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Guida autonoma, che vuole fare l’Italia? Da noi livello 2, in Germania e Francia fino al 4

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In Commissione Trasporti della Camera è iniziata la discussione in materia di sistemi di guida autonoma, con gli interventi di Raimondo (FdI), Casu (Pd) e Pastorella (Az). I punti critici della sicurezza e la necessità di avviare nuove sperimentazioni e costruire infrastrutture adeguate.

Guida autonoma, potrebbe ridefinire il concetto di mobilità e di vita in città

I sistemi di guida autonoma avanzati, noti anche come ADAS (Advanced Driver Assistance Systems), sono tecnologie intelligenti integrate nei veicoli per assistere o sostituire l’intervento umano alla guida. Questi sistemi utilizzano sensori sofisticati come radar, telecamere, LIDAR e intelligenza artificiale (AI) per rilevare l’ambiente circostante, interpretare dati in tempo reale, e aiutare nelle manovre di guida, frenata, sterzata, parcheggio e sicurezza.

Si potrebbe pensare che non sia una tecnologia fondamentale per la nostra quotidianità, abbiamo già automobili e altri mezzi di trasporto fortemente tecnologizzati e digitalizzati, ma la guida autonoma rappresenta una delle frontiere più affascinanti e complesse, destinata a ridefinire non solo il concetto di mobilità, ma anche le infrastrutture urbane e il nostro modo di organizzare la giornata e svolgere attività.

Sarebbe un errore sottovalutare la sua rilevanza, soprattutto quando altri Paesi europei come Germania e Francia stanno correndo in questo settore, creando già un pesante gap legislativo, industriale e presto commerciale da colmare.

Iniziato l’esame in Commissione Trasporti della Camera

In Commissione Trasporti della Camera è iniziato l’esame della risoluzione sulla guida autonoma, di cui è primo firmatario il capogruppo di Fratelli d’Italia in commissione Trasporti alla Camera, Fabio Raimondo.

Un atto che intende colmare un vuoto normativo nel nostro ordinamento e aprire una concreta prospettiva di sviluppo per un settore strategico. L’innovazione tecnologica nel settore della mobilità corre veloce e abbiamo il dovere di adeguare la nostra legislazione. L’Unione europea ha già autorizzato la guida autonoma di livello 3 e Paesi come la Germania stanno sperimentando sistemi avanzati anche su autostrade, elevando i limiti di velocità fino a 130 km/h per veicoli dotati di queste tecnologie”, ha precisato Raimondo.

Secondo la risoluzione, l’utilizzo di sistemi di guida autonoma in sinergia con il trasporto pubblico locale, in particolare nel primo e ultimo miglio, porterebbe notevoli benefici ai cittadini, agevolando ampiamente i loro spostamenti quotidiani.

La proposta di Fratelli d’Italia intende sollecitare l’adeguamento del codice della strada ai nuovi sistemi di guida autonoma esistenti, “apportando le opportune modifiche alla nozione di veicolo, di cui all’articolo 46 del codice”; propone la creazione di un sistema, quale il “Piano nazionale per la guida autonoma”, che fornisca un supporto e metta in contatto le aziende del settore della mobilità e gli altri operatori impegnati nella sperimentazione dei sistemi di guida autonoma.

Si prospetta, inoltre, l’opportunità di introdurre incentivi, anche fiscali, volti a favorire la sperimentazione e la produzione di sistemi di guida autonoma.

Casu (Pd): “Avviare sperimentazione e proteggere il mercato da influenze straniere

Sostanzialmente d’accordo anche le opposizioni. Andrea Casu (Pd) ha criticato i partiti di maggioranza e quindi il Governo per non essere intervenuti in materia di guida autonoma nel corso dell’esame della riforma del codice della strada, nonostante la risoluzione in discussione sia stata presentata prima della definitiva approvazione della suddetta riforma.

Il deputato democratico ha ricordato che sul tema si è recentemente svolto un incontro a Milano di oltre sessanta sindaci italiani, “che intendono portare avanti la sperimentazione di nuovi sistemi di guida autonoma nei propri comuni”.

