Relazione annuale

Garante Privacy, fra pandemia e strapotere del digitale ‘E’ una stagione costituente per i diritti’

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Il Garante Privacy presenta la relazione annuale alla Camera: un anno vissuto pericolosamente fra troppe deroghe ai diritti fondamentali in nome dell'emergenza sanitaria e l'aumento esponenziale delle minacce cyber.

Un primo anno in carica molto intenso e vissuto in prima linea per il nuovo collegio dell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali (composta da Pasquale Stanzione, Ginevra Cerrina Feroni, Agostino Ghiglia e Guido Scorza), che oggi nella relazione annuale illustrata alla Camera dei Deputati è partito da un punto fermo: il diritto alla riservatezza e alla tutela dei dati personali dell’individuo è ancor più importante al giorno d’oggi, dopo le deroghe alle nostre libertà personali messe a dura prova dalla pandemia e dal crescente ruolo della dimensione digitale nelle nostre vite.

E’ stato un anno vissuto pericolosamente per il Garante, alle prese con il rischio di crescenti abusi nel controllo dei dati sanitari dei cittadini – si pensi al caso Green Pass e prima ancora alla app Immuni – e l’invasione della privacy dei minori (vedi il caso Tik Tok). Un anno in cui la minaccia cyber è cresciuta ancora di livello, il telemarketing è ancora cresciuto così come il cyberbullismo e fenomeni odiosi come il revenge porn. Insomma, un anno difficile per il Garante, che tuttavia non si tira indietro e spinge per una regolamentazione dell’intelligenza Artificiale e un controllo del rischio telesorveglianza da parte dei datori di lavoro, che cresce di pari passo con la maggiore diffusione dello smart working e di quel caporalato digitale nato con la giga economy.

Se è gratis la moneta sonante sono i nostri dati personali, un mantra che il Garante ripete ad ogni pié sospinto. La speranza è che la consapevolezza della privacy come diritto fondamentale non ceda il passo all’oblio di sé e che la tutela dei dati personali, soprattutto quelli dei minori (a proposito, le scuole in rete sono comunque a rischio e i dati degli studenti andranno adeguatamente tutelati) non venga considerata come un ostacolo.

Quel che è certo è che serve una strategia contro il pedinamento digitale dei gatekeepers della rete, la rete non può diventare una terra di nessuno, uno spazio a-nomico senza regole. L’anomia non esprime libertà, ma soltanto caos. Più tracce di noi lasciamo in rete, più ci condanniamo a servitù.    

La funzione sociale della privacy

”La funzione sociale della privacy è resa ancor più evidente in una congiuntura, come l’attuale, contraddistinta da rilevanti trasformazioni nel rapporto tra singolo e collettività, tra libertà e poteri, che rendono questa una stagione quasi costituente sotto il profilo della garanzia dei diritti”, dice il Garante Privacy Pasquale Stanzione nella Relazione annuale. ”La permanenza della condizione pandemica -spiega- ci ha insegnato a convivere con le limitazioni dei diritti, tracciando tuttavia il confine che separa la deroga dall’anomia, dimostrando come la democrazia debba saper lottare, sempre, con una mano dietro la schiena”.

No allo strapotere delle piattaforme

Il digitale è al servizio dell’uomo, come la pandemia ha dimostrato, ma ciò ha un prezzo: ”l’accentramento progressivo, in capo alle piattaforme di un potere che non è più soltanto economico, ma anche – e sempre più – performativo, sociale, persino decisionale”. E’ l’allarme lanciato dal Garante della Privacy, Pasquale Stanzione, nella relazione annuale al Parlamento.

Un potere che, secondo il presidente dell’Autorità, ”si innerva nelle strutture economico-sociali, fino a permeare quel ‘caporalato digitale’, rispetto ai lavoratori della gig economy”. 

Piattaforme indispensabili, ma serve una strategia difensiva

“La pandemia ha dimostrato l’indispensabilità dei servizi da loro forniti ma, al contempo, anche l’esigenza di una strategia difensiva rispetto al loro pervasivo ‘pedinamento digitale’, alla supremazia contrattuale, alla stessa egemonia ‘sovrastrutturale’, dunque culturale e informativa, realizzata con pubblicità mirata e microtargeting”, ha detto Pasquale Stanzione. “E’ questo il nodo di fondo del capitalismo delle piattaforme: l’esigenza di una loro cooperazione nell’impedire che la rete divenga uno spazio anomico dove impunemente si possano violare diritti, senza tuttavia ascrivere loro un ruolo arbitrale rispetto alle libertà fondamentali e al loro bilanciamento, da riservare pur sempre all’autorità pubblica“, ha poi aggiunto il Garante.

Garante, evitare rischi di monetizzazione della privacy

“Una più netta presa di coscienza del valore dei propri dati” è ” l’unico, effettivo baluardo contro il rischio della monetizzazione della privacy, che rappresenta oggi la vera questione democratica nel governo della rete”. Lo sottolinea il Garante Privacy, Pasquale Stanzione, nella Relazione annuale al Parlamento.

