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#HDweek. Marcello Berengo Gardin (Sky Italia): ‘Su Sky 64 canali HD. Per il futuro già guardiamo all’Ultra HD’

Marcello Berengo Gardin

Sino alla metà del secolo scorso, scienziati e ricercatori erano convinti che gli esseri umani sognassero in bianco e nero. Ricerche successive, compiute a cavallo del millennio, hanno stabilito che per la maggior parte delle persone il sogno è a colori. Uno studio più recente, compiuto dalla dottoressa Murzyn della facoltà di psicologia dell’Università di Dundee, ha teorizzato una diretta connessione tra la fruizione dei media audiovisivi e la presenza del colore nei sogni. Se questa teoria fosse dimostrata, è lecito pensare che i nostri sogni siano oggi in Alta Definizione.

#HDweek è lo Speciale Key4biz dedicato all’Alta Definizione, in cinque puntate con interviste, case history, approfondimenti, dati, analisi e opinioni di esperti.
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Senza l’Alta Definizione, lo sguardo del Libanese di Romanzo Criminale sarebbe sembrato meno torvo. I bolidi della Formula1 sarebbero stati solo delle scie sfuocate sullo schermo. La mano del difensore che sfiora la palla in area (Rigore!) non si sarebbe mai vista. Le sparatorie tra gruppi rivali tra le vele di Scampia in Gomorra sarebbero state meno realistiche. E nel primo piano di uno dei giudici di X Factor, al termine di un’esibizione da standing ovation, nessuno avrebbe visto chiaramente i suoi occhi umidi per l’emozione. L’Alta Definizione è tutto questo: una tecnologia che abilita ed amplifica le emozioni, lasciandoci vedere con chiarezza una porzione di realtà (o di finzione, ovviamente) altrimenti invisibile. È ciò che ha avvicinato la televisione al Cinema (talvolta conquistando addirittura il primato sulla settima arte), mutuandone il formato widescreen e affiancando alla perfezione delle immagini il medesimo audio multicanale (perché- non dimentichiamocelo – l’Alta Definizione oltre che vista va sentita).

Ed è anche un fenomeno sociale e socializzante: in un epoca di second screen, dove la visione della tv si fa sempre più individuale, è il grande schermo in HD che permette di raccogliere la famiglia o gli amici davanti ad un evento televisivo, per una visione collettiva (molto più di quanto non accadesse in passato, quando guardare un programma tutti insieme su un televisore che, a confronto, era grande la metà o meno, poteva divenire fonte di frustrazione e depressione, specialmente durante gli eventi sportivi).

C’era un epoca, in effetti, in cui l’Alta Definizione non c’era. Esiste un “prima” e un “dopo” l’introduzione dell’HDTV, anche se il “prima” facciamo fatica a ricordarlo. Non che sia passato molto tempo, in fondo: all’inizio del millennio, i televisori non superavano i 32 pollici di diagonale, a causa delle limitazioni legate alla tecnologia basata sul tubo catodico. Con i suoi trenta chili di peso, sbilanciati sulla parte anteriore, e la profondità di settanta, ottanta centimetri, il televisore occupava uno spazio fisico rilevante nelle nostre case, offrendoci in cambio immagini che – all’epoca – ci sembravano magnifiche. Ma che oggi, a ripensarci, mostravano tutti i loro limiti, specie negli apparecchi di grandi dimensioni. La tv dell’epoca – tolta quella diffusa via satellite, già in digitale dalla metà degli anni ‘90 – era rigorosamente analogica, dunque soggetta a interferenze che ne degradavano immancabilmente la qualità: colori che sparivano, immagini che si sovrapponevano, audio che gracchiava… erano i sintomi di un segnale insufficiente, o del sovrapporsi di più emittenti su una stessa frequenza.

L’HDTV aveva fatto capolino, per un breve esperimento, in occasione dei Mondiali di Calcio del ’90: uno standard ancora immaturo, anche se all’avanguardia per l’epoca, aveva permesso di diffondere alcune partite in Alta Definizione, destinate ad una ristretta platea di tecnici e vip dotati di enormi televisori sviluppati dalle industrie europee. Costi troppo elevati, limiti tecnologici all’epoca invalicabili e uno scarso interesse del pubblico spinsero rapidamente i broadcaster europei a disinteressarsi della questione. Per oltre quindici anni.