Una tecnologia che come spesso accade promette grandi vantaggi per i cittadini e le imprese, pur presentando criticità e rischi, che “non vanno sottovalutati ma presi in considerazione nella definizione di una nuova normativa in materia, se non si vogliono ripetere gli errori che, a suo giudizio, sono stati commessi con l’intelligenza artificiale”.

Il deputato ha poi sostenuto l’opportunità di avviare al più presto “una sperimentazione italiana o europea che consenta di proteggere il mercato interno dalle influenze straniere”, per evitare quanto accaduto, ad esempio, nel settore del satellitare.

Pastorella (Az): “Creare zone per la sperimentazione e infrastrutture necessarie

Anche Giulia Pasterella, deputata e vicepresidente di Azione, ha ricordato che nel corso dell’esame della riforma del codice della strada aveva già proposto di intervenire in materia di guida autonoma, senza tuttavia incontrare la disponibilità del Governo e della maggioranza.

In un suo articolo su La Repubblica, Pastorella ha sottolineato di aver presentato una propria risoluzione sulla medesima materia e che un intervento legislativo da solo non basta: “Bisogna creare zone apposite per le sperimentazioni dotate delle infrastrutture necessarie. Le realtà italiane, sia pubbliche che private, devono poter accedere ai fondi europei (su tutti Horizon Europe e Piano d’azione per l’automotive della Commissione Europea), per partecipare a iniziative come la creazione di testbed transfrontalieri”.

Un’azione legislativa e regolatoria da portare avanti sviluppando anche un piano di digitalizzazione delle strade, dei porti e delle strutture logistiche, senza dimenticare il tema della cyber-sicurezza.

(Cyber) Sicurezza pilastro fondamentale della guida autonoma

La sicurezza è il pilastro fondamentale dello sviluppo della guida autonoma e non viene “dopo” l’innovazione tecnologica in sé, ma bensì “prima”, anche perché i rischi sono intrinseci a una tecnologia così complessa. I primi che vengono in mente sono legati a malfunzionamenti software/hardware, che potrebbero causare errori di guida imprevedibili.

La cybersecurity è un’altra preoccupazione critica: sistemi connessi sono vulnerabili ad attacchi hacker, con potenziali conseguenze disastrose.

I problemi di percezione (sensori offuscati, condizioni meteo estreme) possono portare a interpretazioni errate dell’ambiente, ma ci sono anche i dilemmi etici negli scenari di incidente inevitabile (il “problema del carrello”).

Infine, l’interazione uomo-macchina presenta rischi legati alla transizione del controllo e alla potenziale “perdita di abilità” del conducente umano. Mitigare questi rischi richiede test rigorosi, standard elevati e un quadro normativo chiaro.

Germania e Francia mercati leader

L’Europa, con la sua ricca storia automobilistica e la spinta verso la digitalizzazione, è un attore chiave in questo settore. Tuttavia, analizzando lo stato dell’arte, emergono chiare differenze nel ritmo e nella profondità dello sviluppo tra i vari Paesi membri. In particolare, Germania e Francia si affermano come veri e propri leader, mentre l’Italia, pur con iniziative lodevoli, mostra un evidente distacco nell’adozione e nello sviluppo dei sistemi di guida autonoma avanzata.

Sia la Germania che la Francia hanno abbracciato la sfida della guida autonoma con una visione strategica e una decisa volontà politica, traducendola in quadri normativi all’avanguardia e in investimenti significativi.

Guida autonoma, Germania più avanti di tutti

La Germania, culla di alcuni dei più grandi costruttori automobilistici del mondo, ha capitalizzato la sua robusta industria per spingere l’innovazione. È stata il primo paese al mondo a introdurre un quadro giuridico che permette la guida autonoma di Livello 4 (cioè, il veicolo può gestire tutte le funzioni di guida in specifiche condizioni, anche senza un intervento umano diretto) in aree operative definite. L'”Autonomous Driving Act” non solo consente i test, ma stabilisce anche le condizioni per l’operatività commerciale senza un conducente di sicurezza a bordo, spostando la responsabilità sul produttore/operatore. Questo fornisce una chiarezza normativa fondamentale per lo sviluppo e l’investimento.

