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Gas: in Europa quarta settimana di rialzo dei prezzi, in Asia +150%

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Il costo del gas naturale non accenna a frenare la sua corsa in Europa e siamo a 208 euro per MWh, in aumento del 3% quasi in sole 24 ore. Il Giappone lancia l’allarme in Asia e inizia un’altra corsa forsennata agli approvvigionamenti che potrebbe generare un’impennata fuori controllo dei prezzi.

Cresce ancora il prezzo del gas in Europa

Il prezzo del gas naturale in Europa non accenna a frenare la sua corsa al rialzo. Secondo Bloomberg siamo alla quarta settimana di crescita, mentre gli Stati dell’Unione europea si preparano ad affrontare un autunno/inverno 2022/2023 in piena incertezza, in termini di sicurezza degli approvvigionamenti e di tenuta economica.

Oggi sul mercato di Amsterdam è quotato oltre 208 euro per MWh, circa 10 volte di più rispetto il prezzo medio degli ultimi cinque anni.

I contratti futures sul gas naturale sono stati rivisti in aumento del 6% e in molti temono una tendenza al peggioramento del mercato di riferimento già a settembre.

Lo stoccaggio strategico del combustibile fossile va a rilento in molti Stati, con la Germania al 71% e l’Italia al 74% circa, mentre l’obiettivo del 90% e oltre per novembre 2022 sembra difficile da raggiunge viste le difficoltà attuali.

Le forniture Gazprom sono scese al 20% della capacità del Nord Stream 1 e sembra che questo sarà il livello dei flussi per le prossime settimane. Un dato critico, perché gran parte di questo gas serve alle industrie e al mantenimento dell’economia, non certo per lo stoccaggio.

La Germania sorvegliato speciale

La Germania è certamente il sorvegliato speciale numero uno in questo momento. Il Paese dipende enormemente dalle forniture russe e nonostante la ricerca di altre fonti di approvvigionamento è difficile rimpiazzare in pochi mesi il 45% delle importazioni da Mosca.

Non a caso l’Unione europea ha dato il via ad un piano di riduzione dei consumi per far fronte all’emergenza.

I cambiamenti climatici stanno trasformando il nostro ambiente e i fenomeni meteorologici di questa estate confermano i rischi di una trasformazione a cui non siamo nemmeno lontanamente preparati.

La siccità e le ondate di calore continue stanno prosciugando fiumi e laghi in diversi Paesi europei. il Reno in Germania sta diminuendo rapidamente la propria portata, tanto da non risultare più navigabile da imbarcazioni commerciali lungo diverse tratte.

Questo potrebbe bloccare già nei prossimi giorni il commercio fluviale di diversi prodotti fondamentali per l’industria tedesca, tra cui quelli energetici, carbone e diesel ad esempio, con la reale possibilità di registrare un’ulteriore impennata della domanda di gas nelle prossime settimane.

L’Asia entra in fibrillazione, il Giappone corre all’accaparramento del gas

Anche in Asia sta iniziando una nuova fase di alta volatilità dei prezzi del gas. Dopo la crisi di marzo, dovuta all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, l’instabilità del mercato è stata riassorbita abbastanza rapidamente, ma la corsa agli approvvigionamenti strategici per affrontare in sicurezza l’inverno imminente sta facendo rialzare di nuovo il costo del combustibile fossile tanto ricercato.

A quanto riportato da Bloomberg, sono il Giappone e la Corea del Sud che in questo momento sta facendo fibrillare il mercato asiatico. Il Governo di Tokyo avrebbe spinto gli enti pubblici nazionali ad aumentare la domanda di gas per lo stoccaggio di riserva, spiegando che il rischio di scarsità della risorsa è più che reale.

Tutti ora temono la mancanza di gas in vista dei lunghi mesi invernali dell’emisfero boreale. Sostanzialmente si sta speculando su una possibile concorrenza agguerrita tra Europa ed estremo oriente per accaparrarsi le maggiori forniture, compreso il gas liquido (Gnl).

Secondo Standard & Poor’s Global, il prezzo del gas in Asia sul benchmark del GNL – spot asiatico (JKM) – ha raggiunto e superato in questi giorni i 50 dollari BTU (British thermal unit, unità di misura dell’energia, usata negli Stati Uniti e nel Regno Unito), il 150% in più rispetto al valore di maggio (sui 20 dollari BTU).

Concorrenza continentale e spinta al rialzo generale dei prezzi

Negli ultimi mesi, secondo un approfondimento dell’Ispi, “l’aumento dei prezzi in Europa ha incentivato i venditori a dirottare sul nostro continente i carichi di GNL. I differenziali erano talmente elevati da garantire un profitto anche pagando la penale per interrompere contratti di fornitura a lungo termine con i paesi asiatici”.

Pur di assicurarsi forniture sufficienti per superare il prossimo inverno, “in Asia è così iniziata la gara al rialzo”, mentre “il vertiginoso aumento dei prezzi sta spingendo le economie più deboli fuori dal mercato”, come nel caso di Pakistan e Thailandia, che secondo gli esperti stanno faticando ad assicurarsi dei carichi sufficienti, mentre il Bangladesh rischia fino a tre anni di interruzioni di corrente.