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Perché l’intelligenza artificiale non è intelligente

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Se dopo tanti annunci sulle strade ancora non si vedono, se non prototipi, le automobili a guida autonoma la “colpa” è dell’intelligenza artificiale (IA), in particolare dell’incapacità dei suoi algoritmi, che si basano su calcoli statistici, di gestire l’enorme mole di variabili e incognite che si presentano sulle strade. Un esempio concreto dal quale emergono i limiti dell’IA, che secondo autorevoli ricercatori ancora non può essere definita “intelligenza” perché la tecnologia oggi è in grado di risolvere problemi per i quali è programmata, ma non è versatile e intuitiva come gli umani. Sarebbe meglio chiamarla “adattiva” e “auto-ottimizzante”, sostiene il filosofo e informatico Judea Pearl, vincitore del premio Turing nel 2011 per avere rivoluzionato l’approccio probabilistico all’intelligenza artificiale.

Pearl: “I Big Data non soluzione a tutti i problemi”

“Viviamo in un’era”, spiega Pearl, “nella quale i Big Data si pensa siano la soluzione a tutti i problemi. L’IA, oggi, è solo in grado, con molta ma molta più efficienza dell’uomo, di rilevare strutture significative all’interno di basi di dati anche molto ampie. Il fatto che vinca a scacchi, che sappia progettare farmaci a livello molecolare, o guidare auto o fingere di essere un servizio clienti umano, dimostra solo che la gamma di domini dove questa capacità di uso superficiale dei dati si può applicare in modi adattativi, è più ampia di quanto inizialmente si pensava”.

“Il giorno in cui, continua Pearl, “l’IA saprà approssimarsi all’intelligenza umana è vicino, ma le sue capacità vanno giudicate su tre livelli di abilità cognitivi: vedere (associazione), fare (intervento) e immaginare (controfattuali). L’IA oggi lavora solo al livello più basso, cioè vedere”.

Pearl: “Se algoritmi di IA non colgono differenza tra causa ed effetto non si avvicineranno mai all’intelligenza umana”

Infine Pearl sostiene che fino a quando gli algoritmi e le macchine da loro controllati non potranno ragionare su causa ed effetto, o almeno concettualizzare la differenza, la loro utilità e versatilità non si avvicineranno mai a quella umana.

Sostiene quindi il vincitore del premio Turing nel 2011 “che sarà impossibile avere un dialogo significativo con i robot fino a quando non saranno in grado di simulare l’intuizione umana, il che richiede la capacità di comprendere causa ed effetto insieme ad azioni e risultati alternativi che potrebbe aver preso”.

Dunque fino a quando gli algoritmi di IA non imparano a generalizzare e ad astrarre la conoscenza, proprio come facciamo noi umani possiamo stare tranquilli e non preoccuparci di robot superintelligenti che si ribellano agli esseri umani, scrive sulla Stampa Andrea Daniele Signorelli.

In che modo l’IA potrà diventare veramente intelligente?

Siamo di fronte inverno dell’intelligenza artificiale?

Se ai limiti sopra descritti aggiungiamo di trovarci di fronte a “inverno dell’intelligenza artificiale” forse a molti sta crollando un mito. Eppure, il rischio che l’intelligenza artificiale sia giunta, già, alla sua massima espressione è reale. Già nel 2016 il filosofo della Tecnologia Luciano Floridi ha detto: “Solo perché qualcosa cresce esponenzialmente per un certo lasso di tempo, non significa che continuerà a farlo per sempre”.

“La vera IA non è logicamente impossibile, ma è assolutamente non plausibile”, spiega Floridi, “perché non abbiamo idea di come potremmo iniziare a progettarla, anche perché abbiamo ben poca comprensione di come funzionano il nostro cervello e la nostra intelligenza”. E sul fallimento, al momento, dell’IA Floridi cita l’esempio di Microsoft quando nel 2016 ha creato su Twitter l’account automatico “Tay” – un profilo basato sull’intelligenza artificiale. L’azienda ha dovuto rimuoverlo solo 16 ore dopo, perché dal dover diventare sempre più intelligente mentre interagiva con gli umani, è finito per diventare un fan di Hitler, negando l’Olocausto e promuovendo anche il sesso incestuoso.

Come rendere l’IA utile per gli umani e l’ambiente

Infine il filosofo della Tecnologia Luciano Floridi indica 5 must per rendere l’IA intelligente e utile davvero agli umani e al pianeta

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