La manifestazione

Green economy, italiana la tarma che mangia la plastica e produce seta industriale

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Tra le 600 e più richieste di partecipazione arrivate alla European Social Innovation Competition Academy in corso a Torino, solo un’italiana è stata selezionata per le semifinali ed è la mantovana G2b con il progetto “ReciclaGame”: la tarma che biodegrada la plastica.

Innovazione sociale ed economica, nuove pratiche ecosostenibili e soluzioni green & tech per ridurre l’inquinamento e produrre valore dai rifiuti tramite l’economia circolare, sono solo alcuni dei capisaldi su cui poggia la European Social Innovation Competition Academy, progetto della Commissione europea tutto dedicato all’innovazione a 360° che in sette anni ha individuato oltre 10 mila progetti sul tema social innovation, premiandone più di 100.
Quest’anno la Commissione ha scelto Torino per le semifinali della manifestazione, soprattutto per la forte sensibilità mostrata dalla Città vero l’argomento dell’innovazione sociale e dell’inquinamento, ma anche per la presenza della Fondazione Nesta, impegnata sui medesimi temi.

Tra le 600 e più richieste di partecipazione arrivate all’Academy, solo un’italiana è stata selezionata per le semifinali ed è la mantovana G2b con il progetto “ReciclaGame”: la tarma che si ciba di plastica.
In effetti, l’obiettivo primario della manifestazione torinese è proprio la ricerca di nuove soluzioni per combattere e risolvere il problema dell’inquinamento dovuto alla plastica e per questo è stato istituito anche il Challenging Plastic Waste.
La tarma di G2b degrada in maniera assolutamente ecosostenibile il polietilene della plastica producendo allo stesso tempo un particolare tipo di seta.

In tal modo si potrebbe smaltire il rifiuto plastico superando il concetto di discarica e termovalorizzatore, dando una svolta ecofriendly all’economia circolare: “Era già nota da un paio di anni la capacità della tarma della cera di degradare il polietilene”, ha spiegato al Sole 24 Ore Andrea Frer della società mantovana G2b.
Il progetto è nato assieme a una scuola superiore e ora stiamo contattando aziende del settore tessile per comprendere se può essere interessante produrre una fibra tessile simile alla seta derivante dal bozzolo prodotto dalla larva”.

In effetti, un paio di anni fa, sulla rivista Current Biology”, un gruppo di ricercatori dell’Università della Cantabria a Santander, in Spagna, e dell’Università di Cambridge, in Gran Bretagna, hanno pubblicato una ricerca che aveva come oggetto proprio la larva della farfalla Galleria mellonella, la comune camola del miele, in grado di degradare il polietilene, il più diffuso tipo di plastica e anche uno dei più difficili da smaltire. Per digerire la cera d’api di cui si nutre normalmente, l’insetto ha infatti evoluto la capacità di rompere legami chimici simili a quelli presenti nel polietilene.
La scoperta, si legge su lesienze.it, è avvenuta quasi per caso, quando i ricercatori hanno notato che i sacchetti di plastica che contenevano le larve erano costellati di fori: il 13% della massa della plastica era stata divorata dall’insetto nel giro di 14 ore.
La sorpresa è arrivata quando hanno controllato se l’insetto si nutriva semplicemente della plastica oppure riusciva a biodegradarla, scoprendo che il polietilene veniva trasformavano chimicamente in glicole etilenico, un composto organico molto usato come anticongelante.

Ulteriori ricerche mirate a sviluppare metodi di degradazione ecosostenibile del polietilene hanno individuato potenziali mangia-plastica naturali in un fungo e in un batterio intestinale di un’altra larva, il Plodia interpunctella.