Speciale HDweek

#HDweek. Leonardo Tiberi (Regista): ‘Nel cinema l’HD è la norma, ma il mercato consumer non è ancora pronto’

di Leonardo Tiberi, Regista |

In campo professionale, anche nel nostro Paese, HD e formati superiori stanno diventando la norma. Altra cosa è l’universo consumer. Qui nutro un cauto scetticismo che spero venga smentito.

Pubblichiamo di seguito il contributo di Leonardo Tiberi, regista di documentari e lungometraggi, allo speciale di Key4biz “HDweek”. È appena uscito l’ultimo lavoro di Tiberi, “Fango e gloria”, il film sulla Grande Guerra basato su immagini di repertorio dell’Istituto Luce colorate, con sequenze di fiction e con il sonoro ricostruito in studio.

Parlare di HD e dei formati superiori, del loro sviluppo in Italia rispetto a quanto avviene nel resto del mondo è un argomento di grande attualità che a mio avviso può essere affrontato solo separando nettamente gli orientamenti della tecnica cinematografica e del broadcast in genere da quelli che sono del grande mercato consumer.

#HDweek è lo Speciale Key4biz dedicato all’Alta Definizione, in cinque puntate con interviste, case history, approfondimenti, dati, analisi e opinioni di esperti.
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Con il declino della pellicola 35 mm e super 16, che fino a poco tempo fa avevano tenuto testa alla crescita del digitale sia nel cinema che nella fiction televisiva, la scelta dell’HD e soprattutto dei formati superiori è imprescindibile se si vuole mantenere una qualità paragonabile a quella del vecchio sistema analogico.

Va detto che in questi ultimi anni l’evoluzione della tecnica è stata rapidissima e le macchine che stiamo usando assomigliano sempre più ad una cinepresa che non ad una telecamera.

La superfice dei sensori è aumentata e oggi è normale averli nel formato full frame, lo stesso del fotogramma analogico. Il rumore video è quasi inesistente anche lavorando con sensibilità elevatissime e scarsa illuminazione e inoltre i direttori della fotografia possono montare le stesse pregiate ottiche cinematografiche con cui hanno sempre lavorato.

I frames digitali di grande formato sono poi irrinunciabili in tutti i processi di post produzione perché permettono interventi grafici e di color correction sempre con impercettibili perdite di qualità.

Nel mio film “Fango e Gloria” il problema era amalgamare la fiction da girare con scene di repertorio vecchie di 100 anni. Dovevamo lavorarle al meglio, forse come non è mai stato fatto prima, per eliminare graffi, sporcizia, distacchi di gelatina e soprattutto instabilità del quadro.

Tutto ciò si è svolto in ambiente digitale senza interventi fisici sui materiali.

Siamo partiti dalle migliori matrici conservate dall’Istituto Luce, negativi originali e lavander, che sono state scannerizzate in 4k alla minima velocità di avanzamento per non danneggiare i fragili supporti di celluloide.

I files ottenuti sono stati poi restaurati, portati al formato 1,66 e infine passati al processo di coloritura, diretto da un grande esperto della materia, Marco Kuveiller.

Sul set abbiamo girato sempre in 4K con una camera RED.

Non ho voluto zoom ma solo ottiche fisse, un set di 5 prime lens della Taylor & Hobson di una serie uscita più di quaranta anni fa che mi ha dato nella pasta delle immagini quei toni morbidi che cercavo senza rinunciare ad un dettaglio eccellente.

Guardando anche a quanto altro si sta producendo credo di poter quindi affermare che, in campo professionale, anche nel nostro Paese HD e formati superiori stiano diventando la norma, in linea con quando accade altrove.

Altra cosa è l’universo consumer. Qui nutro un cauto scetticismo che spero venga smentito. La mia sensazione è che nel grande pubblico l’incremento nella qualità delle immagini continui a non essere percepito come un elemento prioritario nelle motivazioni all’acquisto di un televisore.

Ricordo che già 25 anni fa, ai tempi d’oro del vhs, un sistema che dava immagini al limite del tollerabile, appena 260 linee orizzontali, venne proposto un formato che offriva una qualità doppia, molto vicina allo standard delle emittenti, il super vhs. Trovò spazio solo in qualche telecamera amatoriale e nel prosumer ma fu totalmente ignorato dall’home video. Tanto si vendevano comunque milioni di videocassette con le loro misere 260 linee.

E oggi, dopo un quarto di secolo, non è difficile vedere nei negozi persone che messe davanti a due schermi hanno difficoltà a notare differenze tra una trasmissione SD e una HD. Figuriamoci se fossero stimolati a valutare uno schermo HD rispetto ad un 4K.

Quello che conta per loro è solo il prezzo e la grandezza dello schermo.

Forse è questa la colpa maggiore del digitale. Ci fa scegliere tra tanta quantità e tanta qualità e i più scelgono la prima opzione. Ascoltano musica in mp3 che è un decadimento devastante rispetto a quanto poteva offrire un buon impianto hi-fi degli anni ’80. Scaricano video stracompressi dalla rete e sono appagati: pesano un solo giga quando lo stesso film in blu ray ne pesa 18 e il file nativo 500.

Le grandi aziende del settore hanno già i listini pieni di schermi in 4K e perfino in 8K in attesa che le emittenti trasmettano con questi standard, non mi sembra che sia un’ipotesi prossima visto che al momento non è raro vedere ancora sulle satellitari film in HD che di HD hanno solo il nome.

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