia, ahinoi, nel campo dei sondaggi demoscopici) – non emergono purtroppo dati di grande aiuto per comprendere “come” intervenire per superare la profonda crisi in atto. La ricerca è stata diretta da Riccardo Grassi, Giulio Vidotto Fonda e da Camilla Giudice.

Se Swg sostiene che il consumo di contenuti audiovisivi è l’attività preferita in assoluto nel tempo libero per la “Generazione Z”, poco ci aiuta a capire perché questa generazione non ama specificamente la sala cinematografica…

La perdita dell’abitudine alla frequentazione delle sale cinematografiche, la ricerca di una nuova qualità dell’offerta e l’attuale scenario economico italiano avrebbero influenzato particolarmente le scelte di consumo della popolazione, soprattutto dopo l’aumento dell’inflazione, che ha limitato la capacità di spesa delle famiglie. Secondo lo studio, ad oggi 1 italiano su 2 non va al cinema. Scenario in miglioramento rispetto al 2022, se consideriamo che la percentuale degli italiani che non andavano al cinema era, secondo Swg, del 61 %, 11 punti percentuali maggiori di quella attuale…

In realtà, sarebbe opportuno attendere i dati di consuntivo dell’anno 2022, che soltanto la Società Italiana degli Autori e Editori (Siae) può elaborare e che deve ancora rendere pubblici, per poter avere una visione completa dell’andamento del mercato dello spettacolo in Italia l’anno scorso.

Si ricordi che, secondo i dati elaborati dall’Istat (con un campione demoscopico certamente più rappresentativo di quello di Swg), gli italiani che sarebbero andati al cinema sarebbero stati il 48,5 % del totale della popolazione nell’anno 2019, scesi al 45,3 % nel 2020, e crollati al 9,1 % nel 2021 (dati riferiti all’“universo” di persone di 6 e più anni).

Tra l’altro, è proprio incomprensibile la ragione per la quale Swg abbia limitato il proprio “campione” soltanto alle persone di età pari o superiore a 14 anni, allorquando una parte significativa del pubblico cinematografico è composta anche dai bambini e pre-adolescenti…

Per quanto riguarda iniziative come “Cinema Revolution”, Swg e Cattolica sostengono che l’opportunità di usufruire di biglietti a prezzo ridotto potrebbe aumentare significativamente l’interesse a frequentare le sale durante il periodo estivo: stimano che questo impatto potrebbe ridurre del 24 % la percentuale di coloro che non prevedono di andare al cinema, riducendola dal 50 % al 38 %, contribuendo anche ad incrementare i fruitori regolari dal 3 % al 13 %.

Torneremo presto su questa ricerca, anche se ci sembra che non consenta di arricchire granché la strumentazione di conoscenza a disposizione del Governo e della comunità professionale.

Di fronte a patologie così profonde (crollo del consumo di cinema in sala, modesti risultati dei film “made in Italy”, debolezza dell’agire soltanto sulla leva del prezzo del biglietto, inflazione produttiva…), sono necessari studi e ricerche più approfondite e critiche, puntuali e finanche puntute.

Non servono ricerche che portano acqua al mulino del Principe di turno…

Va peraltro segnalato che la ricaduta mediale di questa ricerca Swg-Cattolica è stata modestissima, fatta l’eccezione di un articolo sul quotidiano confindustriale “Il Sole 24 Ore”, testata che ha beneficiato di una anteprima in esclusiva (il 30 agosto, due giorni prima della presentazione a Venezia).

Infine, da segnalare che – come prevedevamo una settimana fa – si ha conferma che il Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano ha deciso di rimandare al “post-Venezia” la pubblicazione dei decreti a sua firma, con i quali provvederà alla nomina del nuovo Consiglio di Amministrazione del Centro Sperimentale di Cinematografia (Csc) e del massimo organo di consulenza del Ministero, ovvero il Consiglio Superiore del Cinema e dell’Audiovisivo (Csca).

Rispetto al primo, il sempre ben informato Dagospia ha prospettato la possibile nomina di Sergio Castellitto a Presidente, ma il Ministro, interpellato dall’Adnkronos, ha sostenuto mercoledì della scorsa settimana: “ora godiamoci la Mostra di Venezia, poi si vedrà”. Né conferma, né smentita, insomma. Nel caso in cui l’indiscrezione venisse confermata nei prossimi giorni, l’attore e regista pluripremiato succederebbe a Marta Donzelli, che ha lasciato la presidenza il 4 agosto scorso, in seguito al varo del decreto legge in cui si disponeva una modificazione della “governance” e quindi il rinnovo dei vertici del Csc entro 30 giorni; sulla scia del decreto, si erano dimesse anche le consigliere di amministrazione Cristiana Capotondi e Guendalina Ponti (si rimanda al nostro intervento “Un super-polo per la formazione cine-audiovisiva al Centro Sperimentale di Cinematografia?” su “Key4biz” del 4 agosto 2023)… Ha scritto Ulisse Spinnato Vega su “Lettera43” venerdì scorso 1° settembre, di Castellitto (in un articolo intitolato “L’Opa della destra sulla cultura: la mostra del cinema di Venezia e non solo”): “personaggio tanto celebre quanto camaleontico, ma comunque non inviso a Sangiuliano anche perché lontano dai circoli e dalle conventicole del cosiddetto pensiero di sinistra.

Chi redige queste noterelle prevede che il prossimo Presidente del Csc sarà invece il maestro Pupi Avati, che pure è, dal dicembre 2022, consigliere per la cultura del Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Antonio Tajani. Si segnala che in un’intervista a “La Repubblica” di venerdì scorso 1° settembre, così Avati risponde alla domanda giustappunto sul futuro del Centro Sperimentale di Cinematografia: “non mi scandalizza il cambio dei vertici del Csc. Tuttavia sto lavorando, senza nessun mandato, affinché il Centro torni ad essere il cuore del cinema europeo. Voglio vedere delle persone con dei curricula da paura. E la calma piatta che c’è adesso non va bene”. Poche parole, a buon intenditor…

L’eletta schiera dei novelli consiglieri del Csc e del Csca potrebbe consentire di comprendere se esiste realmente un “new deal” della politica culturale del Governo…

Clicca qui per il rapporto della ricerca “Gli italiani e il cinema. Indagine 2023”, curata da Swg e Università Cattolica di Milano su incarico del Ministero della Cultura – Direzione Generale Cinema (Dgca Mic) e Audiovisivo, presentata il 1° settembre 2023, in occasione della 80ª edizione della Mostra del Cinema di Venezia.

Clicca qui per le slides di sintesi “Gli italiani e il cinema. Indagine 2023”, curata da Swg e Università Cattolica di Milano su incarico del Ministero della Cultura – Direzione Generale Cinema e Audiovisivo (Dgca Mic), presentata il 1° settembre 2023, in occasione della 80ª edizione della Mostra del Cinema di Venezia.

[ Nota: questo articolo è stato redatto senza avvalersi di strumenti di “intelligenza artificiale. ]

(*) Angelo Zaccone Teodosi è Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) e curatore della rubrica IsICult “ilprincipenudo” per “Key4biz”.