L’hate speech è un reato sempre più diffuso, veicolato online soprattutto sui social network. E’ un reato che ha delle cosiddette “esternalità negative, che riducono le libertà altrui” e per questo va punito con una griglia di norme e ad hoc, che di fatto costituiscono il disegno di legge appena depositato dal senatore del Pd Antonio Nicita “Disposizioni in materia di contrasto alle espressioni d’odio e alla diffamazione verso un gruppo di persone con ogni mezzo di comunicazione”.

Nel Ddl la nuova fattispecie di Diffamazione diffusa contro target specifici
Il Ddl di fatto traspone in una proposta normativa il contenuto del suo ultimo libro, “Nell’età dell’odio”, editore Il Mulino, presentato ieri alla Sala Zuccari d Palazzo Giustiniani. L’evento, su iniziativa del Sen. Marco Meloni, ha visto la partecipazione di autorevoli voci del panorama giuridico, accademico e istituzionale: Giuliano Amato, Presidente Emerito della Corte Costituzionale; Carla Bassu, Ordinaria di Diritto Pubblico Comparato; Bertil Cottier, Presidente della European Commission Against Racism and Intolerance (ECRI); Paola Severino, Presidente della SNA e della LUISS School of Law. La moderazione è stata affidata alla giornalista Karima Moual, che ha guidato il dibattito sui temi centrali del libro come il mercato politico dell’odio, con un focus particolare sull’hate speech e sulla sua influenza nella sfera pubblica e nella democrazia.
Nel Ddl si configura la nuova fattispecie di “diffamazione diffusa”, connessa alla diffusione ai danni di un gruppo target che va al di là dell’individuo e per così dire planetaria dell’odio online attraverso le piattaforme social, con effetti devastanti e duraturi vista la difficoltà di cancellare le tracce e la memoria digitale.
Quale libertà?
L’odio non rientra nella libertà di espressione. E’ questo uno dei fondamenti del discorso di Nicita, perché l’identificazione del nemico e la retorica dell’odio vanno smantellate senza se e senza ma, come dice nel suo intervento la senatrice a vita Liliana Segre, presidente della commissione straordinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza del Senato: “L’odio non è soltanto online – dice – il secolo breve non è finito. Abbiamo sbagliato a illuderci dopo la caduta del Muro di Berlino nell’’89”. Un messaggio molto amaro, soprattutto se arriva da chi il campo di concentramento lo ha provato sulla sua pelle.
Il Ddl di Antonio Nicita ha l’obiettivo di dare voce a tutti gli immigrati, nuovi italiani, vittime d’odio perché sono immigrate. In un momento storico in cui il primo esponente dell’hate speech come ideologia è il presidente degli Usa Donald Trump.
Cottier (ECRI): ‘Contrasto all’hate speech non può essere soltanto della società civile’
Tanto più che, come testimonia Bertil Cottier, Presidente della European Commission Against Racism and Intolerance (ECRI), organismo indipendente contro il razzismo in Europa formato da 46 paesi, la piaga del discorso d’odio (diffamazione razziale, di colore, disabilità, sessuale, politica, religiosa) è molto peggiorato dal 2015 ad oggi a causa soprattutto dell’odio social. “Analfabetismo, isolamento, emarginazione e indottrinamento sono le cause principali”, dice Cottier. L’hate speech non può essere tollerato in nome di un dogma tutto americano che difende a prescindere la libertà di espressione. “Il contrasto all’hate speech non può essere lasciato in mano alla società civile”, aggiunge Cottier.
Carla Bassu: ‘La libertà degli haters non è sullo stesso piano di quella delle vittime’
Anche perché i codici di condotta delle piattaforme social sono evidentemente insufficienti e a peggiorare il quadro c’è anche l’intelligenza artificiale. Non ultimo il caso della Lega che diffonde messaggi d’odio con foto di immigrati, create dall’AI, associate a messaggi d’odio. E così l’hate speech diventa una clava politica.
Il libro di Nicita, secondo Carla Bassu, Ordinaria di Diritto Pubblico Comparato, rappresenta un po’ il seguito della precedente fatica letteraria del Senatorie, ‘Il mercato delle verità’, e ha il merito di “smascherare la grande ipocrisia della libertà di espressione senza se e senza ma”, perché non c’è un vero bilanciamento della libertà di espressione laddove ci sono delle vittime, come nel caso dell’hate speech. “Manca una agorà pubblica bilanciata sui social”, e così l’odio viene utilizzato dalla politica senza valorizzare la libertà di espressione delle vittime degli haters. Anche la democrazia in questo senso è messa a rischio dall’odio.
