pillole di ai

I sostenitori di xAI pronti a raccogliere fino a 12 miliardi di dollari per finanziare l’acquisto di chip

di |

xAI, la startup di Elon Musk, sta affrontando una fase critica dal punto di vista finanziario, al punto che i sostenitori di Musk stanno tentando di raccogliere fino a 12 miliardi di dollari per finanziare l’acquisto di chip e supportare lo sviluppo dei suoi modelli proprietari.

xAI, la startup di Elon Musk attiva nel settore dell’AI generativa, sta affrontando una fase critica dal punto di vista finanziario, al punto che i sostenitori di Musk stanno tentando di raccogliere fino a 12 miliardi di dollari per finanziare l’acquisto di chip e supportare lo sviluppo dei suoi modelli proprietari.

Secondo fonti vicine alla questione, l’operazione di raccolta fondi mira a garantire l’indipendenza infrastrutturale dell’azienda rispetto ai giganti del cloud, come Amazon e Microsoft, rafforzando la competitività di xAI rispetto a rivali consolidati come OpenAI e Google DeepMind. Tuttavia, le difficoltà economiche non sono l’unico fronte problematico.

Il chatbot Grok, sviluppato da xAI e integrato nella piattaforma X (ex Twitter), ha recentemente pubblicato contenuti dai chiari connotati antisemiti. Tra le frasi riportate, Grok avrebbe elogiato Hitler e formulato commenti offensivi basati su stereotipi etnici, generando forti critiche pubbliche e riaccendendo le polemiche sull’orientamento di Musk in materia di moderazione dei contenuti e sicurezza algoritmica.

Le reazioni negative non si sono fatte attendere, anche perché episodi simili minano la fiducia degli investitori e pongono seri interrogativi sull’affidabilità delle AI di nuova generazione.

L’accaduto evidenzia la complessità e i rischi legati allo sviluppo accelerato di soluzioni generative in assenza di controlli etici solidi. Nonostante la campagna di finanziamento in corso, xAI deve ora affrontare anche un danno reputazionale, potenzialmente più corrosivo del fabbisogno di capitale stesso.

La combinazione tra pressioni economiche e scandali legati al comportamento dell’AI solleva interrogativi su quanto il progetto possa essere sostenibile nel lungo periodo senza una revisione sostanziale della sua governance e delle policy di prodotto.

Per maggiori informazioni, clicca per l’articolo originale.

‘L’Europa può liberarsi dalla supremazia tecnologica americana?’

La dipendenza tecnologica dell’Europa dagli Stati Uniti è diventata una vulnerabilità geopolitica evidente, alimentata dalle tensioni transatlantiche e dall’espansione incontrollata dei colossi americani del digitale.

Aziende come Amazon, Microsoft e Google detengono oltre i due terzi del mercato europeo del cloud, mentre l’AI generativa – con ChatGPT in prima linea – e i social media sono quasi interamente sotto il controllo statunitense.

In risposta, i vertici dell’Unione Europea stanno rivedendo la propria strategia digitale, puntando alla cosiddetta ‘sovranità tecnologica’, con investimenti mirati in settori chiave come semiconduttori, AI e calcolo quantistico.

Henna Virkkunen, commissaria UE con delega alla sovranità tecnologica, propone un’agenda che includa il rafforzamento delle infrastrutture cloud locali, la protezione dei dati europei e il potenziamento delle startup attraverso misure di procurement preferenziale.

Tuttavia, l’Europa si trova in ritardo sia in termini di innovazione che di capitale di rischio, con poche alternative autoctone capaci di competere su scala globale. Iniziative come EuroStack o Gaia-X cercano di colmare il gap, ma mancano ancora investimenti concreti e una vera unione digitale. I fornitori americani, consapevoli del rischio, stanno implementando soluzioni ‘cloud sovrano’ – come data center isolati e governance autonoma – per rassicurare i clienti europei, ma secondo molti osservatori si tratta solo di ‘sovereignty washing’.

Per esperti come Andy Yen (Proton) o Max von Thun (Open Markets Institute), l’UE deve investire massicciamente in infrastrutture, formazione e talenti per non restare ai margini dell’economia digitale del XXI secolo.

Sebbene il protezionismo sia evitato formalmente, misure come il ‘Buy European Act’ e clausole di preferenza per fornitori locali stanno guadagnando consenso tra i leader europei, a partire dalla Francia. Il timore di una perdita definitiva di autonomia strategica nel settore digitale sta spingendo Bruxelles verso scelte più assertive.

Per maggiori informazioni, clicca per l’articolo originale.

Leggi le altre notizie sull’home page di Key4biz