Il ritorno – o meglio, il vero esordio – dell’Alta Definizione, nel 2006, fu il frutto di una fortunata serie di coincidenze, in grado di innescare quel circolo virtuoso che avrebbe favorito la rapida diffusione della tecnologia. Da un lato, c’era la disponibilità di televisori compatibili, a costi che progressivamente si sarebbero fatti più contenuti. E il fatto che la tecnologia costruttiva fosse cambiata radicalmente, passando dal tubo catodico allo schermo piatto LCD o al Plasma, costituiva un’ulteriore incentivo nella corsa all’acquisto: il televisore diventava più grande, superando il limite fisico dei 32 pollici del tubo catodico, e al tempo stesso meno ingombrante, grazie ai pannelli piatti con uno spessore di pochi centimetri. A motivare ulteriormente i potenziali acquirenti, c’era un altro passaggio tecnologico: quello dall’analogico al digitale, con gli switch off che, a partire da quegli anni, avrebbero trasformato radicalmente il panorama della tv terrestre.

Un passaggio che poteva essere compiuto in due modi: aggiungendo un set top box al vecchio televisore o cambiandolo radicalmente, sostituendolo con un modello già dotato di ricevitore digitale integrato. E magari, già compatibile con l’HDTV. Considerato il contesto, sia l’industria che i broadcaster si mossero rapidamente, sostenendo la domanda con un offerta di piattaforme tecnologiche e contenuti HD: in poco tempo, arrivarono i Blu-ray Disc, le console HD come la PlayStation3 e l’Xbox 360, e naturalmente i set top box HD di Sky, in tempo per il grande evento dell’anno: i Mondiali di calcio Fifa 2006, prima competizione internazionale trasmessa interamente in Alta Definizione in Italia.

Negli anni successivi, Sky ha puntato con decisione sullo sviluppo della propria offerta HD. Attraverso investimenti continui in contenuti e canali, in tecnologie produttive e distributive, in servizi sempre più evoluti (come quelli offerti dal MySky HD) per i propri abbonati. Sino ad arrivare, ad oggi, con un’offerta di 64 canali HD (ed uno in 3D), una delle più ricche in Europa, che abbraccia tutti i generi: cinema, sport, documentari, programmi per bambini, intrattenimento, informazione, serie tv, cultura e musica.

Un vantaggio competitivo non indifferente, considerata la scarsità dell’offerta free to air in Italia in quest’ambito, ma anche una precisa scelta di posizionamento, coerente con una visione evolutiva del settore televisivo e con una strategia di prodotto ben definita: quella che punta ad offrire emozioni, coinvolgimento, spettacolo e qualità in tutti i propri canali. Grazie a questi elementi gli abbonati Sky dotati di tecnologia HD sono oltre l’80% del totale, con una penetrazione che continua a crescere progressivamente.

Ovviamente, si guarda anche alle evoluzioni future, e in particolare all’Ultra HD: una tecnologia che quadruplica, nella sua prima implementazione, la risoluzione dell’Alta Definizione, arrivando ad offrire immagini da 8.29 megapixel per fotogramma (contro i 2.07 dell’HDTV). La strada è già stata tracciata, attraverso la definizione degli standard che arriveranno e al loro percorso evolutivo. La roadmap, tuttavia, sarà più complessa: ad oggi, sono già disponibili televisori dotati di display compatibili con il cosiddetto “4K”, ma è ancora in via di perfezionamento la catena produttiva (telecamere, sistemi di editing e di archiviazione, encoder in grado di comprimere in tempo reale l’enorme mole di dati necessaria a formare le immagini in Ultra HD) e quella distributiva (dischi ottici di nuova generazione in grado di ospitare contenuti Ultra HD, sistemi di codifica e decoder basati sullo standard HEVC, in grado di comprimere e decomprimere i dati per permetterne la trasmissione via satellite, digitale terrestre o attraverso la rete Internet).

Manca inoltre quella “fortunata coincidenza” di elementi ed eventi che catalizzò il lancio dell’Alta Definizione: la simultanea disponibilità di tecnologie, contenuti, pubblico e motivazioni per cambiare televisore. Sarà dunque un passaggio più lento e graduale, ma anche in questo caso sarà inesorabile. L’idea di potersi dotare di un televisore da sessanta o ottanta pollici di diagonale, in grado di mostrare immagini ancora più dettagliate ed emozionanti di quelle offerte oggi in Alta Definizione, sta già stuzzicando molti appassionati. E di qui a qualche anno, inevitabilmente, anche questo passaggio tecnologico contribuirà a far sembrare ancora più vetusta la vecchia tv a definizione standard.

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