Con colossi come BMW, Mercedes-Benz, Audi e Volkswagen, la Germania vanta una capacità di ricerca e sviluppo senza pari, sostenuta da ingenti investimenti e una profonda integrazione tra industria e mondo accademico.

Numerosi progetti pilota e test su strada, inclusi bus navetta autonomi nel trasporto pubblico e sperimentazioni estese in città come Monaco, dimostrano un approccio pratico e orientato all’implementazione.

La Francia ha puntato più sul trasporto pubblico

La Francia, d’altra parte, ha adottato un approccio ugualmente ambizioso, ma forse più orientato all’integrazione della mobilità autonoma nei servizi pubblici e nella strategia nazionale.

Ha stabilito un solido quadro giuridico che consente veicoli a guida autonoma fino al Livello 4 su strade pubbliche, incluso il traffico misto, dal settembre 2022. Questa legislazione è supportata da una strategia nazionale chiara per la mobilità automatizzata e connessa.

Un Paesi che siè distinta per l’ampia sperimentazione e implementazione di navette autonome in oltre 20 città, dimostrando un interesse concreto per l’applicazione di questa tecnologia al miglioramento dell’efficienza dei trasporti pubblici.

Il Governo francese ha mostrato un forte impegno nel supportare l’industria e la ricerca, fungendo da catalizzatore per l’innovazione.

Il potenziale inespresso dell’Italia e i suoi limiti

L’Italia, pur vantando eccellenze nella ricerca e nell’ingegneria, e con un’industria automobilistica storica, si trova in una posizione di relativo distacco rispetto ai leader europei nel campo della guida autonoma avanzata.

Le ragioni sono molteplici e toccano sia l’aspetto normativo che quello infrastrutturale e di implementazione.

Il cuore del problema italiano risiede nella lentezza e nella frammentazione del quadro normativo. Il “Decreto Smart Road” del 2018 ha aperto alla sperimentazione, ma le normative attuali limitano significativamente l’utilizzo dei veicoli a livelli di guida assistita e semi-automatica (principalmente Livelli 0, 1 e 2, vietati quelli dal 3 al 5, cioè di vera guida autonoma sena intervento umano).

Per i livelli superiori, è necessaria un’autorizzazione specifica e complessa, e soprattutto, la responsabilità rimane quasi interamente sul conducente, anche durante le fasi di test. Questo contrasta fortemente con la chiarezza e l’innovazione delle leggi tedesche o britanniche, che spostano la responsabilità sul sistema o sul produttore a livelli di automazione superiori.
La mancanza di un recepimento rapido e completo delle normative europee e di un adeguamento profondo del Codice della Strada frena di fatto l’innovazione.

Nonostante l’iniziativa delle “Smart Roads” e i test iniziali, l’infrastruttura stradale italiana non è ancora all’altezza delle esigenze dei veicoli autonomi avanzati. La connettività 5G, essenziale per la comunicazione V2X (Vehicle-to-Everything), non è ancora capillare, e la modernizzazione delle strade con sensori e sistemi di comunicazione dedicati è solo agli inizi. Questo crea un ambiente meno favorevole per test e implementazioni su larga scala.

All’Italia serve un nuovo quadro legislativo e un piano di investimenti

In assenza di un quadro normativo abilitante e di infrastrutture mature, l’implementazione commerciale di servizi di guida autonoma in Italia è ancora una prospettiva lontana. Le sperimentazioni sono isolate e spesso confinate, mentre in Germania e Francia si inizia a parlare di servizi operativi in città o su tratte specifiche.

Il superamento di questo divario richiederà non solo maggiori investimenti, ma soprattutto una profonda e rapida riforma legislativa che sblocchi il potenziale della guida autonoma avanzata sul territorio nazionale. Solo così l’Italia potrà aspirare a un ruolo di primo piano in questa rivoluzione tecnologica.

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