Conflitti

IA e robot armati, come combatteremo le prossime guerre?

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Le abbiamo viste all’opera un Afghanistan, Iraq, Yemen e Ucraina, sono le armi automatizzate e con IA integrata, su cui investono sempre di più USA, Cina, Regno Unito, Israele, Russia e India. Come limitare il loro impiego e il loro potere distruttivo nei conflitti di oggi e soprattutto domani?

Arrivano armi automatizzate e robot da guerra, magari anche con IA integrata, ma quanto sono affidabili?

L’introduzione di sistemi di armamenti automatizzati, di robot da combattimento o da supporto alle truppe, nonché l’impiego di soluzioni di intelligenza artificiale (IA) integrata nei dispositivi militari, sta avvenendo ormai da tempo all’interno degli eserciti di quasi tutto il mondo.

Cosa questo significhi è difficile dirlo ora, ma qualche semplice domanda ce la possiamo porre anche subito: l’IA integrata in armi da difesa automatizzate e in robot da combattimento (e magari un giorno armati) a che serve esattamente? A proteggere la vita dei civili o più in generale a ridurre il numero di esseri umani uccisi in un conflitto? O a rendere le armi più precise, potenti e distruttive?

Come spiegato in un articolo pubblicato su channelnewsasia.com, le tecnologie applicate agli armamenti militari, come IA, automazione, robotica, software e internet delle cose, 5G compreso, troveranno certamente sempre più spazio nelle strategie di Governi e corpi di Stato maggiore.

Secondo la definizione del Dipartimento della Difesa del Governo degli Stati Uniti, per arma automatizzata si intende: “un sistema d’arma che, una volta attivato, può selezionare e ingaggiare bersagli senza ulteriore intervento da parte di un operatore umano”.

L’Iron Dome israeliano è uno dei numerosi sistemi di difesa oggi operativi che possono ingaggiare bersagli minacciosi senza la supervisione umana.

Un mercato mondiale che cresce

Basta dare un’occhiata al mercato mondiale delle armi automatizzate, stimato raggiungere i 30 miliardi di dollari di valore entro il 2030, dagli squadroni di droni armati ai carri armati, dai missili ai proiettili di calibro più piccolo, fino alla robotica da campo.

Cina, Germania, India, Israele, Repubblica di Corea, Russia e Regno Unito stanno lavorando a sistemi completamente automatizzati da impiegare in guerra, mentre sempre Regno Unito, Israele, Corea del Sud e Stati Uniti hanno già implementato sistemi robotici con vari livelli di automazione e capacità distruttiva.

In crescita anche gli investimenti nell’IA militare, che potrebbero superare gli 11,6 miliardi di dollari entro il 2025.

Preoccupazioni e paure, come limitare gli effetti peggiori dell’IA militare

Si tratta di dati che non fanno altro che confermare le paure e i timori di gran parte della popolazione mondiale. La società civile non guarda ovviamente di buon occhio qualsiasi tecnologia che possa potenziare le armi da combattimento. Per il semplice motivo che non faranno altro che diventare più potenti e distruttive in questo modo.

Le preoccupazioni sono più che ragionevoli, perché IA e automazione garantiranno agli eserciti maggiori capacità di sorveglianza e controllo, di raggiungimento del target e di capacità distruttiva. Gli stessi progetti per i famigerati robot armati o robot killer da usare in combattimento non migliorano lo scenario globale attuale e soprattutto futuro.

Molte di queste armi potenziate sono già in uso nella guerra in Ucraina e nel conflitto nello Yemen, senza ricordare la Siria e quanto sperimentato in Iraq e Afghanistan.

A questo punto, il quesito più insistente che dovremmo porci è il seguente: come possiamo oggi intervenire per depotenziare gli armamenti a disposizione degli eserciti potenziati con IA e sistemi di automazione avanzati? In che modo possiamo obbligare politici, sviluppatori di software, data scientist, ingegneri e altre figure chiave a rispettare determinati limiti e ad applicare parametri etici più chiari, rigorosi e vincolanti? Il peggio si può sempre evitare, se davvero lo si vuole.