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I tassi della Fed rallentano l’economia cinese, Denuclearizzazione della Corea del Nord, Brexit

Cina, segnali di rallentamento dall’economia in concomitanza con l’aumento dei tassi della Fed

14 giu 11:05 – (Agenzia Nova) – La Banca centrale cinese si e’ astenuta dall’aumentare immediatamente il costo del credito, in risposta all’aumento dei tassi di riferimento da parte della Federal Reserve statunitense (Fed). L’attendismo della Banca centrale, sottolinea “Bloomberg”, coincide con la pubblicazione dei dati macroeconomici relativi al mese di maggio, che evidenziano segnali di rallentamento della locomotiva cinese. La produzione industriale cinese e’ cresciuta il mese scorso del 6,8 per cento, due decimi di punto in meno rispetto al dato di aprile e alle proiezioni formulate dagli economisti consultati da “Bloomberg”. Le vendite al dettaglio sono aumentate dell’8,5 per cento su base annua, contro una previsione del 9,6 per cento. Gli investimenti in capitale fisso sono cresciuti del 6,1 per cento su base annua nei primi cinque mesi dell’anno, contro il 7 per cento pronosticato dagli economisti: si tratta del dato piu’ deludente registrato in Cina dal 1999. Per quanto riguarda la disoccupazione urbana, infine, i dati ufficiali segnalano un calo di un decimo di punto, dal 4,9 al 4,8 per cento. La brusca decelerazione della concessione del credito e il rischio di un aumento delle tensioni commerciali con gli Stati Uniti contribuiscono a rannuvolare le prospettive per le aziende cinesi. La banca popolare cinese potrebbe ancora seguire la Fed nell’aumento dei tassi di riferimento, ma la sua esitazione e’ stata interpretata dagli economisti come un segnale di preoccupazione per l’economia, specie nel contesto di irrigidimento regolatorio contro i rischi sistemici connessi all’eccessiva concessione del credito.

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Medio Oriente, Kushner e Greenblatt in visita nella regione la prossima settimana per “Piano di pace del secolo”

14 giu 11:05 – (Agenzia Nova) – Il consigliere speciale del presidente statunitense Donald Trump, Jared Kushner, e l’inviato per il Medio Oriente di Washington, Jason Greenblatt, si recheranno la prossima settimana nella regione per discutere del piano di pace per superare il conflitto israelo-palestinese. Lo riferisce oggi il quotidiano israeliano “Jerusalem Post”. Kushner e Greenblatt si recheranno in Arabia Saudita, Egitto ed Israele e cercheranno di capire quando potrebbe essere il momento migliore per diffonde i dettagli del piano di pace del secolo per il Medio Oriente, piu’ volte annunciato da Trump. Secondo le indiscrezioni, il piano sarebbe quasi completamente ultimato, ma l’interruzione dei contatti con la leadership palestinese dopo il riconoscimento di Gerusalemme come capitale di Israele ha ostacolato l’agenda dei due inviati. Kushner e Greenblatt “discuteranno della situazione a Gaza e dei prossimi passi per gli sforzi di pace, oltre che alle proposte fatte dagli attori regionali in merito ad alcuni dubbi sollevati dal team della Casa bianca”, ha dichiarato il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale. La visita nella regione potrebbe includere altri paesi oltre ad Arabia Saudita, Egitto ed Israele. Al momento non e’ in agenda un incontro con rappresentanti dell’Autorita’ nazionale palestinese.

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Usa, segretario Pompeo: “significativo disarmo” della Corea del Nord entro il mandato del presidente Trump

14 giu 11:05 – (Agenzia Nova) – Gli Stati Uniti sperano di conseguire la denuclearizzazione pressoche’ completa della Corea del Nord entro la fine del primo mandato presidenziale di Donald Trump, nel gennaio 2021. Lo ha dichiarato ieri il segretario di Stato Usa, Mike Pompeo. Il segretario ha tenuto una breve conferenza stampa a Seul, dove stamattina ha incontrato gli omologhi di Corea del Sud e Giappone. Alla domanda in merito alle tempistiche della “denuclearizzazione completa” del Nord, oggetto del summit Usa-Corea del Nord tenutosi a Singapore martedi’, Pompeo ha dichiarato che Washington “spera di poter conseguire” gran parte del disarmo nordcoreano entro i prossimi due anni e mezzo. Pompeo ha dichiarato che la dichiarazione congiunta firmata martedi’ dal presidente Usa, Donald Trump, e dal leader nordcoreano Kim Jong-un, non riflette la totalita’ degli accordi tra i due leader.

