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Giustizia francese contro Twitter: renda pubblici i suoi piani contro odio e razzismo online (perché non funzionano)

Il Tribunale di Parigi si è espresso contro Twitter rispondendo positivamente ad un’azione collettiva di diverse associazioni per i diritti civili che accusavano il social media di scarsa efficacia delle sue azioni e degli strumenti impiegati contro razzismo e omofobia in rete.

La sentenza di ieri obbliga il gigante tecnologico di San Francisco a rendere pubblici entro due mesi i propri piani per il contrasto all’odio, al bullismo e alle discriminazioni di genere sulla propria piattaforma.

La società dovrà quindi fornire all’accusa, che rappresenta diverse associazioni antirazziste e per i diritti civili (come SOS Racisme, la lega internazionale contro il razzismo e l’antisemitismo, e SOS Homophobie, la lega contro l’omofobia), ogni tipo di documento sia utile alla valutazione dell’efficacia del suo impegno in queste fondamentali battaglie di civiltà e democrazia.

Non solo materiale di qualsiasi natura, amministrativo, contrattuale, tecnico o commerciale, ma dovrà rendere pubblico, ad esempio, anche il numero di persone che ha impiegato in queste attività e la tipologia di strumenti tecnologici sfruttati.

Dovrà fornire, inoltre, dati sul come il suo personale ha trattato le richieste di intervento, sul come ha risposto (anche in quale lingua), sul numero delle segnalazioni raccolte, sui criteri adottati nella selezione, sul tipo di azioni intraprese e sul trattamento dei dati (ovviamente in chiave privacy).

Proprio lo scorso 30 giugno, la Procura di Parigi ha avviato un’indagine avente oggetto i messaggi razzisti inviati via Twitter ad alcuni giocatori della nazionale di calcio francese dopo l’eliminazione ai rigori con la nazionale svizzera ad Euro 2020.

Ricordiamo che da maggio 2016 la Commissione europea ha adottato un codice di condotta a cui hanno aderito Facebook, Twitter, Microsoft, YouTube e da pochi giorni anche LinkedIn, per prevenire e contrastare la diffusone di linguaggi e messaggi di odio ed incitamento all’odio, di disinformazione, bullismo e discriminazione/razzismo.

Secondo i dati di giugno 2020 (quinta valutazione), tutte le società coinvolte hanno valutato almeno il 90% dei contenuti offensivi segnalati entro le 24 ore dalla notifica, mentre nel 71% dei casi si è proceduto alla loro eliminazione.

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