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I data center per l’AI: i piccoli reattori nucleari sono la risposta alla domanda energetica?

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L’aumento esponenziale del fabbisogno energetico derivante dall’espansione dei data center per l’AI sta spingendo aziende e governi a riconsiderare una fonte energetica finora marginalizzata: il nucleare.

L’aumento esponenziale del fabbisogno energetico derivante dall’espansione dei data center per l’AI sta spingendo aziende e governi a riconsiderare una fonte energetica finora marginalizzata: il nucleare.

L’articolo analizza il potenziale dei piccoli reattori modulari (SMR) come soluzione strategica per garantire una fornitura costante e pulita di energia, indispensabile per sostenere infrastrutture digitali che operano 24 ore su 24. Gli SMR, supportati da colossi come Bill Gates, Google e Oracle, promettono un’alternativa più economica, scalabile e sicura rispetto ai reattori convenzionali.

Con potenze inferiori ai 300 megawatt, possono essere costruiti in fabbrica e assemblati localmente, riducendo tempi e costi. Alcuni progetti mirano a installazioni vicine a miniere, acciaierie o impianti di desalinizzazione, laddove l’energia continua è cruciale.

Tuttavia, permangono sfide normative, costi elevati e incertezze sul ritorno economico: il progetto di NuScale è stato cancellato nel 2023 per mancanza di adesione da parte delle utility.

Nonostante ciò, l’interesse rimane elevato. Equinix e Kairos Power, supportate da OpenAI e altri attori, hanno siglato accordi per forniture da centinaia di megawatt entro il 2035.

Anche i governi stanno investendo: gli Stati Uniti e il Regno Unito hanno firmato un accordo per accelerare l’approvazione regolatoria e condividere le verifiche di sicurezza, con l’obiettivo di una nuova ‘età dell’oro’ nucleare.

Ma restano preoccupazioni per la gestione delle scorie radioattive e i potenziali rischi in caso di incidenti, soprattutto in prossimità dei centri abitati. La promessa degli SMR resta condizionata dalla loro effettiva capacità di diventare economicamente sostenibili e sicuri su vasta scala.

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Come i data center per l’AI stanno facendo impennare la tua bolletta elettrica

L’espansione vertiginosa dei data center alimentati da AI negli Stati Uniti sta provocando un incremento sostanziale dei costi dell’elettricità, con effetti tangibili anche su utenti lontani da queste infrastrutture.

Un’analisi condotta da Bloomberg News mostra che nelle aree vicine a questi centri, i prezzi all’ingrosso dell’energia sono cresciuti fino al 267% rispetto a cinque anni fa. Anche città distanti come Baltimora stanno subendo aumenti significativi, con bollette mensili cresciute fino all’80%. Questo fenomeno è attribuito all’elevato fabbisogno energetico dei data center, il cui sviluppo è accelerato dalla competizione globale per la supremazia nell’AI.

Le grandi aziende tecnologiche, tra cui Microsoft, Amazon, Google, Nvidia e OpenAI, stanno investendo centinaia di miliardi in nuove strutture che consumano energia quanto interi stati. Tali impianti, spesso dislocati in zone suburbane, richiedono aggiornamenti infrastrutturali che vengono in parte scaricati sulle bollette dei residenti.

In molti casi, utility e amministrazioni locali stanno cercando di imporre tariffe mirate per assicurarsi che i colossi tech contribuiscano equamente. Tuttavia, il peso economico grava ancora principalmente sui cittadini, accentuando le disuguaglianze sociali.

Il problema non è solo nazionale: anche paesi come il Giappone, la Malesia e il Regno Unito stanno registrando pressioni simili.

Negli Stati Uniti, il consumo elettrico dei data center potrebbe raggiungere il 9% del totale entro il 2035, generando quella che viene descritta come la più grande ondata di domanda energetica dai tempi dell’adozione diffusa dei condizionatori.

Di fronte a una rete elettrica già fragile e a infrastrutture obsolete, il rischio di blackout locali è concreto, alimentando proteste, misure legislative e nuovi sforzi di regolamentazione.

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