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Spagna, ministro Esteri Borrel: recuperare la “cattiva immagine” creata dall’indipendentismo

14 giu 11:05 – (Agenzia Nova) – Il nuovo ministro degli Esteri spagnolo, Josep Borrel, ha dichiarato che sara’ necessario vagliare e studiare tutte le attivita’ di diverse entita’ catalane, come per esempio di Diplocat, il servizio di politica estera promosso dall’ex dirigente Carles Puigdemont, chiuse in seguito all’applicazione dell’articolo 155 della Costituzione. Ne parla il quotidiano spagnolo “El Pais” che aggiunge come la prima preoccupazione di Borrel al momento sia quella di invertire “il danno causato all’immagine della Spagna” dal conflitto indipendentista catalano a livello internazionale e porre fine alla descrizione della Spagna come nazione non democratica. Borrel inizia oggi il suo primo viaggio ufficiale negli Stati Uniti, dove incontrera’ il presidente Donald Trump in occasione di un incontro alla Casa Bianca previsto per 19 giugno. “La mia preoccupazione e’ quella di costruire un resoconto della Spagna democratica e costituzionale di fronte al resto del mondo”, ha sottolineato Josep Borrell nel suo primo incontro con la stampa nazionale. Il ministro ha anche affermato che sara’ importante stabilire i punti di partenza per un futuro processo di dialogo senza cessioni tra i due governi, in attesa dell’incontro tra il presidente spagnolo Pedro Sanchez e il catalano Quim Torra. “La Catalogna contribuisce alla Spagna proporzionalmente al suo PIL e riceve secondo la sua popolazione” ha ribadito Borrel.

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Brexit, anche il leader laborista Jeremy Corbyn travolto dalla rivolta dei suoi parlamentari

14 giu 11:05 – (Agenzia Nova) – La Brexit non si sta rivelando una via crucis solo per il Partito conservatore al governo: anche il leader del Partito laborista, Jeremy Corbyn, soffre la rivolta dei suoi stessi parlamentari che vogliono un piu’ stretto rapporto della Gran Bretagna dopo il divorzio dall’Unione Europea. Lo riferisce il quotidiano fiancheggiatore “The Guardian”, commentando lo straordinario strappo alla disciplina di partito avvenuto ieri mercoledi’ 13 giugno, quando oltre la meta’ dei rappresentanti laboristi alla Camera dei Lord hanno sfidato le indicazioni dei loro vertici di astenersi su un cruciale emendamento alla legge sulla Brexit: e cosi’ ben 75 lord laboristi hanno votato a favore della cosiddetta “opzione Norvegia”, che costringerebbe il governo a negoziare con l’Ue l’adesione della Gran Bretagna allo Spazio economico europeo (Eea, di cui fanno parte appunto oltre alla Norvegia anche l’Islanda ed il Liechstein; ndr); altri 15 lord laboristi hanno anch’essi contraddetto gli ordini di partito, votando contro l’emendamento. Come se non bastasse, ben sei membri del “governo ombra” laborista anno dato le dimissioni, prima di votare contro le indicazioni del partito. Insomma, riassume il “Guardian”, in una settimana in cui il Parlamento di Westminster e’ stato dominato dalla sensazione che il dibattito sulla Brexit e le future relazioni della Gran Bretagna con l’Ue stiano avvicinandosi ad un punto di crisi, molti esponenti laboristi sia alla Camera dei Lord che alla Camera dei Comuni stanno reagendo al tentativo dei vertici del partito di sopprimere le divergenze interne. Ai sentimenti dei ribelli ha dato voce l’ex ministro degli Esteri “ombra” Hilary Benn, che attualmente presiede la commissione Brexit alla Camera dei Comuni: “Arriva un momento”, ha detto, “in cui e’ necessario alzarsi in piedi e contarsi”. La Benn ha spiegato che per la Gran Bretagna entrare a far parte dell’Eea non e’ la soluzione ideale, ma e’ meglio di tutte le altre proposte in questi mesi: a suo parere le idee per i futuri rapporti Gb-Ue presentate dal governo conservatore e dai vertici del Partito laborista sono incerte, mentre l’adesione alla Eea e’ una solida alternativa alla partecipazione all’Unione Europea che il paese ha bocciato con il referendum del giugno 2016; “Ha un grande vantaggio”, ha affermato, per la Gran Bretagna “e’ come una scialuppa di salvataggio”. I vertici del partito Laborista pero’ appaiono sollevati dal fatto che la ribellione non sia stata piu’ ampia di quanto essi temessero e ieri sera l’ufficio del leader Jeremy Colbyn ha diffuso un comunicato ufficiale in cui si ribadisce che “il Partito laborista rispetta il risultato del referendum sulla Brexit e non appoggia la soluzione Eea o il ‘modello Norvegia’ perche’ non sono la giusta opzione per la Gran Bretagna”. Questo animato dibattito interno, commenta il “Guardian”, dimostra come due anni dopo il referendum del 2016 il Labor sia ancora profondamente diviso su come rispondere alle preoccupazioni espresse in quel voto dall’elettorato: il partito e’ ancora spaccato come 40 anni fa quando si discuteva se aderire oppure no alla Comunita’ economica Europea (Cee).