Discorsi d’odio, Severino: ‘Tema di grande attualità. Responsabilizzare piattaforme’
Nell’era della post verità, il potere dei social network di veicolare e diffondere senza filtri discorsi d’odio è clamoroso e va in qualche modo arginato. Le parole d’odio sono un attacco non soltanto ad un isngolo, ma ad una totalità di persone. La pensa così Paola Severino, presidente della Scuola nazionale dell’amministrazione e della Luiss School of Law: “I discorsi di odio oggi davvero rappresentano un tema di grande attualità, perché sono enfatizzati dai mezzi di diffusione attraverso i quali assumono delle dimensioni straordinariamente lesive degli interessi di coloro che vengono aggrediti. Nel discorso d’odio viene aggredito un singolo in quanto appartenente ad una comunità, che per le sue caratteristiche di razza, o di religione, viene considerata come l’oggetto da odiare. Naturalmente ci sono tutti problemi che sono legati alla libertà di manifestazione del pensiero e ai limiti che essa deve subire quando ci sono dei valori costituzionali in gioco. I valori costituzionali vanno protetti e dunque il discorso di odio va criminalizzato, così come fa oggi il nostro codice penale a seguito di una serie di riforme che hanno costruito una fattispecie nella quale il discorso d’odio viene ben descritto”, ha detto Severino.
“Ma il tema – aggiunge l’ex ministra della Giustizia – è soprattutto quello degli effetti che il discorso d’odio può produrre, al di là dell’intervento della sanzione penale che è sempre un valore punitivo ma non un valore ricostitutivo di ciò che è stato aggredito. Il tema è soprattutto quello delle piattaforme, soprattutto quello della diffusione del discorso attraverso Internet, della sua permanenza poi su queste fonti di diffusione e quindi della difficoltà di cancellare il discorso d’odio e gli effetti che produce”.
Severino ritiene inoltre necessari “interventi normativi che responsabilizzino le piattaforme e che consentano di rendere la piattaforma un mezzo non di pubblicazione del discorso d’odio ma di selezione dei discorsi, che comunque prevedano l’imposizione dell’obbligo di immediata cancellazione di tutto ciò che può configurare un vero e proprio discorso d’odio”. “Credo dunque – conclude – che l’attenzione vada stimolata sul tema, che questo bel libro del senatore Nicita sia importante per richiamare l’attenzione del legislatore e non solo su un tema di così grande importanza e rilevanza. Le parole devono creare dialettica, devono creare dialogo, non devono creare odio”.
Giuliano Amato: ‘La solitudine digitale libera dal vincolo di riconoscere l’altro’
Giuliano Amato, Presidente Emerito della Corte Costituzionale, si interroga: “Può la democrazia reggere un colpo come questo?”. Oggi il discorso politico è completamente cambiato, non più fondato sul dialogo ma su queste “fucilate di una parte contro l’altra”, dice Amato in una arena dove l’intolleranza e l’odio sono diventati la prassi. Amato punta il dito contro “l’informatica, che ci ha portato in questa dimensione da Odissea nello spazio”, con la possibilità “di tirare fuori l’odio senza essere visto, di sputare in faccia al nemico senza impronte digitali, quando magari faccia a faccia non avresti avuto il coraggio di farlo”.
Il salto di qualità ulteriore si è verificato con l’accettazione pubblica dell’hate speech: “ormai non c’è più bisogno dell’anonimato per esprimere odio”, dice.
Una soluzione, come suggerisce l’Ddl di Nicita, è rendere la diffamazione collettiva un illecito civile. “In questo modo il giudice civile potrebbe costringere l’odiatore a ripetere in faccia alla vittima i suoi insulti”, esprimendo così a parole in una agorà reale il suo pensiero. Le cose cambierebbero? Vale la pena provarci.
Nicita: ‘Ho cercato di smontare la falsa retorica del free speech’
Dice infine Antonio Nicita: “Quello che ho cercato di fare è stato di rispondere a questa retorica del free speech, che secondo i suoi sostenitori non può in alcun modo essere limitato nemmeno in caso di hate speech. Ma l’hate speech si nutre di disinformazione e l’odio non è una semplice opinione. Le condizioni esistenziali di un altro individuo (colore della pelle, credo religioso e politico, disabilità, orientamento sessuale) non sono una opinione ma una condizione esistenziale imprescindibile che non può essere messa in dubbio né contestata in alcun modo perché è costitutiva dell’individuo. Discorsi d’odio in base a questioni razziali rappresentano quindi dei reati che colpiscono non soltanto l’individuo, ma l’intera categoria contro cui vengono espressi e rappresentano anche un danno economico”.
Alla base di questo disegno di legge vi è un principio essenziale: “la libertà di espressione, fondamento della democrazia liberale, non può essere concepita in modo assoluto, isolato ed esclusivamente diretto alla libertà di espressione degli haters ma deve riguardare anche la libertà delle vittime di poter esprimere la propria identità e le proprie caratteristiche esistenziali, individuali e di gruppo, senza dover essere, per ciò stesso, esposte a espressioni di discriminazioni, offese o aggressioni verbali sistematiche. La libertà d’espressione delle vittime deve in sostanza essere bilanciata con il diritto delle persone e dei gruppi di vivere e partecipare alla vita pubblica senza subire un clima di ostilità”.