“Riconoscere la possibilità della remunerazione del consenso -rileva- rischia di determinare una rifeudalizzazione dei rapporti sociali, ammettendo che si possa pagare con i propri dati e, quindi, con la propria libertà”. Un “pendio scivoloso” su cui si gioca “l’identità europea” basata su libertà, dignità, eguaglianza. 

Digital Services Act e Digital Markets Act

“Su questo crinale stretto si muove il Digital Services Act (Dsa), così da introdurre forme di responsabilizzazione delle piattaforme, il cui potere di moderazione dei contenuti viene assoggettato ad obblighi di trasparenza e a rimedi impugnatori che ne consentano un sia pur minimo sindacato esterno”, ha continuato.

“L’approvazione di questo testo, oltre che del Digital Markets Act (Dma), auspicabilmente con le modifiche richieste dal Garante europeo, segnerà per ciò un passaggio importante, superando almeno in parte lo schermo immunitario che, sinora, ha reso i big tech attori egemoni – tanto quanto irresponsabili – nel contesto economico, informativo, sociale – ha precisato – Come abbiamo osservato in audizione al Senato, la responsabilizzazione delle piattaforme sarà determinante tra l’altro per contrastare la manipolazione delle notizie che, nello scorso anno, ha assunto i tratti di una vera e propria infodemia”.

“La funzione sociale della privacy è resa ancor più evidente in una congiuntura, come l’attuale, contraddistinta da rilevanti trasformazioni nel rapporto tra singolo e collettività, tra libertà e poteri, che rendono questa una stagione quasi costituente sotto il profilo della garanzia dei diritti”. “La permanenza della condizione pandemica ci ha insegnato a convivere con le limitazioni dei diritti, tracciando tuttavia il confine che separa la deroga dall’anomia, dimostrando come la democrazia debba saper lottare, sempre, con una mano dietro la schiena – continua – Ma quella della democrazia liberale contro le derive autoritarie è una vittoria da rinnovare giorno per giorno mai dandola per acquisita, come ha fatto l’Europa che ha dimostrato, anche in quest’occasione, di saper coniugare, senza contrapporle, libertà e solidarietà, sfuggendo alla tentazione delle scorciatoie tecnocratiche della biosorveglianza”.”E se la traslazione on line della vita e la funzionalizzazione, a fini sanitari, della tecnica è stata possibile senza cedere allo stato di eccezione, ciò non ha comunque potuto impedire una profonda trasformazione sociale, culturale e perfino antropologica di cui la pandemia è stata un catalizzatore, rivelando quanto sia profonda l’interrelazione tra la nostra vita e il digitale”, osserva.

Dati allarmanti su pedopornografia (+132%) e cyberbullismo (+77%)

 “Anche per effetto della telematizzazione della vita, indotta dalla pandemia, nel 2020 si è registrato un incremento di circa il 132%, rispetto al 2019 dei casi trattati dal Centro nazionale per il contrasto della pedopornografia e un aumento del 77% dei casi di vittimizzazione dei minori per grooming, cyber bullismo, furto d’identità digitale, sextorsion. Il 68% degli adolescenti risulta essere stato, nel 2020, testimone di casi di cyberbullismo (Terres des Hommes)”, ha detto Pasquale Stanzione.

“Sono dati allarmanti, che non possono non esigere un’assunzione di responsabilità collettiva rispetto a soggetti, quali i minori, le cui vulnerabilità possono renderli le vittime elettive delle distorsioni del web”, ha aggiunto.

PNRR, privacy centrale per le riforme

“Le riforme indicate dal Pnrr, tra le quali l’innovazione digitale occupa, comprensibilmente, una posizione centrale, devono essere realizzate considerando anche, tra i parametri essenziali, la protezione dei dati, quale fattore di vantaggio competitivo per il sistema-Paese e, assieme, presupposto di legittimazione”, ha detto.

“Inscrivere nel processo riformatore adeguate garanzie per la privacy vuol dire, infatti, infondere nei cittadini fiducia nell’operato delle pubbliche amministrazioni e, ad un tempo, favorire un’innovazione ‘sicura’ e, per ciò, competitiva perché scevra da rischi, oltre che non regressiva in termini di diritti e di libertà”, ha proseguito.

Tutela dei vulnerabili

‘Proprio la tutela delle persone vulnerabili ”ha rappresentato il tratto caratterizzante l’attività del Garante in questo primo anno”, dice il presidente dell’Autorità.”La protezione dei dati può rappresentare, infatti, un prezioso strumento di difesa della persona da vecchie e nuove discriminazioni e di riequilibrio dei rapporti sociali”, aggiunge.

”In questo senso, la protezione dei dati si sta dimostrando anche e sempre più determinante per un governo sostenibile della tecnica; perché la democrazia non degeneri, in altri termini, in algocrazia”.

Relazione annuale 2020 scarica il PDF