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Gli smartphone ci dicono che cosa mangiare?

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Per la stragrande maggioranza di chi va al ristorante, la prassi consolidata è leggere il menu, ordinare, fotografare il piatto appena arriva (intimando agli altri commensali di non azzardarsi a rovinare l’equilibrio con una forchettata, immortalando invece quello che hanno ordinato)  e dopo, solo dopo, consumare

Rubrica settimanale SosTech, frutto della collaborazione tra Key4biz e SosTariffe. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui.

Se fino a una decina d’anni fa nessuno usava la parola impiattamento, mentre oggi anche la trattoria sotto casa deve cimentarsi nei fiori eduli messi un po’ a caso, nella svirgolata di sugo sul piatto, nel tiramisù scomposto con la tazzina di caffè e i savoiardi appena usciti dalla confezione, buona parte della colpa è sicuramente di quell’aggeggio che portiamo sempre con noi nella tasca o nella borsa. I nostri smartphone sono (anche) una fotocamera digitale ad alta, o altissima, definizione che ci segue in tutti i momenti della giornata, anche quando mangiamo fuori, che si tratti dello stellato o della mensa dell’ufficio; e ogni mattina un cuoco si sveglia e sa che quello che cucina finirà in un modo o nell’altro su Instagram o TikTok, quasi sempre ad opera di fotografi tutt’altro che professionisti, a volte addirittura da persone che hanno migliaia di follower; e quindi sarà meglio unire il bello al buono e portare al cliente qualcosa di anche visivamente presentabile. Per la stragrande maggioranza di chi va al ristorante, la prassi consolidata è leggere il menu, ordinare, fotografare con lo smartphone il piatto appena arrivato (intimando agli altri commensali di non azzardarsi a rovinare l’equilibrio con una forchettata, immortalando invece quello che hanno ordinato)  e dopo, solo dopo, consumare.

Viva la pizza, abbasso l’agnello

Il mantra dell’«anche l’occhio vuole la sua parte» in cucina non è certo nuovo, anche se in passato brillavano geometrie più semplici, come, per limitarsi a un esempio, il leggendario risotto oro e zafferano di Gualtiero Marchesi, mentre la tendenza attuale è assai più baroccheggiante per qualsiasi aspirante chef – per i detrattori, anche a discapito di ciò che dovrebbe essere l’obiettivo fondamentale, ovvero cucinare un piatto che soddisfi lo stomaco, oltre a mostrare il suo lato migliore e a flirtare con i filtri delle social app. Ma l’abitudine di fotografare qualsiasi cosa si mangi, perfino se non è particolarmente invitante, è ormai tanto inveterata che leggendo la classifica compilata da Lenstore sui cibi più popolari su Internet e quelli che contano più hashtag su Instagram e visualizzazioni su TikTok non si trovano opere d’arte contemporanea edibili, ma i piatti più semplici. Al primo posto su Instagram c’è la pizza, con più di cinquantanove milioni di hashtag, seguita dal gelato, dalle assai fotogeniche arance, dal sushi e dai biscotti; su TikTok vince invece il gelato, seguito dalla pizza, dal formaggio, dalla pasta e dal sushi.

Stupisce di più la classifica dei cibi meno fotogenici, che in realtà sono più elaborati (e non a caso, in gran parte a base di carne, in un mondo di vegetariani e vegani in costante aumento): agnello, braciole di maiale, sugo di carne, ma anche pollo arrosto e pollo grigliato, e perfino due guilty pleasures che fino a pochi anni fa erano amatissimi come gli anelli di cipolla e le patatine fritte non riscontrano i favori dell’obiettivo dello smartphone, forse perché simbolo di un’alimentazione poco sana e ormai superata dai gusti e dalle tendenze.

La globalizzazione del gusto, anche in Italia

Significativi anche i dati sull’Italia, Paese che vanta una delle più variegate tradizioni gastronomiche al mondo, visto il numero impressionante di cucine diverse, quelle regionali, in una nazione di dimensioni tutto sommato ridotte. Anche qui si può recuperare qualche dato interessante sulle tendenze di una cucina sempre più internazionale, non particolarmente attenta al chilometro zero e alle tipicità del territorio, ma soprattutto fotografabile, in una sorta di comunità internazionale del bello da mangiare, soprattutto per i più giovani. Non ci sono podi per spaghetti alla carbonara o trenette al pesto, per risotti alla milanese e lasagne al forno, per i tortellini in brodo o gli arancini di riso: anche in Italia, secondo le previsioni della ricerca Lenstore, nel 2025 i cibi più ricercati e fotografati saranno la pizza, il sushi, il mango (che può crescere solo in pochissime regioni d’Italia, come la Sicilia, e quindi è in massima parte importato), gli americanissimi pancakes, un altro simbolo degli Stati Uniti come la torta di mele, la cheesecake, le crêpes francesi, il gelato, i biscotti e le patate al forno. La lista, va detto, è quasi perfettamente identica per il resto del mondo, con qualche punto in più per arance, tacos, ciambelle e hamburger. Dati che farebbero mettere le mani nei capelli a qualsiasi gourmet, che forse li userebbe per dimostrare come l’onnipresenza di Internet nelle nostre vite, unita alla convenienza delle offerte di telefonia mobile, sempre più alla portata di tutti (basta guardare il comparatore di SOSTariffe.it per capirlo), abbia infiniti vantaggi ma ci porti anche a un appiattimento delle tradizioni gastronomiche, col rischio che un ventenne di Milano abbia molto più in comune, dal punto di vista culinario, con un coetaneo di Tokyo o di Los Angeles che con i suoi parenti di un’altra generazione.

Il formaggio che è colla e la cultura dell’immagine

Il trionfo dell’estetica, dunque, anche a discapito del gusto? Non per forza. C’è da ricordare che le nostre papille, per quanto siano sensibili al fenomeno del “mangiare con gli occhi”, non sono così facili da ingannare, ed è altamente improbabile che a causa dello smartphone passeremo a un’alimentazione esclusivamente a base di sushi, arance e gelato. Capire qual è la causa e qual è l’effetto – se è la cultura della fotografia onnipresente ad aver influenzato i nostri gusti, o semplicemente se fotografiamo quello che mangiamo in base a cambiamenti che sono già avvenuti per una sorta di globalizzazione del gusto – non è semplice, ed è probabile che siano vere entrambe le cose. Dalla parte dello smartphone, con buona pace di chi alla tecnologia continua a guardare con sospetto, stanno anche tutte le altre app che aiutano ad avere un’alimentazione più consapevole, magari con un profilo nutrizionale completo del piatto che abbiamo davanti, con un calcolo delle calorie che – se non si tramuta in ossessione, come purtroppo capita ancora spesso – può aiutare a nutrirci in maniera corretta. L’importante è che ci si ricordi della differenza tra apparenza e realtà, visto che come qualsiasi fotografo sa bene la mozzarella filante dalla pizza che ci fa venire l’acquolina in bocca negli scatti professionali, in realtà, è letteralmente colla: perché l’immagine ha il solo scopo di rappresentare il prodotto.