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Formazione digitale, ICT ed eSkill: Italia ultima tra i big five europei

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Seminario "A lezione con le imprese" a Tor Vergata, gli studenti incontrano i grandi player. Francesco Vatalaro: "Nel nostro Paese 5 laureati ICT ogni 100mila abitanti. In Francia sono 33, in UK 32"

Stiamo formando nel modo giusto i nostri studenti universitari? Gli stiamo dando gli eSkill adeguati per lavorare nel mercato digitale globale, ipercompetitivo e sempre più esigente dal punto di vista delle prospettive occupazionali?

È il tema di “Quale formazione per gli eSkill?”, ovvero l’ultimo seminario che si è tenuto questa mattina all’Università di Roma Tor Vergata, per il ciclo “A lezione con le imprese” organizzato dal Dipartimento di Ingegneria dell’Impresa (DII) per offrire una occasione di riflessione comune in tema di formazione e che oggi ha riguardato appunto l’importanza delle competenze digitali, i cosiddetti eskills.

Oltre agli studenti, al seminario hanno partecipato i manager di importanti imprese, per discutere di occupazione in rapporto a Internet of Everything (IoE), Big Data & Analytics, Cloud Computing, Machine-to-Machine (M2M), Fifth Mobile Generation (5G), Industry 4.0.

Ad aprire il lavori è stato Nathan Levialdi Direttore DII dell’Università di Roma Tor Vergata che ha definito gli eSkills una vera “piattaforma abilitante per il lavoro nei prossimi anni”.

Andrea Penza, Presidente di AICT (che insieme a Key4biz e Media Duemila supporta il ciclo di seminari “A lezione con le imprese”) ha aggiunto: “il legame tra tecnologia digitale e management è fondamentale e lo sarà sempre di più nei prossimi anni”.

Francesco Vatalaro, professore dell’Università di Roma Tor Vergata, si è soffermato sui dati in merito ai laureati in ICT ogni 100mila abitanti, confrontandoli tra Italia e i big five d’Europa; un confronto molto deludente: “In Italia abbiamo 5 laureati nel settore ICT contro 33 della Francia, 32 del Regno Unito, 20 della Germania e 32 della Spagna”. Numeri che parlano da soli.

Di Pubblica amministrazione ed e-skill ha parlato Luca Attias, Direttore Generale Sistemi Informativi Automatizzati della Corte dei Conti che ha fatto un quadro del contesto italiano parlando di vera e propria “emergenza digitale” in Italia. Quanto alla PA, ha definito quella italiana “l’ultimo baluardo mondiale di inamovibilità dei dipendenti pubblici”. Questo perché, c’è una scarsa valorizzazione delle competenze, mentre abbiamo un grande bisogno di “manager competenti nella gestione delle risorse umane”. Se cambiamo la PA, cambieremo tutto il sistema-Italia.

Davide Rota, CEO di Linkem, ha spiegato come la sua azienda da start-up sia divenuta una impresa italiana di successo con un obiettivo: risolvere il problema di banda larga e ultralarga con tecnologie wi-fi. “Il vero problema della banda larga stava nel centro delle città. Da lì siamo partiti. Volevamo provare a fare una rete alternativa a quella di Telecom Italia. Oggi abbiamo 620 dipendenti, per metà ingegneri, 65% donne, età media 31 anni. Cresciamo dell’1,5% al mese”.

Nella tavola rotonda “Il punto di vista dei grandi player di Internet”, condotta da Raffaele Barberio, Direttore di Key4Biz, sono intervenuti i rappresentanti di Facebook e Google.

Laura Bononcini, responsabile delle relazioni istituzionali di Facebook in Italia, ha detto: “Nati come social network, siamo diventati una piattaforma di promozione di se stessi a 360 gradi, per persone e per imprese. Oggi è importante per ognuno tutelare la propria reputazione online. Il web oggi non è virtuale, è reale ed è associabile alla mia vita di tutti i giorni. Le imprese – ha aggiunto –  quando stanno cercando qualcuno per riempire una posizione, sicuramente andranno a vedere come viene gestita la propria presenza online e con quale approccio pubblico alla comunicazione”. Per questo, ha detto ancora Bononcini, offriamo delle modalità di privacy e strumenti di sicurezza che consentono ad ognuno di condividere e gestire informazioni su più livelli di visibilità. In Francia, ha concluso Bononcini, abbiamo sperimentato la possibilità di Facebook di offrire informazioni alle imprese sui profili professionali, modello “LinkedIn style”. Una “sperimentazione che stiamo valutando di estendere anche in Italia”.