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Francia, il governo annuncia il piano di privatizzazione per alcune aziende strategiche

14 giu 11:05 – (Agenzia Nova) – Per alimentare i fondi destinati all’innovazione e per abbassare il debito, lo Stato francese cedera’ le sue partecipazioni in Engie (24,1 per cento del capitale), Aeroporti di Parigi (Adp) (50,6 per cento) e la Française de jeux (72 per cento). “Libe’ration” scrive che ci sono voluti cinque mesi per “convertire in progetti di legge” l’annuncio del ministro dell’Economia francese, Bruno Le Maire. Lo Stato con questa operazione potra’ finanziare un fondo per l’innovazione da 10 miliardi di euro. Questa cifra, pero’, andra’ a beneficio solamente delle aziende che ogni anno fatturano tra i 200 e i 300 milioni di euro. Il quotidiano solleva dei dubbi sulla scelta di perdere il controllo di imprese strategiche per realizzare questo progetto. La française de jeux e’ un monopolio di Stato che gestisce la quarta lotteria mondiale e la seconda europea. In questi ultimi anni la sua attivita’ ha avuto una crescita esponenziale, con un aumento del 38 per cento dal 2015, arrivando fino a 181 milioni di euro. Engie, nata dalla fusione tra Gdf e Suez, presenta una cifra d’affari da 65 miliardi di euro. Cedendo le sue partecipazioni, lo Stato si priva di importanti entrate. Solamente nel 2017, il gruppo ha versato nelle casse dello Stato 550 milioni di euro. La partecipazione di Parigi in Adp e’ valutata a 9,5 miliardi di euro. Attualmente e’ la nona piattaforma al mondo, cederla significherebbe correre il rischio di vedere la sua posizione scendere e, di conseguenza, perdere la qualita’ di un servizio che rappresenta un elemento dell’attrattivita’ del paese.

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Francia, il presidente Macron svela il suo programma sulla previdenza sociale

14 giu 11:05 – (Agenzia Nova) – Ieri il presidente francese, Emmanuel Macron, ha tenuto un atteso discorso a Montpellier, durante il quale ha svelato le linee guida del suo progetto di protezione sociale. Ne parla la stampa transalpina. Secondo “Libe’ration”, il capo dello Stato francese ha inviato “segnali contraddittori, mentre “Le Figaro” parla di un “big bang sociale”. “Les Echos, invece sottolinea la “fede sociale” mostrata dal presidente. “Abbiamo creato un sistema che, per quello che riguarda lo Stato, si e’ progressivamente disumanizzato” ha detto Macron. “Si e’ pensato che la risposta all’esclusione e alla poverta’ era il denaro” ha poi aggiunto, spiegando di voler cercare altrove le soluzioni. Il capo dello Stato francese ha detto di voler “reinventare” un sistema previdenziale diventato inefficace. In questo quadro, Macron ha evocato le tre sfide principali: la salute, l’eta’ e l’esclusione. Tra le prime misure ci sono quelle riguardanti la fornitura di protesi dentarie, apparecchi acustici e gli occhiali. Il governo poi presentera’ una riforma delle pensioni che dovra’ essere votata entro la fine del 2019. Infine, sono previste alcune misure per il sistema scolastico.

