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Games. Talking Tom, la superstar mobile che non ti aspetti

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Talking Tom, il gatto parlante con una passionaccia per le funzioni corporee più rumorose che è stata la più importante proprietà intellettuale tra i giochi mobili della passata decade.

Rubrica settimanale SosTech, frutto della collaborazione tra Key4biz e SosTariffe. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui.

Star Wars. L’universo Marvel. Il Signore degli Anelli. Harry Potter. Pokémon, le principesse Disney, Topolino. I media franchise più famosi del mondo fatturano ogni anno decine di miliardi di dollari e ci bombardano nei formati più vari, dal film alla serie Netflix al videogame alla collana di libri. Sono autentico ossigeno per i produttori e gli studi che ne detengono i diritti, nella sempre più affilata sfida per lo streaming, e i loro protagonisti sono volti familiari anche per chi non ne vuole proprio sapere. Perché è difficile, molto difficile, sfuggire ai figli che vogliono incollarsi davanti all’iPad per due ore a guardare Peppa Pig o Bob il Treno, ma anche all’amico che sa recitare a memoria le razze di tutti gli alieni nei bar di Tatooine in Guerre stellari e derivati, e perfino agli insospettabili professionisti che nella mezz’ora di pausa pranzo tra una call di lavoro e l’altra tirano fuori lo smartphone e cominciano ad agitarlo per aria, perché gira voce che ci sia un Mesprit da catturare con Pokémon Go in sala riunioni.

Poi, però, ci sono anche le star insospettabili. Ad esempio i protagonisti di app che hai visto distrattamente mentre compulsavi le classifiche di quelle più scaricate sull’App Store o sul Play Store, ma di cui non sai nulla, nemmeno che fatturano centinaia di milioni di dollari l’anno. Come il più insospettabile di tutti: Talking Tom, il gatto parlante con una passionaccia per le funzioni corporee più rumorose che è stata la più importante proprietà intellettuale tra i giochi mobili della passata decade.

Tom e i suoi (tanti) amici

Sì, Talking Tom, protagonista di un approfondimento che ne studia i numeri su data.ai e che è in cima ininterrottamente da dieci anni come numero di download tra le IP mobili mondiali. Più di Candy Crush Saga, più di Angry Birds, più di Piante contro Zombi, più di Minecraft e di Fortnite. Un gatto-tamagotchi di cui ci si deve prendere cura, la cui qualità principale è ripetere con una voce stridula le frasi che gli vengono rivolte, che è celebre per le sue flatulenze (“Mi piacerebbe potesse anche fare i rutti”, implora un utente in una sua recensione a cinque stelle) e che soprattutto si è moltiplicato, a partire dal 2010 quando è comparso per la prima volta negli store di app mobili.

Talking Tom, poi Talking Gina (la giraffa), Talking Ben (il cane), l’inevitabile Talking Tom 2, Talking News 2(Tom e Ben che s’improvvisano mezzibusti), Talking Pierre (il pappagallo), Tom’s love letters, Tom Loves Angela(compare la fidanzata), Talking Ginger (il gattino), Talking Angela (la fidanzata conquista il suo spazio), Talking Ginger 2, My Talking Tom (che segna il passaggio dalla semplice ripetizione di frasi al vero e proprio virtual pet), My Talking Angela – l’elenco va avanti ancora per una buona ventina di titoli, ma il senso è chiaro: trovata la miniera d’oro, si è continuato a scavare, e con ottimi risultati. Naturalmente sono spuntati gli altri media: una web series, Talking Friends, un programma tv, Talking Tom and Friends, un’altra serie web per YouTube, Talking Tom Shorts, e non poteva mancare l’ennesima serie dove i protagonisti sono supereroi, Talking Tom Heroes: Suddenly Super (non stupiamoci se prima o poi il gatto Tom e i suoi amici dovranno gettare un anello in un vulcano, frequentare una scuola di magia o salvare la galassia da un tizio inquietante con un casco nero in testa).

Dai cristalli curativi al gatto parlante

Appoggiandosi alla nuova età dell’oro della telefonia mobile inaugurata dagli smartphone (le cui offerte più convenienti, oggi, si possono trovare su SOSTariffe.it), il gatto parlante quindi ha avuto un successo travolgente fin da subito: il primo Talking Tom è arrivato dopo soli tre anni dall’introduzione degli iPhone, ed è stata una delle prime app a comparire nel negozio. Oggi i giochi della serie hanno totalizzato più di 10 miliardi di download, sancendo il successo del gioco e dei suoi seguiti come l’universo di maggior successo nella storia del gaming mobile. La cosa impressionante è che man mano che sono usciti i nuovi titoli, gli utenti dei primi non li hanno abbandonati, anzi, hanno continuato a giocarci, e la base si è via via ampliata. Ogni mese 470 milioni di utenti interagiscono in qualche modo con un gioco della serie, e tutti i possibili concorrenti vengono sbaragliati dall’allegro zoo di Tom.

Anche la storia di Outfit7, la startup che ha creato Talking Tom, è peculiare. Dietro ci sono due sviluppatori sloveni fidanzati fin dal liceo e studenti di informatica (Samo e Iza Login: sì, si sono cambiati il cognome legalmente per farlo suonare più tecnologico) che sono entrati nel business delle app l’anno dopo l’annuncio dell’apertura dello store da parte di Steve Jobs, e servendosi di 250.000 dollari risparmiati dai loro lavori nel settore, insieme a sei amici hanno fondato il loro studio a Lubiana, provando diversi progetti (un’app dedicata al calcio, una guida turistica per l’Islanda, un’app finanziaria motivazionale, perfino una dedicata ai cristalli curativi) prima di trovare la gallina dalle uova d’oro, appunto Talking Tom.

Talking Tom: si può replicare una simile success story?

Il resto è facilmente intuibile: i due sono diventati miliardari, grazie alla vendita nel 2017 dell’azienda per un miliardo di dollari (da zero a un miliardo, in sette anni) alla megacorporazione cinese Zhejiang Jinke Peroxide Company, che produceva perossidi ma che aveva deciso di ampliare il suo raggio d’azione (Samo è rimasto direttore della compagnia, Iza è consigliera). Negli ultimi anni si sono dedicati alle tipiche cose dei nuovi ricchissimi del mondo tech, ovvero fondazioni benefiche, gigantesco ranch in Serbia con allevamento e coltivazione sostenibili, libro dedicato agli altri aspiranti startupper che sognano di arrivare a un risultato pari a una mera frazione di quello che i due imprenditori sloveni sono riusciti a creare dal nulla. Con un gatto parlante, che ripete con voce stridula quello che gli viene detto ed emette flatulenze se opportunamente sollecitato: l’idea geniale che sembra tale solo quando si guardano i bilanci a una decina di anni di distanza.