nota diplomatica

Giocare per soldi, davvero le lotterie nazionali regalano sogni?

di James Hansen |

Il volume di soldi mosso dalle lotterie è impressionante. Novanta paesi operano direttamente o indirettamente una lotteria nazionale, una maniera indolore per raccogliere quattrini che servono alla finanza pubblica.

Novanta paesi—metà mondo—operano direttamente o indirettamente una lotteria nazionale. I motivi sono essenzialmente due: sono una maniera indolore per raccogliere quattrini che servono alla finanza pubblica e—altrettanto importante—se non lo facesse lo Stato, lo farebbe qualcun altro. La categoria d’eccezione è quella dei paesi islamici. Il Corano vieta i giochi a premi dove l’esito dipenda dal caso: l’aleatorietà sarebbe una “falla” attraverso la quale Satana può infilarsi nel mondo e incrinare la corretta moralità.

Il volume di soldi mosso dalle lotterie è impressionante. Il più grande montepremi che la storia conosca è stato di 1.586,4 milioni—oltre un miliardo e mezzo di dollari—uscito a favore di tre biglietti vincenti della lotteria Usa Powerball all’inizio del 2016. Mentre i sistemi di tassazione progressiva si pregiano degli effetti ridistributivi, le lotterie—che fanno esattamente questo—esistono invece in una sorta di bolla temporale dove perlopiù regna la semplice avidità di una volta.

Più spesso, la dinamica dei montepremi è calibrata per generare—aldilà delle piccole vincite “d’incoraggiamento”—dei valori stratosferici che possano scatenare frenesie mediatiche. Poche ma grandissime vincite è la tipica strategia commerciale delle lotterie americane e anche del SuperEnalotto italiano che, nel 2009, ha pagato un unico biglietto da 147,8 milioni di euro, il record assoluto europeo.

Non è però l’unica strada. La National Lottery inglese è congegnata per creare, piuttosto che pochi ricconi, tanti “semplici” milionari (dal milione di sterline all’insù) tra la popolazione—esattamente 5mila al 25 maggio secondo la Camelot, che gestisce la concessione governativa dal 1994. Un altro aspetto dell’interazione delle lotterie con la società circostante riguarda il sostegno alle opere “socialmente utili”, una costante fin dai tempi più antichi, quando le lotterie erano spesso condotte una tantum a favore di progetti specifici. I più vecchi esemplari conosciuti di biglietti per un’estrazione pubblica furono emessi in Cina per la costruzione della Grande Muraglia. Molti governi utilizzano una quota degli introiti per interventi ad hoc a favore di iniziative di vario tipo che “hanno da essere sponsorizzate”, spesso senza un piano preciso. Anche qui la formula inglese è interessante.

Anziché pochi progetti di bassa cucina da una parte e di galà vistosi dall’altra, tutti gestiti dall’amministrazione centrale dello Stato, è la National Lottery Distribution Fund (NLDF) a somministrare i fondi, spesso per piccole iniziative a livello di quartiere. Il 70% dei finanziamenti, molto numerosi, sono al di sotto delle 10mila sterline. Un tipico progetto è stato quello per il riordino di 800 parchi pubblici come destinazioni per i picnic. Il “Lotto” inglese ha finora distribuito oltre 37 miliardi di sterline (€42 miliardi) per “good causes”, “opere di bene”: il 40% per i temi di salute, educazione, ambiente e opere umanitarie, il 20% ciascuno allo sport, all’arte e cultura, e alla conservazione.

In Inghilterra metà della popolazione “investe” settimanalmente nella lotteria attraverso una delle sue molto formule. Leighton Williams, un esperto del settore gioco alla Nottingham Business School, dice che i consumatori: “Non la vedono alla stregua di una scommessa. È percepita come l’acquisto di un sogno”, magari uno che fa del bene a qualcuno.

*Nota Diplomatica ‘Giocare per soldi’ di James Hansen.