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Frequenze Tv: l’AGCOM, la politica e il pasticcetto all’italienne

Raffaele Barberio

Raffaele Barberio

La scorsa settimana ha registrato un duro scontro sulle frequenze televisive, tra squilli di trombe e tocchi di campana di rappresentanti parlamentari di maggioranza e opposizione.

La ricostruzione dettagliata della vicenda (che non nasce qualche giorno fa perché, come è noto, parte nella scorsa estate) è stata già fatta su queste pagine, con l’ottimo articolo di Raffaella Natale Canoni frequenze Tv, se la politica ci mette lo zampino).

Eviterò pertanto di ripercorrere le tappe salienti di una vicenda che ha sollevato tanto fumo senza disporre, ci pare, di alcun arrosto.

Ciò che appare utile è invece definire meglio i ruoli delle parti in commedia: l’AGCOM, il governo, le singole forze politiche, infine Rai e Mediaset.

AGCOM

Le questione delle frequenze televisive ha sempre avuto nel nostro paese connotazioni fortemente politicizzate.

Nello scorso agosto AGCOM esercita sulla questione il proprio ruolo di regolatore, con uno schema di delibera sulle frequenze che dà seguito a quanto previsto dal Decreto legge n°16/2012 approvato dal governo Monti.

Insomma un atto ineludibile, in assenza peraltro di un pronunciamento con atto di pari grado da parte del governo attuale.

Una circostanza ben chiara anche ad AGCOM che assume le proprie decisioni finali con la delibera del 30 settembre 2014, pur dichiarandosi subito pronta a recepire quanto il governo avrebbe deciso con successive determinazioni “…nel rispetto delle reciproche attribuzioni”.

Se AGCOM non avesse approvato quella delibera si sarebbe resa responsabile di danno erariale certo.

Lo schema viene sospeso, ma in assenza di un intervento governativo atteso ma mai giunto, il 30 settembre 2014 viene approvato.

Il Governo

Risultano pertanto rilevanti, ma insufficienti, le osservazioni fatte dallo stesso governo attraverso il sottosegretario Antonello Giacomelli che invia due missive ad AGCOM, chiedendo il congelamento dello schema di delibera, in attesa di un intervento formale dell’esecutivo.

Il governo predispone solo nello scorso dicembre un emendamento alla Legge di Stabilità, prevedendo il congelamento del vecchio sistema, in vista della predisposizione di una nuova legge.

Come è noto l’emendamento viene respinto in Commissione Bilancio del Senato, perché non si può disapplicare una delibera AGCOM, scaturita peraltro dagli obblighi derivanti dal decreto legge del 2012 del governo Monti.

Il 29 dicembre il MiSE emana, a sua volta, un decreto ministeriale che fissa il versamento di un acconto entro il 31 gennaio 2015 pari al 40% sulla somma dovuta in attesa che venga approvata una nuova norma di revisione dell’attuale sistema.

 

Le singole forze politiche

In questo contesto nasce l’emendamento al Milleproroghe che scatena il putiferio centrato erroneamente su una malintesa vendetta governativa derivata dal superamento del Patto del Nazareno.

Niente di tutto ciò.

La vicenda ha radici più lontane e a poco servono gli scambi al vetriolo tra esponenti parlamentari di Forza Italia e del PD.

Il problema è innanzitutto formale e, inevitabilmente, politico.

Il dito e la Luna

Formale e politico, a un tempo. Perché la vicenda dei giorni scorsi solleva un problema non di poco. E’ un problema di competenze e attribuzioni tra un’Autorità regolatoria e il governo. Le Autorità stabiliscono le regole del mercato, assicurando le giuste modalità di interazione tra imprese e tra queste e i consumatori.

Non vorremmo che il moto interventista, necessario in un paese come il nostro troppo fermo e da troppo tempo, si trovasse a riformulare impropriamente anche le attribuzioni di indipendenza tipiche di un’autorità regolatoria il cui operato è, in questo caso più che in qualunque altro, di allineamento pieno alla normativa vigente.

Il governo può e deve intervenire, ma lo faccia con le modalità di allineamento di grado delle proprie decisioni.

Al dito della querelle di questi giorni, che distrae e pone esigenze contingenti e fuorvianti, è meglio sostituire la Luna delle corrette attribuzioni di responsabilità e di ruolo tra governo e Autorità.

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