VITICOLTURA REGIONALE

I vini toscani stringono alleanza

a cura di Fiorina Capozzi |

I vini toscani si mettono insieme per contare di più in Italia e all’estero. Sedici consorzi di tutela hanno deciso di confluire sotto un unico cappello: l’Associazione vini toscani Dop e Igp, che rappresenta vini conosciuti come Chianti, Brunello e Nobile, ma anche etichette meno note come il  Valdarno di Sopra e Orcia. L’operazione è finalizzata a fare rete nei programmi di promozione che consentano di aumentare le vendite, accedere a nuovi mercati esteri, potenziare il marketing e la promozione sfruttando anche i contributi pubblici.

Di sicuro il superconsorzio farà quindi in futuro sentire la sua voce contando su ben 5mila aziende pari al 70% dell’intera produzione agricola toscana per un fatturato complessivo da 1,2 miliardi di cui oltrre il 70% destinato ai mercati esteri. Non è escluso pero’ che, a stretto giro, la famiglia dell’Associazione vini toscani Dop e Igp possa crescere ulteriormente annettendo vini finora rimasti fuori del consorzio e  arrivando a coprire quasi integralmente la produzione toscana. ‘La nascita dell’associazione apre grandi prospettive per il mondo del vino toscano’, ha sottolineato Giovanni Busi, presidente del consorzio del Chianti, il più importante della Toscana  con 100 milioni di bottiglie prodotte l’anno. ‘Il nuovo consorzio è la dimostrazione che anche in Toscana è possibile fare squadra’, ha aggiunto Fabrizio Bindocci (nella foto), presidente del Brunello di Montalcino e primo presidente di Avito.

Ed in effetti fare rete è un tema forte soprattutto in un momento in cui la competizione sui mercati internazionali è sempre più aggressiva e sono necessari investimenti corposi in promozione. In Francia, ad esempio, da tempo i produttori fanno rete sfruttando le grandi denominazioni con il Bordeaux e beneficiando dei ritorni di promozione fatti anche con il supporto delle istituzioni. L’auspicio è dunque che la Toscana possa porsi come un esempio da seguire in un Paese dove la frammentarietà delle produzioni e la varietà delle denominazioni non favorisce le economie di scala nel marketing e nella promozione.