L'emendamento

Garante Privacy da 4 a 5 membri? Regole cambiate in corsa per una poltrona in più

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Fa discutere l’emendamento a firma dei senatori Rossella Accòto (M5S) e Dario Stefàno (PD), relatori della legge di bilancio, che propone di portare da 4 a 5 i componenti del Garante Privacy in corso d'opera.

Fa discutere l’emendamento a firma dei senatori Rossella Accòto (M5S) e Dario Stefàno (PD), relatori della legge di bilancio, che propone di portare da 4 a 5 i componenti del Garante Privacy, lasciando la nomina del presidente al Presidente della Repubblica, previa delibera del Cdm . Una proposta scorretta, a curriculum dei candidati già presentati da tempo, per cambiare le regole di governance a partita in corso. Una proposta che scompagina l’iter di elezione del Garante Privacy e che aumenta le poltrone, in barba alle ripetute promesse del Governo di volerle tagliare.

Per consentire di votare la proposta in Parlamento, c’è poi un ulteriore aggravio per il mondo del digitale, vale a dire la terza proroga dei vertici del Garante Privacy e dell’Agcom fino al 31 gennaio 2020. Insomma, le due authority di riferimento per il mondo restano ancora azzoppate, e ancora potranno sbrigare soltanto gli affari correnti.

Di fatto, l’emendamento propone di rinviare al 31 gennaio del prossimo anno, il 2020, la scadenza degli attuali vertici del Garante della privacy e dell’Agcom: è quanto prevede un emendamento dei relatori alla manovra (Accòto del M5S e Stefàno del Pd) presentato in commissione Bilancio al Senato. Con due diversi decreti legge tra agosto e settembre erano state prorogate le funzioni “limitatamente agli atti di ordinaria amministrazione e a quelli indifferibili e urgenti” per entrambe le autorità: il termine ultimo fissato era quello del 31 dicembre 2019.

Il testo dell’emendamento

I relatori richiedono inoltre di cambiare la governance del Garante per la privacy, con il passaggio del Collegio da 4 a 5 componenti e che il presidente sia “nominato con decreto del Presidente della Repubblica, previa delibera” del Cdm. Nomine che però non possono diventare effettive in assenza di un parere positivo da parte delle commissioni parlamentari a maggioranza dei due terzi dei propri membri.

“I componenti – si legge – sono eletti due dalla Camera dei deputati e due dal Senato della Repubblica con voto limitato e sono nominati con decreto del presidente della Repubblica”. Per garantire la continuità della governace dell’Autorità “per i soli atti di ordinaria amministrazione e di quelli indifferibili e urgenti”, nelle more dell’elezione del nuovo presidente, le funzioni di presidente sono svolte “dal componente del Collegio eletto che abbia ottenuto in percentuale il maggior numero di voti in sede di elezioni da parte del Parlamento e in caso di parità dal componente più anziano”.