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G7: energia elettrica 100% green entro il 2035, stop a fondi per centrali a gas e carbone all’estero già da quest’anno

emissioni

Dal G7 di Berlino annunci timidi e mancanza di coraggio

Niente più spazio per l’energia generata dall’impiego di combustibili fossili come gas, petrolio e carbone. Un intento molto più che nobile, diciamo inevitabile vista la situazione ambientale, climatica, sanitaria, economica e geopolitica che peggiora di anno in anno. Annunci del genere li abbiamo già sentiti negli anni e stavolta arrivano da Berlino, dove si è tenuto il G7 dei ministri dell’Ambiente e dell’Energia.

Non si è andato molto oltre i semplici proclama e secondo alcuni esperti gli impegni presi sono molto più deboli delle comunicazioni ufficiali che hanno anticipato il vertice.

Invece di chiudere la partita entro il 2030 con le fonti fossili, ancora troppo sfruttate per generare energia elettrica, si è preferito spostare la data di phase out al 2035.

Da subito, invece, entro la fine del 2022, si è stabilita l’interruzione dei finanziamenti alle centrali termoelettriche a carbone e gas all’estero, in particolare con tutti quegli impianti che non integrano tecnologie di cattura, stoccaggio e riuso della CO2 emessa (soluzioni CCUS, Carbon Capture Usage and Storage).

Estremizzazione del clima: non abbiamo più tempo

Un obiettivo irrinunciabile, sono tutti d’accordo i ministri del G7, in questo caso allargato al Giappone, ma su cui non hanno avuto problemi ad imporre uno slittamento temporale di cinque anni.

Il nostro ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, ovviamente presente al vertice per l’Italia, però, vede quanto accaduto in maniera molto diversa: “È stata una discussione estremamente densa e ne esce un comunicato buono, totalmente condiviso, che rappresenta un passo avanti rispetto al G20 dell’anno scorso, rispetto all’ultimo G7 e alla Cop 26“.

Cinque anni non sono pochi per noi comuni mortali, per noi cittadini, che viviamo in un ambiente sempre più degradato e inquinato, che respiriamo aria sempre più compromessa dalla continua immissione in atmosfera di gas serra e altri inquinanti nocivi, soprattutto nelle città sovrappopolate.

Secondo uno studio del Met Office, il servizio meteorologico nazionale britannico, esiste il 48% di probabilità di varcare anche se temporaneamente la soglia fatidica di +1,5°C di riscaldamento globale, rispetto al periodo pre-industriale, già entro il 2026.

Per la comunità scientifica mondiale, la soglia di +1,5°C è un limite da tenere bene a mente perché è molto pericoloso andare oltre. Oltrepassarlo, sostanzialmente, ci pone in uno scenario minaccioso di cui ignoriamo le conseguenze peggiori su tutta la popolazione mondiale.

Elettrificazione dei trasporti

Altro punto chiave stabilito dai ministri del G7 è la decarbonizzazione di tutta l’energia elettrica generata entro il 2035, come detto, quindi per il settore civile dei trasporti significa finalmente sfruttare l’elettrificazione green per alimentare auto, autobus, camion e qualsiasi altro mezzo di mobilità con sistemi di accumulo integrati.

Per il trasporto pubblico pesante, come grandi articolati, navi, treni e aerei il passaggio sarà fissato al 2050, quando la ricerca e l’innovazione in nuovi carburanti a zero o basse emissioni inquinanti, tra cui l’idrogeno, avrà raggiunto un livello di maturità tale da consentire la decarbonizzazione anche di questa rilevante industria.

Possibile anche la transizione ecologica ed energetica in chiave green del settore dell’edilizia e delle costruzioni al massimo entro il 2030, se non prima, secondo quanto riportato nel comunicato finale.

G7 allargato al Giappone

Certamente la crisi energetica innescata dall’invasione russa dell’Ucraina e la guerra che ne è scaturita, il rincaro dei prezzi dell’energia che era già partito a fine 2021, l’inflazione e i problemi di approvvigionamento, sono tutti temi urgenti, a cui il G7 ha cercato di dare risposte concrete, ma non abbastanza in linea con la transizione ecologica ed energetica di cui tanto si era parlato nei mesi precedenti.

Il Giappone è uno dei maggiori investitori mondiali in impianti a combustibili fossili all’estero, spendendo circa 11 miliardi di dollari all’anno, dal 2018 al 2020, proprio in petrolio e gas, secondo la ricerca di Oil Change International.

È quindi fondamentale che il Governo di Tokyo interrompa la spesa in combustibili fossili all’estero fin da subito, perché significa spostare subito 11 miliardi di dollari all’anno verso le energie pulite.

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