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I piani dell’Iran sull’Italia e quella sicurezza a rischio

Che l’Italia abbia particolare rapporto con lo Stato Iraniano si sapeva da tempo, non solo per i rapporti storici tra i due paesi che risalgono ad epoca antichissima con quella che, prima della rivoluzione Islamica, era la Persia, ma nel corso dei secoli i rapporti tra i due Paesi pure in presenza delle profonde trasformazioni sono stati sempre improntati a rilevantissimi scambi economici pari 1.157 mln nel 2014 e € 1.210 mln nel 2015 in base ai dati forniti dall’ICE ossia dall’Istituto del Commercio Estero, diventando il terzo più grande partner commerciale dello stato Iraniano con uno scambio pari a quasi 7,5% di esportazioni che avvengono verso l’Iran.

Questa, quindi, fu una delle ragioni, o giustificazioni, o meglio la motivazione dell’eclatante gesto nel gennaio 2016  da parte del Governo Italiano che in vista degli incontri bilaterali tra Italia e Iran, fece coprire, nei Musei Capitolini, “in forma di rispetto alla cultura e alla sensibilità”  tutte le statue di nudi ivi situate, per non urtare i gusti del presidente Iraniano Hassan Rohani, scatenando poi nei giorni successivi un vero caso politico nazionale.

Sapendo che gli scambi commerciali da parte dell’Italia erano balzati a 6 miliardi di euro e sapendo anche che in Iran erano e sono fortissimi gli interessi delle nostre imprese sia pubbliche che private come Edison, la Fiat (con veicoli dual-use), la Maire Tecnimont e la Saipem. Il governo italiano sta anche fornendo tecnologia e sistemi di cyber sicurezza all’Iran, diventando questo ad essere tra i Paesi del Golfo l’unico ad avere una brigata per la cyberwarfare.

Per quello che si riesce a sapere dall’estero, il bilancio complessivo investito per le forze armate iraniane è di 12 miliardi di dollari, quasi il 3% del PIL, una cifra e una percentuale al di sotto del livello medio dei Paesi alleati e concorrenti dell’Iran nel Grande Medio Oriente.

Non solo missili e elicotteri nuovi, ma anche i primi droni da combattimento, e diversi sistemi di cyber security made in Italy.

Oltre alla Società Italiana Elicotteri a fare affari con la repubblica islamica  – ma non si sa se vero e se si in quale misura – anche le organizzazioni criminali che, secondo alcune informative della sicurezza, farebbero affari d’oro.

Solo pochi giorni fa l’arresto da parte della Guardia di Finanza di Venezia, su ordine della DDA di Napoli, di vari individui, arresti eseguiti nelle province di Roma, Napoli, Salerno e L’Aquila. Il  fermo di 4 persone indiziate di traffico internazionale di armi e di materiale “dual use”, di produzione straniera.

Si tratterebbe di tre italiani e un libico accusati di aver introdotto, tra il 2011 e il 2015, in paesi soggetti ad embargo, quali Iran e Libia, in mancanza delle necessarie autorizzazioni ministeriali, elicotteri, fucili di assalto e missili terra aria.

A Napoli è stata fermata una coppia di coniugi italiani di San Giorgio a Cremano, convertita all’islam ed è stato indagato un loro figlio e risulta coinvolto anche un parlamentare dell’opposizione che è membro della commissione di vigilanza sui servizi segreti la qualcosa induce alla necessità di una più ampia chiarezza e di mozioni parlamentari per avere ogni completa ed esauriente informativa.

Le armi erano, infatti,  destinate a gruppi dell’Isis attivi in Libia e Iran. Quindi armi non solo per attacchi reali sul “campo” ma  anche materiale per attacchi  informatici. L’Iran è una dei primi paesi ( dopo Corea del Nord e Cina) ad usare sofisticati sistemi e tecnologia che consentono di  realizzare cyber attacchi e tenere sotto controllo i cittadini. Il regime Iraniano, infatti, non fa mistero del controllo delle comunicazioni telematiche ed informatiche e del divieto se non dell’invasivo controllo di quasi tutti i social e della rete, con la conseguenza che viola sistematicamente la privacy di ogni Iraniano.

Le attuali  priorità del regime Iraniano si sostanziano sia nel  programma nucleare che nel controllo del digitali e per una politica di forza verso l’estero e di controllo  e censura capillare dei dissidenti e dell’opposizione ciò avviene principalmente attraverso l’Iranian Revolutionary Guard Corp (IRGC) e l’Iranian Cyber Army. Il vero motore del cambiamento della strategia iraniana di sviluppo digitale risale al caso Stuxnet del 2010. Attaccando le infrastrutture nucleari iraniane, Stuxnet minacciò gli interessi del Paese, scatenando un effetto domino che ha portato Teheran a considerare il rafforzamento delle proprie capacità cyber come priorità di sicurezza nazionale.

Nel 2012, la Guida Suprema Ayatollah Ali Khamenei ha annunciato pubblicamente la creazione di un Consiglio Supremo del Cyberspazio, responsabile del controllo delle difese dei network iraniani e dello sviluppo di nuove metodologie per attaccare e penetrare i network di quelli che lo Stato Iraniano considera nemici. Operazioni di censura governativa e campagne di sorveglianza di massa non hanno tuttavia cessato di essere promosse dal regime. Il pericolo reale che anche l’Italia pur essendo un partner commerciale possa essere soggetta a questi attacchi che ha contribuito a realizzare con il governo Iraniano.

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