Google si salva, rinviate le sanzioni antitrust UE
Doveva arrivare una multa e invece non è accaduto niente. La Commissione europea ha sospeso all’ultimo minuto una sanzione antitrust contro Google, destinata a punire le presunte pratiche abusive del gigante tecnologico nel mercato della pubblicità online. La decisione, secondo quanto riportato da Lewis Crofts, Khushita Vasant e Nicholas Hirst su MLex, è stata messa in discussione da “pressioni interne ed esterne”, in particolare da parte di Washington, a dimostrazione di come le questioni di politica commerciale stiano ormai influenzando pesantemente le scelte di regolamentazione dell’Unione europea (Ue).
Il caso Google: un conflitto d’interessi
L’indagine della Commissione, avviata nel 2021, verteva su un presunto conflitto di interessi di Google, che opera contemporaneamente sia sul lato dell’acquisto che su quello della vendita degli spazi pubblicitari online. Gli investigatori di Bruxelles sospettano che Google abbia favorito i propri servizi di ad-tech, a scapito dei concorrenti e degli editori online. La sanzione avrebbe previsto una multa salata e, potenzialmente, un ordine per Google di cedere parte delle sue attività. Nonostante le rassicurazioni iniziali, che parlavano di una “modesta” sanzione, il caso si è trasformato in un’accesa disputa politica.
L’ombra di Washington sulle decisioni di Bruxelles
La sospensione della sanzione è arrivata dopo un weekend di intense trattative e scambi diplomatici. Il commissario europeo per il commercio, Maroš Šefčovič, avrebbe eccezionalmente messo in discussione la decisione della sua collega alla concorrenza, Teresa Ribera, che era pronta ad annunciare la sanzione. Allo stesso tempo, il Dipartimento di Giustizia statunitense è intervenuto, con una nota dell’assistente procuratore generale Gail Slater che chiedeva un rinvio della decisione, sebbene volesse separare il caso antitrust dalle trattative commerciali.
La mossa di Šefčovič e di Washington è vista da molti come un tentativo di evitare ritorsioni da parte degli Stati Uniti, in un momento delicato per le relazioni transatlantiche. L’Ue e gli USA hanno recentemente raggiunto un accordo commerciale che prevede, tra l’altro, una riduzione dei dazi statunitensi sulle auto europee.
Alcuni funzionari europei temono che una sanzione “a sorpresa” contro un’azienda americana come Google possa spingere l’amministrazione statunitense a bloccare la riduzione dei dazi o a inasprire il clima dei negoziati in corso.
La battaglia tra concorrenza e politica commerciale
La vicenda mette in luce un’evidente tensione all’interno della Commissione europea. Mentre la commissaria Ribera ha espresso la ferma intenzione di applicare le leggi europee contro le grandi aziende tecnologiche, senza cedere alle minacce di rappresaglia, la logica della politica commerciale sembra prevalere.
Il caso Google sta diventando un simbolo del dilemma che Bruxelles si trova ad affrontare: garantire un’equa concorrenza e proteggere i mercati europei, senza al contempo compromettere gli accordi commerciali con un partner fondamentale come gli Stati Uniti.
La Commissione per la Concorrenza tedesca ha definito la sospensione un “precedente allarmante per l’indipendenza dell’applicazione del diritto antitrust europeo“, affermando che la protezione della concorrenza non dovrebbe diventare una “pedina dell’amministrazione Trump“.
Il destino della sanzione rimane incerto, ma è chiaro che le decisioni future della Commissione saranno sempre più influenzate dal complesso intreccio tra diritto della concorrenza e politica estera.
Secondo il giornalista e fondatore di netzpolitik.org, Markus Beckedahl, il problema è di natura strutturale: “l’Autorità garante della concorrenza dell’Ue non è indipendente, ma direttamente subordinata alla Commissione. Chi dovrebbe negoziare conflitti commerciali con gli Stati Uniti e controllare allo stesso tempo i monopoli delle Big Tech non può decidere liberamente“.
Secondo Beckedahl, alle egole per far rispettare la democrazia e la concorrenza abbiamo preferito tariffe commerciali sulle automobili più convenienti. Attraverso politiche del genere non facciamo altro che indebolire costantemente ogni tentativo di rafforzare la nostra autonomia politica ed economica.
Buone notizie anche per Chrome negli USA, “niente spezzatino”
Ma non finiscono qui le buone notizie per Google, che ha ottenuto una significativa vittoria legale negli Stati Uniti. Il giudice federale Amit Mehta ha respinto la richiesta del Dipartimento di Giustizia di smembrare l’azienda, il celebre “spezzatino”, una mossa che avrebbe costretto Google a cedere proprietà chiave come il sistema operativo Android e il browser web Chrome.
Questa decisione segna un punto di svolta nel panorama legale che circonda le Big Tech e fornisce una guida per i futuri casi antitrust.
Nel 2024, il giudice Mehta aveva stabilito che Google aveva agito illegalmente per mantenere un monopolio nella ricerca online. Tuttavia, la recente sentenza sui rimedi ha evitato le sanzioni più estreme. Sebbene Google possa mantenere Android e Chrome, e continuare a pagare altre aziende per essere il motore di ricerca predefinito, dovrà apportare modifiche significative alle sue pratiche.
L’azienda sarà obbligata a condividere i dati con le rivali e le sarà proibito firmare contratti esclusivi che limitano la concorrenza.
Il giudice ha sottolineato la necessità di “umiltà” da parte dei tribunali nel formulare i rimedi, una dichiarazione che riflette la cautela nel non danneggiare un’azienda in modo sproporzionato. Questa sentenza rappresenta il più importante caso sulla Silicon Valley dai tempi di quello contro Microsoft di vent’anni fa.
Le azioni di Google si impennano dell’8%
La decisione è stata accolta con un inevitabile grande sollievo a Wall Street, dove le azioni di Google sono salite dell’8%. Nonostante la vittoria, Google ha già annunciato che farà ricorso, indicando che la battaglia legale è lungi dall’essere conclusa.
Per il governo americano, la sentenza rappresenta un duro colpo agli sforzi per regolamentare il settore delle Big Tech, in particolare per le amministrazioni Biden e Trump che avevano sostenuto una linea più dura. L’indagine contro Google, avviata nel 2020 durante la prima presidenza Trump, ha portato a una sentenza storica nel 2024 che ha dichiarato Google un monopolista. La recente decisione di Mehta, tuttavia, sembra rassicurare gli altri giganti della Silicon Valley, riducendo l’incertezza su possibili future azioni antitrust.