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Galileo: in orbita altri due satelliti del ‘GPS’ europeo. Ma ne mancano ancora 20

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Sale a 10 il numero di satelliti Galileo in orbita. Ma per la piena operatività del sistema che dovrebbe affrancare l'Europa dalla dipendenza del GPS si dovrà attendere il 2020.

Prosegue la messa in orbita dei satelliti che andranno a rendere operativo il sistema di radionavigazione satellitare europeo Galileo: stamattina alle 04:08 ora italiana, i satelliti 9 e 10 del programma spaziale sono stati lanciati con successo con un vettore Soyuz, dallo spazioporto europeo di Kourou, in Guyana francese.

L’operazione è perfettamente riuscita e i satelliti, informa l’Agenzia Spaziale Europa, sono stati rilasciati nell’orbita prevista, a circa 23.500 km di altitudine, circa 3 ore e 48 minuti dopo il lancio.

Entro la fine del 2015 saranno messi in orbita altri due satelliti, che hanno completato le fasi di test nei Paesi Bassi. Altri satelliti sono attualmente in produzione alla OHB di Brema, Germania, con gli strumenti di navigazione forniti dalla Surrey Technology Ltd nel Regno Unito, che a sua volta utilizza elementi provenienti da tutta Europa.

Il contributo dell’Italia è garantito da Telespazio, che ha realizzato presso il Centro Spaziale del Fucino uno dei due centri di controllo che gestiscono la costellazione e la missione del programma e, attraverso la joint venture Spaceopal, è responsabile delle operazioni e della logistica integrata dell’intero sistema garantendo la gestione e il coordinamento dei servizi.

Dopo un avvio a singhiozzo e una serie di ritardi che hanno seriamente messo in discussione l’esito del programma, il sistema di navigazione satellitare che dovrebbe affrancare l’Europa dalla dipendenza dal GPS americano – composto da 30 satelliti – sembra aver preso davvero l’orbita giusta, con la produzione dei satelliti che ha raggiunto un ritmo regolare e con tutti i test svolti sinora che hanno dato risultati positivi.

Per il prossimo anno è, inoltre, prevista l’entrata in funzione di uno speciale lanciatore Ariane 5 appositamente progettato che permetterà di raddoppiare, da due a quattro, il numero dei satelliti che possono essere inseriti in orbita con un solo lancio.

Quel che è certo è che l’Europa ora non può più perdere tempo, visto che lo sviluppo del sistema viaggia con oltre 10 anni di ritardo sull’iniziale tabella di marcia: il lancio dei primi satelliti della costellazione Galileo era previsto per il 2006 con l’obiettivo di averli tutti e 30 in orbita entro il 2008. Il lancio, però, è stato più volte rimandato per essere realizzato, infine, nell’ottobre del 2011, con la previsione di mandare in orbita un totale di 22 satelliti entro il 2017/18. Dieci anni in ritardo sul previsto.
La lievitazione dei costi è una delle cause principali di questo enorme ritardo: rispetto ai 3,4 miliardi stanziati inizialmente, si prevedono costi aggiuntivi per circa 2 miliardi nel periodo 2014-2020 per completare le infrastrutture, a cui si dovranno aggiungere i costi di gestione stimati in circa 800 milioni di euro all’anno. Senza contare che i costi per la costruzione del sistema, che prima dovevano essere suddivisi tra pubblico e privato, sono caduti infine tutti sulle spalle del settore pubblico, alla luce del fallimento del negoziato col consorzio concessionario del sistema, composto da 8 aziende: Finmeccanica, AENA, Alcatel, EADS, Hispasat, Immarsat, TeleOp e Thales.

Costi che la Ue prevede comunque di ammortizzare senza troppa fatica, viste le grandi potenzialità del mercato dei servizi satellitari, che nel 2013 ha raggiunto un valore di 175 miliardi di euro e dovrebbe arrivare a 237 miliardi nel 2020, con sostanziali benefici su diversi settori dell’economia: dai trasporti marittimi, aerei e terrestri alle operazioni di soccorso e salvataggio e all’agricoltura.