Sovranità digitale

Gaia-X, partenza in salita ma strada obbligata per l’indipendenza del Cloud europeo

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Il progetto Gaia-X per la creazione di una piattaforma europea per un Cloud indipendente parte in ritardo rispetto ai grandi player americani ed asiatici ma è una strada obbligata per la difesa di cittadini e aziende della Ue.

Tutte le informazioni che riguardano le nostre vite, dai nostri dati bancari alle nostre cartelle cliniche, passando per i dati industriali e persino tutti i documenti degli Stati, sono conservati su server in enormi data center di proprietà di grandi tech company americane come Amazon, Microsoft e Google o cinesi come Alibaba. L’Europa sta tentando di reagire a questo gap tecnologico, che la vede dipendere da questi grandi gruppi etra Ue per la gestione del Cloud e la conservazione dei suoi dati e per questo ha lanciato la piattaforma Gaia-X, nata sull’asse franco-tedesco e promosso da 22 aziende (11 tedesche e 11 francesi) e presentata ufficialmente in conferenza stampa congiunta dai ministri dell’Economia di Berlino Peter Altmaier e di Parigi Bruno Lemaire lo scorso 4 giugno.

I dati, il vero petrolio del 21esimo secolo

La ricchezza del ventunesimo secolo, come scrive El Pais, risiede tutta in questi dati, che sono il nuovo petrolio delle nostre economie sempre più digitali e globalizzate, e l’Europa non vuole che i suoi dati siano nelle mani di queste grandi aziende Big Tech.  

Sovranità digitale

Per evitare questa dipendenza tecnologica da altri paesi fuori dall’area Ue, l’Europa ha sposato negli ultimi anni il principio della cosiddetta “sovranità digitale” varando nuove leggi e regole, come ad esempio il GDPR (General Data Protection Regulation) e spingendo (finalmente) verso l’adozione di un regime fiscale armonizzato che imponga ai big extra Ue della Rete di pagare le tasse dovute nei paesi europei dove generano il loro fatturato e dove hanno i loro clienti e non più dove hanno la loro sede legale con regimi fiscali di favore.  

Gaia-X è un altro passo in questa direzione

A questo percorso di affrancamento dalle Big Company extra ue avviato da tempo in Europa, e pienamente adottato dal nuovo corso della Commissione di Ursula von Der Leyen e del commissario per il Mercato interno e l’industria Thierry Breton, si aggiunge il progetto Gaia-X, l’organizzazione no profit con sede in Belgio che si propone come l’alternativa europea per i servizi di cloud computing.

Per saperne di più: vedi il video del cloud provider francese OVHcloud, una delle aziende di Gaia-X.

Presentation of the French-German Demonstrator for a Cross EU Sovereign Cloud

Al momento si sa poco di Gaia-X

Si sa che non sarà né un nuovo operatore né un data center, ma piuttosto una piattaforma che consentirà a diversi provider di offirre servizi cloud a patto che rispondano ai criteri e agli standard di qualità previsti dalla normativa europea.  

La piattaforma franco-tedesca coinvolge 22 aziende fra cui SAP, Siemens, Bosch, Atos, Orange, OVHcloud e le spagnole Amadeus e Gigas. Comincerà a offrire i primi servizi nel 2021.

Il GDPR della Ue contrastato dal Cloud Act americano

Finora, tutti i tentativi europei di contrastare il potere delle grandi Big Tech non hanno avuto successo. Anche il GDPR, accolto molto positivamente e dal quale ci si aspettava un argine forte all’invasività delle grandi compagini extra Ue della rete, è stato contrastato da un’altra legge americana, il Cloud Act, approvata dal Congresso usa nel 2018 che di fatto consente alle aziende statunitensi di dare l’accesso ai dati dei loro clienti, senza bisogno di notifica, in caso di richiesta da parte delle autorità giudiziarie americane. In altre parole, in base al Cloud Act, tutti i dati, anche quelli dei cittadini europei, conservati nei data center delle grandi compagnie americane possono essere consultati dalle autorità americane per ragioni di sicurezza.

Hyperscaler americani dominanti

Cloud e data center sono oggi elementi fondamentali negli ecosistemi digitali perché consentono la distribuzione e l’hyperscale dello storage e la capacità di computazione dei server locali. Oggi come oggi, non c’è alcuna alternativa europea ai grandi “hyperscaler” americani e asiatici, che di fatto controllano l’intero mercato, rendendo così aziende e governi dipendenti dai loro servizi. I servizi cloud di Amazon (AWS) sono utilizzati dalla stragrande maggioranza dei soggetti pubblici e privati di tutta Europa, compresa la Commissione Europea.

Gaia-X alternativa necessaria

In questo contesto, Gaia-X rappresenta un progetto tanto ambizioso quanto necessario per creare un’alternativa credibile, efficiente, autonoma e sicura di infrastruttura mista pubblico-privato per la gestione sovrana dati europea. Il ministro dell’Economia tedesco Peter Altmaier ha definito Gaia-X come un “lancio sulla Luna”, una enorme sfida i cui scopi richiedono un investimento colossale di denaro e talento. Ma l’Europa è almeno 10 anni in ritardo nello sviluppo di queste tecnologie. Il gap di investimenti è enorme, considerato che le grandi Big Tech da sole investono ogni anno qualcosa come 50 miliardi di dollari in ricerca e sviluppo.

Partenza in salita

Partire in ritardo come sta facendo oggi l’Europa significa che gli altri player sono più avanti di noi. Ad esempio, dopo l’entrata in vigore del GDPR nel maggio del 2018, che tra le altre cose impone che i dati dei cittadini europei non debbano lasciare il territorio della Ue, i data center dei grandi provider americani hanno cominciato a operare attraverso le loro filiali europee, con infrastrutture in Lussemburgo, Germania e Irlanda, e per questo soggette alle leggi europee. Amazon Web Services e Microsoft Azure, ad esempio, forniscono certificazioni sottoposte a revisione che attestano come i dati dei clienti non lascino mai il suolo europeo. Qui stiamo parlando di investimenti di miliardi di euro. I dati sono reali, Google ad esempio ha in cantiere un investimento superiore al miliardo di euro soltanto per un nuovo data center e Bissen, in Lussemburgo.

Problemi non soltanto economici

I problemi non sono soltanto di carattere finanziario, è chiaro che competere con questo genere di cifre è una lotta che può sembrare impari. Altre difficoltà riguardano i processi di governance di un modello federato come quello di Gaia-X, nel quale aziende, centri di ricerca e governi di diversi paesi devono trovare un accordo. Il che rischia di far dilatare i tempi. E quello del rischio di ritardi è uno dei problemi più concreti, vista la concorrenza di grandi player in grado di muoversi con una maggiore agilità e una platea di clienti che prende decisioni basate sul prezzo e la qualità senza guardare troppo a considerazioni politiche e di principio come la sovranità digitale.   

Al momento, Gaia-X non ha ancora definito nel dettaglio come assicurare la mobilità interna dei dati, la gestione delle identità e dei certificati, chi si trova nella posizione migliore per fornire quali servizi, e come fare tutto ciò assicurando inoltre una buona user experience. Al momento, la documentazione disponibile comprende più delle aspirazioni di principio piuttosto che dei dettagli tecnici.

Il Cloud computing è un elemento chiave per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale e di industry 4.0 in generale. L’Europa ha urgenza di essere competitiva con i grandi player per non restare indietro nell’arena globale dell’economia digitale.  L’obiettivo è davvero molto ambizioso e lontano, ma non c’è scelta.

Per approfondire: