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Frequenze 700Mhz: l’Italia s’è desta, ma Francia e Germania corrono

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Nella Legge di Stabilità 2016 previsto lo stanziamento di un fondo da 276 mila euro destinato alla realizzazione di attività di studio, verifiche tecniche ed interventi in tema di attribuzione di frequenze aggiuntive. Ma il 2020 è dietro l’angolo e noi dobbiamo ancora partire.

Qualcosa si muove, anche in Italia, in vista del passaggio alla banda larga mobile delle frequenze 700 Mhz (i canali dal 49-60), attualmente  occupati dalla televisione.

Il passaggio dovrebbe avvenire in tutta Europa entro il 2020 (con una previsione di due anni di tolleranza) e l’Italia è in forte ritardo: la Germania, ad esempio, ha già attribuito le frequenze, con un ricavo per lo Stato di circa 1 miliardo di euro, mentre in Francia è appena terminata l’asta con un introito di 2,8 miliardi (300 milioni in più rispetto a quanto preventivato).

In un emendamento inserito dal Governo all’articolo 10 della Legge di Stabilità 2016 (quello sul Riduzione del canone RAI), viene infatti previsto lo stanziamento di un fondo da 276 mila euro annui a decorrere dal prossimo, destinato alla realizzazione di “attività di studio, verifiche tecniche ed interventi in tema di attribuzione di frequenze aggiuntive a specifici servizi, propedeutiche alla liberazione del broadcasting della banda 700 Mhz e per l’armonizzazione internazionale dell’uso dello spettro”. Come verrà utilizzato il fondo – la cui copertura è assicurata mediante riduzione del fondo speciale di accantonamento del Mise – e quali attività andrà a finanziare lo stabilirà un decreto del ministero che sarà emanato entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge.

Quello che si sa è che a partire dal prossimo anno si cominceranno ad attuare studi di fattibilità, verifiche tecniche ed esami di compatibilità tra i differenti usi delle frequenze.

Qualcosa, seppur molto lentamente, comincia dunque a muoversi.

Un primo passo in attesa delle conclusioni della World Radio Conference di Ginevra, in seguito alla quale dovrà essere gestita la fase transitoria nel corso della quale dovranno essere attuate una serie di misure volte ad assicurare l’uso coprimario della banda 700 Mhz tra servizi mobili e televisivi.

Durante questa fase, spiega il Governo, si andrà, “da un lato ad armonizzare l’introduzione di nuovi standard di compressione Tv quali il DVBT2 e, dall’altro, a verificare l’impatto della tecnologia sull’evoluzione del mercato televisivo”.

A conclusione della WRC potrebbe emergere un’indicazione anche per le frequenze al di sotto dei 700 Mhz, quindi per il resto della banda UHF, strenuamente difesa dai broadcaster (dovrebbe essere preservata per le tv in digitale terrestre fino al 2030) ma altrettanto fortemente bramata dagli operatori telefonici.

Gli interessi in ballo sono molto forti, così come sono diverse le difficoltà da superare per garantire un’allocazione armonizzata delle frequenze a livello globale.

Il 2020, insomma, è dietro l’angolo e l’Italia ha decine di multplex da sistemare, a differenza di altri paesi che hanno uno spettro molto meno affollato.

Se però non si proseguirà col percorso di transizione, accelerando la collaborazione tra le varie istituzioni coinvolte e risolvendo le diverse situazioni in sospeso (come quella delle frequenze interferenti che le tv locali dovranno liberare entro il 1° dicembre), il nostro Paese non potrà neanche sedersi al tavolo di coordinamento delle frequenze. Figuriamoci pensare di riuscire a concludere l’iter di attribuzione delle frequenze alle telco – quello che sta accadendo in queste ore in Francia – in tempo per la scadenza del 2020.