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I nostri corpi sono pieni di microplastiche, quale effetto sui nostri organi?

di Elena Potitò |

Un nuovo studio svolto da un team dell’Arizona State University e presentato dall’American Chemical Society ha riportato un metodo volto a determinare l’accumulo delle micro e nano-plastiche negli organi e la loro individuazione.

Ultimamente, si sente sempre più spesso parlare di micro e nano-plastiche, frammenti di plastica talmente piccoli da insinuarsi ovunque: tra le onde degli oceani, nel cibo, nell’acqua, nei vestiti, nei prodotti per il corpo. Senza neanche accorgercene, ne siamo ormai circondati.

Ma facciamo un passo indietro, per saperne di più. Queste particelle vengono generate dal deterioramento di qualsiasi materiale plastico a causa di agenti esterni. Il tempo di degenerazione dipende ovviamente dall’esposizione e dall’ambiente ai quali il materiale è soggetto. L’esempio più noto è l’azione del mare che è in grado di demolire ogni tipo di sostanza.

Micro e nano plastiche, cosa cambia

La differenza tra micro e nano-plastiche è che le prime sono visibili ad occhio nudo, avendo un diametro fino a 5 millimetri, le seconde arrivano fino a 0.001 millimetri.

La loro presenza pervasiva ha costretto la comunità scientifica ad esaminare le conseguenze che esse possono avere sull’ambiente e sulla salute degli esseri viventi. Attualmente gli studi hanno permesso di individuare gli effetti dell’accumulo di plastica nel corpo degli animali, principalmente infertilità, cancro e infiammazioni.

Per quanto riguarda gli esseri umani fino a pochi giorni fa si era rilevata solo la presenza di materiali plastici all’interno del tratto gastrointestinale. Una ricerca precedente aveva già provato che ogni individuo ingerisce o respira circa 50.000 particelle ogni anno.

Il nuovo studio sulle microplastiche

Un nuovo studio svolto da un team dell’Arizona State University e presentato dall’American Chemical Society ha riportato un metodo volto a determinare l’accumulo delle micro e nano-plastiche negli organi e la loro individuazione.

Dopo aver esposto a questi frammenti tessuti ed organi umani propensi al filtraggio come fegato, polmoni, reni, tessuto adiposo e milza, sono stati analizzati 47 campioni attraverso la tecnica della spettrometria di massa. In tutti i casi esaminati sono state riscontrate particelle sotto forma di monomeri, i costituenti base delle plastiche. Oltre alla presenza di Pet, polietilene tereftalato, usato per la produzione di bottiglie e al polietilene, utilizzato per i sacchi di plastica, è stato rilevato in particolare il bisfenolo A, un composto nocivo che purtroppo è ancora contenuto in molti involucri per alimenti.

’Non vogliamo sembrare allarmisti, ma è preoccupante che questi materiali non biodegradabili che sono ormai onnipresenti, possano insinuarsi ed accumularsi nei tessuti umani, e non ne conosciamo le controindicazioni sulla salute’’ ha affermato Varun Kelkar, uno dei ricercatori coinvolti in questo studio. ‘’Solo una volta che scopriamo cosa si deposita nei tessuti potremo condurre studi epidemiologici per valutare gli effetti sulla salute umana. In questo modo, potremo iniziare a capire gli eventuali rischi sanitari.’’

Aspettando ulteriori risultati, i ricercatori condivideranno online il loro strumento sperimentale che mira a raccogliere i risultati di test simili portati avanti nel resto del mondo in maniera standardizzata. Si tratta di un programma, più nello specifico di una calcolatrice online, in grado di stabilire il volume e la massa delle particelle plastiche.

Rischio di Alzheimer?

I campioni utilizzati per la ricerca provenivano da una banca di tessuti istituita per studiare patologie neurodegenerative. Il ricercatore Rolf Halden ha sottolineato che le persone morte di Alzheimer avevano in media accumulato una massa maggiore di materiale plastico. Ancora non è stata approfondita un’eventuale associazione tra la malattia e la presenza di particelle, ma è uno dei tanti spunti nati da questo studio.

Lo scopo del team è di porre le basi per poter valutare la gravità degli effetti dell’accumulo dei frammenti negli organi. Come riporta il ricercatore Charles Rolsky: ‘’Abbiamo la prova che la plastica si è insinuata nei nostri corpi, ma in pochi hanno voluto approfondire la questione. A questo punto, dobbiamo scoprire se questo materiale costituisce solo un fastidio per il nostro corpo o un vero e proprio pericolo.’’

Purtroppo non è una novità che la quantità enorme di plastica che viene utilizzata e scartata ogni secondo avrebbe avuto conseguenze negative, sotto moltissimi aspetti. E’ interessante riportare il punto di vista di Halden, il quale ci ricorda che ‘’La plastica è ovunque, non pensate che voi e l’ambiente siete due cose separate. Come abbiamo imparato dal Covid-19, siamo soggetti ad uno scambio e ad un’esposizione continui con ciò che ci circonda. […] Vorrei che ognuno di voi si impegnasse per pretendere un nuovo tipo di materiale: più sicuro e meno rischioso per la salute così come per l’ambiente.’’