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Huawei-Google, chi continuerà a scegliere i device della società cinese con il nuovo OS? Cosa rischia Big G

Il sistema operativo di Huawei “sarà pronto al più presto in autunno o al massimo entro la prossima primavera”. Ieri vi abbiamo dato la notizia riportando l’annuncio di Yu Chengdong (Richard Yu), capo della divisione consumer dell’azienda cinese, che ha poi confermato l’obiettivo anche all’emittente Cnbc: “una scelta obbligata, non vorremmo, ma potremmo non avere alternative”, ha detto, riferendosi al ban dichiarato da Google sui nuovi dispositivi Huawei, non su quelli esistenti, che perderanno gli accessi alle prossime versioni di Android, al Play Store e Gmail, YouTube, Google Maps. Il problema principale è l’assenza del sistema operativo Android sui nuovi smartphone e in generale device Huawei: così la società di telecomunicazioni fondata da Ren Zhengfei ha già il piano B, un suo OS. Ma il problema non è realizzarlo, come ha sottolineato il suo fondatore: “non è difficile fare un nuovo sistema operativo, ma è difficile costruire un ecosistema. È una cosa grossa, va fatta un passo alla volta”. Infatti , un sistema operativo per avere successo ha bisogno di rodaggio e di tempo.

Per cui il bando di Google potrebbe davvero far decelerare la strepitosa vendita di smartphone Huawei, che solo nel primo trimestre 2019 ha venduto 59,1 milioni di cellulari, ovvero il 19% di quota di mercato, più di Apple, e seconda solo alla sudcoreana Samsung.

Ma anche Google rischia molto dal bando nei confronti della tlc cinese, perché, come ha fatto notare la stessa società “Huawei ha dato un sostanziale contributo alla crescita e alla diffusione di Android nel mondo”. Ora se dovesse scattare davvero il ban, Android non sarebbe più il sistema operativo più utilizzato al mondo sugli smartphone, seguito da OS di Apple. Il Global Times, il quotidiano cinese controllato dal quotidiano ufficiale del partito comunista, il People’s Daily, “tira l’acqua al suo mulino” e cita alcuni analisti cinesi che mettono in guardia Google dal rischio di perdere il 20% dei suoi telefoni Android.

Ma i milioni di consumatori che hanno acquistato in questi anni smartphone e dispositivi Huawei continueranno a farlo anche con OS “made in Huawei”? Google davvero è disposta a perdere il cavallo di Troia del suo Android e a puntare solo su altri produttori cinesi? (che, evidentemente, per gli Usa non rappresentano una minaccia alla sicurezza nazionale come la società fondata Zhengfei).

Alla fine, la soluzione potrebbe essere un nuovo accordo tra la società cinese e Big G, da raggiungere, per esempio, nei 90 giorni di sospensione del ban, ossia fino al 19 agosto. Ma ricordiamo che il bando può essere anche prorogato oltre i 3 mesi, come ha fatto sapere il Dipartimento del commercio Usa che ha inserito Huawei e le sue 68 affiliate non statunitense nella lista nera, dopo che Donald Trump ha firmato l’ordine esecutivo con cui ha dichiarando l’emergenza tecnologica nazionale. In realtà stiamo assistendo a una “guerra fredda tecnologica”, in cui Huawei è il bersaglio principale perché è il simbolo della scalata della Cina per la supremazia mondiale nel settore tecnologico.

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