Diego Ciulli, Public Policy Manager di Google Italia, ha risposto così alla domanda cos’è Google: “Siamo una piattaforma abilitante per Internet, cioè sviluppiamo tecnologia per metterla a disposizione della collettività. È un modello economico che funziona. Pensate a cosa facciamo con YouTube: mettiamo a disposizione spazio per i creativi di tutto il mondo, senza produrre noi dei contenuti”. Ovviamente Google in questo ha dei grandi ritorni economici ma, sottolinea Ciulli “abbiamo bisogno di eSkill e competenze digitali degli altri. Per questo noi ci concentriamo sulla formazione degli eSkill. In un paese è arretrato nel digitale, la scommessa è quella di digitalizzare le persone. Noi lo stiamo facendo anche con il Governo italiano con una iniziativa che accompagna alla digitalizzazione i giovani che non studiano e non lavorano”. Con il programma “Crescere in Digitale”, infatti, Google offre, tra l’altro, 50 ore di lezione gratuite per promuovere, attraverso l’acquisizione di competenze digitali, l’occupabilità di giovani e l’arricchimento delle loro competenze per accompagnare le imprese nel mondo di Internet.

Nella tavola rotonda “Il punto di vista del mondo delle Associazioni”, condotta da Andrea Penza, sono intervenuti quattro rappresentanti di importanti associazioni per mettere a fuoco il contributo di ciascuna in tema formazione ed eSkill.

Alessandro Musumeci, Presidente di CDTI Roma (Club Dirigenti Tecnologie Informatiche), soffermandosi sui profili più ricercati, ha evidenziato come “oltre le competenze tecniche serve creatività, tutta italiana”. Gli ambiti più ricercati sono senz’altro sicurezza, cloud e big data; “è qui che occorre investire e il CDTI ha aderito a un framework europeo proprio per lavorare su competenze e formazione certificate, appunto a un livello europeo”.

Paola Palmerini, Presidente di ATEMA, Associazione per il Temporary Management, ha sottolineato come la cultura del posto fisso in Italia ha prodotto un ostacolo al cambiamento. La managerialità, invece, intesa come “Temporary Management”, è sinonimo di cambiamento e di formazione continua. “Il lavoro – ha aggiunto Palmerini – non deve essere considerato tempo tolto alla vita personale, ma parte della propria vita. E dunque a fare la differenza tra le persone nel mondo digitalizzato sono i cosiddetti soft skill, ovvero proprio quelle caratteristiche personali importanti in qualsiasi contesto lavorativo”. Nel futuro, secondo Palmerini, aumenterà il bisogno di soggettività.

Guelfo Tagliavini, Consigliere di Federmanager, ha portato l’accento su rapporto tra crescita delle competenze ed il tessuto produttivo italiano fatto di PMI: “Forse è perché mancano politiche di sviluppo industriale del Paese e grossi player industriali che oggi sforniamo così pochi ingegneri nel settore ICT in rapporto agli altri big europei. Forse è su questo contesto produttivo tipico italiano, che oggi ci ha portati ad essere ultimi, che va ricercata la motivazione al gap di competenze digitali”. Federmanager, ha raccontato Tagliavini, sta lavorando su un progetto di sostegno alle PMI per crescere nei grandi mercati.

Roberto Triola, Responsabile dell’Ufficio Studi di Confindustria Digitale, ha esordito con una provocazione: se anche avessimo gli stessi laureati ICT della Francia e se il nostro sistema imprenditoriale riuscisse ad assorbire questi numeri, avremmo sufficiente digitalizzazione per produrre il cambiamento necessario? Il nodo in Italia, secondo Triola, è proprio quello della managerialità (che manca) ed della managerialità digitale. Triola ha continuato evidenziando il lavoro di Confindustria Digitale nel sostegno alla digitalizzazione della scuola e della PA italiana.

Nella terza e ultima tavola rotonda, “Il punto di vista della Consulenza per l’innovazione”, condotta da Maria Pia Rossignaud, Direttore di Media Duemila, è intervenuto Paolo Clemente, Managing Director ad Accenture: “La cultura digitale può trasformare radicalmente il modo di fare business. Uno dei principali fattori di cambiamento è costituito dalle persone. La tecnologia è fattore indiscutibile, ma per cambiare una cultura di un’azienda servono le persone, specie i manager”.

Antonio De Crescenzo, Vice President e Responsabile della Unit Solution & Integration di Capgemini Italia ha sottolineato come le Università italiane siano all’avanguardia nella formazione, ma ha aggiunto, rivolgendosi agli studenti di Tor Vergata, è sempre più necessario lavorare in contesti internazionali per produrre il cambiamento che tutti noi auspichiamo.

Giuseppe Gammariello, Responsabile dell’Innovation Office di Altran Italia, ha chiuso il seminario, raccontando alcune best practice della realtà per la quale lavora in fatto di formazione e di eSkill. Inoltre, ha invitato tutti i presenti a guardare agli eSkill in una “visione olistica” e in rapporto ai business model delle aziende.