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Gas liquefatto, impennata della spesa globale a 42 miliardi di dollari entro il 2024

L’emergenza energetica e il boom del Gnl

La guerra in Ucraina sta mettendo in crisi il mercato energetico mondiale. Non ne è la causa diretta, perché già a fine 2020 si prospettava un’emergenza energetica alle porte, con un primo rincaro delle materie prime sui mercati internazionali, tra cui il gas, ma di certo ha peggiorato e di molto la situazione, rendendo concreto per moltissimi Paesi uno scenario di scarsità.

Ne è derivata una corsa agli accaparramenti delle risorse energetiche che vede l’Europa impegnata a trovare nuovi contratti di fornitura, sia in Africa, sia in Medio Oriente e oltre (dagli Stati Uniti alla stessa Cina).

Non solamente gas metano, ma anche gas naturale liquefatto (Gnl), considerato da alcuni Governi europei, tra cui l’Italia, l’unica strada percorribile per assicurarsi una crescente autonomia dalla Russia e per raggiungere i livelli di stoccaggio nazionali al 90% entro il mese di ottobre.

Il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, ha disposto, tramite il Piano nazionale di contenimento dei consumi di gas naturale, la realizzazione di due nuovi rigassificatori entro il 2024. Sullo stesso solco si è mosso anche il ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili, con interventi per oltre 200 milioni di euro.

Secondo il Piano nazionale il nostro Paese dovrebbe contare su un totale di 31,6 miliardi Smc di gas liquefatto entro il 2025, ottenuto da diversi fornitori globali, tra cui Congo, Angola, Qatar, Egitto, Nigeria, Indonesia, Mozambico, Libia.

La spesa mondiale in gas liquefatto

Proprio per il 2024 si stima che gli investimenti mondiali in Gnl dovrebbero raggiungere i 42 miliardi di dollari, secondo stime Rystad Energy.

Un picco di spesa 20 volte più grande rispetto ai livelli del 2020, a conferma dell’impennata della domanda internazionale di questa risorsa energetica divenuta così strategica in questo momento storico.

Tendenzialmente il trend non dovrebbe crescere ulteriormente, secondo il Rapporto.

La spesa per progetti GNL quest’anno e il prossimo rimarrà relativamente stabile, con 28 miliardi di dollari fissati per il 2021 e 27 miliardi per il 2022.

Gli investimenti annunciati per il 2023 mostreranno un modesto aumento, avvicinandosi a 32 miliardi di dollari, prima di raggiungere il picco di 42 miliardi atteso nel 2024. Successivamente, gli investimenti diminuiranno e si riporteranno vicino ai livelli del 2020, per raggiungere i 2,3 miliardi di dollari nel 2029.

Crescita della domanda

In termini di domanda globale di Gnl, si dovrebbe registrare un aumento del 12,5% da qui al 2030, da circa 4 trilioni di metri cubi (Tcm) a circa 4,5.

La domanda di gas nelle Americhe rimarrà relativamente stabile fino al 2030. Al contrario, sulla scia della forte crescita economica e delle politiche governative favorevoli al gas, la domanda regionale in Asia e nel Pacifico aumenterà, crescendo del 30% da quasi 900 miliardi di metri cubi a circa 1,16 Tcm entro il 2030.

Le Americhe, principalmente gli Stati Uniti, rappresenteranno il 30% della domanda cumulativa di gas entro il 2030, mentre l’Asia-Pacifico rappresenterà il 25%.

L’Italia lavora all’autonomia energetica

In un’intervista a Radio 24, riportata da Teleborsa, Cingolani ha dichiarato che per gli stoccaggi di gas “siamo fra l’84-85%, come noto dobbiamo arrivare al 90% a ottobre: siamo perfettamente puntuali, anche leggermente in anticipo“.

Per combattere il caro energia che tanto spaventa famiglie e imprese, il ministro ha spiegato che è sul tavolo del Governo un possibile provvedimento per “mettere a disposizione delle aziende che stanno soffrendo una certa quantità di gas a prezzo controllato“.

Per far questo, però, è necessario aumentare il livello di estrazione di gas in Italia di 4-5 miliardi di metri cubi su giacimenti esistenti.

Che ne sarà della decarbonizzazione?

Una decisione che consentirebbe al nostro Paese, secondo Cingolani, di poter contare su una buona quantità di gas a prezzo contenuto.

La misura va verso l’obiettivo di rafforzare la nostra autonomia energetica e per questo andrà votata in Parlamento. Rimane il problema della sostenibilità ambientale e dei piani di transizione ecologica che per anni sono stati annunciati e in parte avviati.

Nei piani del Governo lo sviluppo delle fonti rinnovabili rimane infatti un fattore strategico, è scritto nel Piano, in quanto consente di ridurre in modo strutturale la domanda di gas (nella misura di circa 2 miliardi di Smc ogni 10 TW circa installati) oltre che le emissioni di CO2.
Previsto lo sviluppo di impianti per la produzione di energia elettrica rinnovabile offshore e onshore, per circa 8 GW l’anno a regime dal 2023.

Secondo gli ultimi dati relativi alla potenza rinnovabile neo autorizzata e/o vincitrice di asta con il GSE, sono attesi in esercizio + 9,3 GW tra 2022 e 2023 di cui 7 GW tra gennaio 2022 e marzo 2023.

Basteranno queste misure? Che ne sarà degli obiettivi di decarbonizzazione? Perché non puntare maggiormente sulle rinnovabili? Come rendere più trasparente e democratica la questione energetica nel nostro Paese? Domande che rimangono appese al voto del 25 settembre e soprattutto alle priorità del nuovo Governo che verrà. In verità è possibile fare molto di più su questo versante, sia per la sostenibilità ambientale, sia per la salute nostra e del pianeta.

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