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Germania-Austria: Seehofer e Kurz, un “asse dei volenterosi” contro la Merkel

14 giu 11:05 – (Agenzia Nova) – Il divario d’opinione in materia di politiche d’asilo tra il cancelliere tedesco Angela Merkel e il suo ministro dell’Interno, il cristiano sociale Horst Seehofer, e’ enorme. Altrettanto non si puo’ dire del rapporto tra quest’ultimo e il cancelliere austriaco Sebastian Kurz, incontrato nel pomeriggio di mercoledi’ a Berlino. Seehofer ha ringraziato Kurz per la sua visita e ha lodato la “continuazione di una partnership personale”, che si estende da molti anni. Lo stesso ha detto il cancelliere austriaco dello “stimato ministro dell’Interno”, per i suoi “molti anni di buona cooperazione e sostegno”. Il messaggio a Merkel e’ chiaro. Il ministro dell’Interno ha accettato anche la richiesta di collaborazione con il collega italiano Matteo Salvini. I tre intendono collaborare in materia di sicurezza, terrorismo e immigrazione. Seehofer auspica la tutela delle frontiere europee su un “asse del volere”, per contrastare Angela Merkel. “Sono felice per la buona cooperazione tra Roma, Vienna e Berlino, che vogliamo costruire e che dara’ un buon contributo alla migliore gestione della migrazione”, ha affermato Kurz. Il cancelliere austriaco spera che la presidenza della Ue assunta dal suo paese, a partire dal 1° luglio, rafforzi l’Agenzia europea di protezione delle frontiere Frontex, “in termini di personale, finanze e mandato”. Sebbene la rotta per i rifugiati dei Balcani occidentali sia stata “chiusa con successo”, nel 2016 si e’ assistito a una riapertura della rotta albanese. “E’ importante non aspettare che si verifichi il disastro, ma contrastarlo in tempo”, ha dichiarato Kurz. Il cancelliere austriaco non ha tuttavia detto nulla sui piani dell’Austria per creare campi profughi fuori dall’Europa insieme a un piccolo gruppo di paesi dell’Unione europea. E nulla fa ipotizzare che tali centri di accoglienza potrebbero essere istituiti in Albania. I piani sono ancora “molto riservati”, ha detto Kurz martedi’ sera alla stazione austriaca “Orf”.

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“Der Spiegel”, l’ascesa dei “Trumpini” in Europa

14 giu 11:05 – (Agenzia Nova) – L’Italia, scrive il settimanale tedesco “Der Spiegel”, e’ un paese cattolico e il ministro degli Interni Matteo Salvini ha “sempre un rosario in tasca”. Ma e’ stato criticato per la mancata accoglienza di oltre 600 migranti dal cardinale Gianfranco Ravasi, che ha citato il vangelo di Matteo: “Ero forestiero e non mi avete accolto”. I sostenitori del ministro italiano sui social network hanno replicato al prelato invitando il Vaticano a farsi carico dell’accoglienza. Non e’ piu’ il momento della misericordia, della fratellanza e dell’umanita’, scrive il settimanale. La sinistra europea “non lo ha capito” e in diversi paesi “la destra o l’estrema destra, come in Ungheria o in Polonia in precedenza, e in Italia ora, stanno prendendo il sopravvento”. Il settimanale si scaglia contro il quotidiano italiano “il Giornale”, che accusa di demagogia sul tema dell’immigrazione, e contro le accuse a George Soros e alal sua Open Society Foundation, che sostiene anche economicamente i flussi migratori verso l’Europa. Gli slogan del populismo europeo, scrive “Der Spiegel”, ricordano il vocabolario del presidente Usa Donald Trump. Uno dei “Trumpini” europei, scrive il settimanale, e’ il leader della Lega e ministro dell’Interno italiano Matteo Salvini, che “conta 2,6 milioni di follower su Facebook, ed e’ molto popolare su Instagram e Twitter”; ogni critica da Parigi, Berlino o Bruxelles “lo rende ancora piu’ popolare”. “L’Europa parli ora o taccia per sempre”, ha dichiarato in merito alla crisi migratoria. Il ministro ha bloccato la nave Aquarius con piu’ di 600 migranti a bordo, ma ha fatto attraccare una nave della Guardia costiera italiana con a bordo 932 migranti. “L’uomo forte di Roma”, scrive lo “Spiegel”, sostiene che i migranti economici africani dovrebbero essere aiutati a casa loro, “cosa che vorrebbero tutti. Ma ci vuole molto tempo per raggiungere questo obiettivo. Cosa succedera’ alle persone fino ad allora?”, scrive il settimanale, che accusa anche il governo italiano di non aver riservato fondi aggiuntivi al sostegno dell’Africa: “non l’Italia, ma l’Europa dovrebbe finanziare i nobili piani di Salvini”. Se a dirlo fosse l’ungherese Viktor Orban, o altri populisti di destra europei li si potrebbe anche ignorare”, concludei l settimanale. Ma a farlo e’ l’Italia, “la terza piu’ grande economia d’Europa, che e’ sempre stato un sostegno per il progetto comune europeo”.

