Smart mobility

Guida autonoma, un mercato mondiale da 54 miliardi nel 2019. Le prime auto in Europa dal 2020

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I progressi nell’intelligenza artificiale e nei sensori anticiperanno la diffusione della guida autonoma dal 2035 al 2020. Il mercato software varrà 25 miliardi nel 2030. È made in EU la tecnologia GNSS per la localizzazione dei veicoli a guida autonoma.

Le auto connesse in rete e a guida autonoma (connected and autonomous vehicles, o nell’acronimo CAV) sono ormai indicate da tutti, industria, imprese e mercato, come la nuova grande soluzione di mobilità privata e pubblica in grado di ridare slancio al settore automotive, di creare nuovi posti di lavoro, di migliorare l’esperienza di guida e di viaggio, di ridurre sensibilmente il numero di incidenti in strada e di aumentare il livello di sicurezza dei passeggeri (nonché di pedoni e ciclisti).

Uno scenario che fino a qualche tempo fa non era neanche immaginabile a breve, più un film di fantascienza che un’opportunità. Grazie alle nuove tecnologie software e al rapido sviluppo dell’intelligenza artificiale (AI), però, le cose sono cambiate e oggi l’industria CAV non solo è una realtà concreta, ma con molta probabilità sarà anche in grado di anticipare i tempi di commercializzazione dei veicoli.

I crescenti investimenti nel settore e gli ultimi progressi nell’IA e nei sensori hanno fatto sì che le auto a guida autonoma potrebbero arrivare in strada entro il 2020, invece del 2035, come si ipotizzava in precedenza.

Il mercato CAV potrebbe arrivare a valere 54,23 miliardi di dollari entro la fine del 2019, secondo una stima Allied Market Research, con un tasso di crescita composto annuo del 40% quasi tra il 2019 ed il 2016, per un mercato mondiale complessivo a fine periodo valutato attorno ai 557 miliardi di dollari.

Se il comparto delle auto connesse in rete ha avuto una fase di lancio molto più semplice, con un trend di crescita calcolato attorno al 270% tra il 2018 ed il 2022, con 125 milioni di spedizioni di veicoli attese per il periodo preso in considerazione e un mercato globale valutato in 220 miliardi di dollari, diverso è stato il percorso delle self driving cars o degli autonomous vehicles, soprattutto per la parte software.

Ad esempio, oggi non esistono sistemi globali di navigazione satellitare (GNSS) che soddisfino a pieno i rigorosi requisiti dei produttori di CAV. Ciò è dovuto in parte agli eccessivi costi sostenuti per l’attuazione su scala e in parte all’incapacità di fornire aggiornamenti sulla localizzazione in tempo reale in condizioni difficili per i GNSS, come i canyon urbani. Un’ulteriore sfida è rappresentata dalla mancanza di misurazioni affidabili per rilevare i livelli di precisione della localizzazione.

L’enorme quantità di sensori installati nei CAV consente ai veicoli di comprendere l’ambiente di guida e di agire di conseguenza. Il problema è che tutte queste tecnologie sono inutili senza una conoscenza della localizzazione dei veicoli in tempo reale.

Un progetto europeo ha affrontato queste sfide, costruendo e brevettando il motore di correlazione Albora (“ALCORE”, Albora Correlation Engine), che impiega l’IA e reti di apprendimento approfondito di ispirazione biologica per raggiungere il livello di prestazioni necessario.

La nostra tecnologia può essere integrata nell’elettronica attualmente disponibile nei veicoli autonomi, il che ci consente, non essendo richiesto alcun hardware aggiuntivo, di mantenere i costi a livelli estremamente ridotti”, ha affermato Anselm Adams, il coordinatore del progetto finanziato dal programma “Horizon 2020”.

Questo algoritmo proprietario combina un’architettura di ispirazione biologica con tecniche matematiche e di ingegneria avanzate, fornendo ai nostri clienti coordinate di localizzazione precise, sicure, affidabili e rapide”.

Le software technologies costituiranno la maggior quota di mercato per i CAV, passando da 500 milioni di euro di valore, nel 2015, a 25 miliardi di euro entro il 2030: “Per raggiungere questo obiettivo, dobbiamo valutare i rischi tecnici di trasferire il nostro codice a linguaggi di programmazione più efficienti, cercare partner industriali per svolgere prove pilota di grandi dimensioni e perfezionare il nostro modello aziendale impiegando tecniche di pensiero progettuale”, ha infine osservato Adams.