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La Brexit non proteggera’ la Gran Bretagna dall’instabilita’ dell’Italia

14 giu 11:05 – (Agenzia Nova) – L’Italia continua a costituire un serio rischio per la stabilita’ dell’Europa nonostante la recente tregua tra il suo nuovo governo e i mercati finanziari, e la Brexit non proteggera’ la Gran Bretagna dalle conseguenze: lo sostiene il quotidiano economico britannico “The Financial Times”, citando le opinioni di alcuni tra i piu’ importanti operatori finanziari della City di Londra raccolte all’ultimo forum mensile FT City Network a cui hanno partecipato una cinquantina di prominenti finanzieri. Le preoccupazioni sul debito dell’Italia sono state confermate ieri, mercoledi’ 13 giugno, quando il Tesoro ha dovuto significativamente aumentare il tasso di remunerazione nell’asta con cui ha piazzato titoli a 3 anni per un ammontare di 2 miliardi di euro: l’interesse lordo aggiudicato e’ stato dell’1,16 per cento, ben 1,09 punti percentuali al di sopra dell’ultima volta che l’Italia aveva venduto titoli di questa durata, la piu’ alta remunerazione pagata dal 2014. Nell’asta di ieri sono stai piazzati anche titoli a 20 e 30 anni, per un totale di 5,6 miliardi di euro; in ogni caso tuttavia, nota il “Financial Times”, l’asta ha avuto grande successo e la domanda e’ stata ampliamente superiore all’offerta: gli investitori, nota il giornale della City di Londra, continua a essere affamati di obbligazioni di Stato che garantiscano alti rendimenti. Secondo in particolare Norman Blackwell, il lord presidente dei Lloyds citato dal “Financial Times” come uno dei pochi super-manager della City schierati a favore della Brexit, c’e’ il forte rischio che l’Italia ripiombi nell’instabilita’ politica a causa della sfida rappresentata dalla necessita’ di mantenere la disciplina finanziaria imposta dalle regole dell’Eurozona: “Data la debolezza strutturale delle istituzioni finanziarie dell’Italia”, ha detto Lord Blackwell, “puo’ facilmente arrivare il momento in cui i problemi fondamentali del paese e gli obblighi di pareggiare i conti pubblici diventino impossibili da risolvere”, e la situazione arrivi a un punto di rottura. In tal caso, secondo Lord Blackwell, “scoppierebbe una crisi finanziaria che investirebbe non soltanto l’Unione europea ma anche tutte le altre economie sviluppate, e pure la Gran Bretagna nonostante la Brexit”. Secondo l’opinione espressa da Paul Drechsler, presidente della Confindustria britannica (CBI), l’Italia e’ “troppo grande per fallire, ma anche troppo grande per essere salvata: una crisi finanziarie nell’Ue sarebbe un serio rischio per l’economia globale e la Gran Bretagna non ne sarebbe immune indipendentemente dalla Brexit. I legami commerciali britannici con l’Europa”, ha spiegato Drechsler, “continueranno a essere molto importanti dato che l’Unione europea continuera’ a essere il principale mercato di esportazione di beni e servizi britannici”. Secondo David Morgan, presidente del gruppo di investimento JC Flowers basato alla City di Londra, il nuovo governo italiano restera’ ostile all’idea di applicare quelle riforme strutturali necessarie a stabilizzare la posizione dell’Italia nell’Eurozona e l’uscita dall’euro potrebbe essere un’alternativa plausibile: “La moneta unica europea nella sua attuale configurazione e’ insostenibile sul lungo periodo”, ha detto Morgan, aggiungendo tuttavia che “l’eventuale uscita di un paese che per importanza e’ il terzo dell’Eurozona sarebbe un salto nel buio di proporzioni prodigiose, che comporterebbe un’enorme disordine economico globale: Brexit o non Brexit”, ha concluso il presidente di JC Flowers, “anche l’economia della Gran Bretagna ne subirebbe gli effetti negativi”.

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