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Fondi Ue, Ok di Bruxelles all’Italia. Su Agenda digitale il Governo corregge il tiro

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Dopo sei mesi di negoziato, la Ue dà il via libera ai piani d spesa dell’Italia (anche se mancano all’appello 3 Regioni). Per il digitale, ìl contributo sarà di 2,1 miliardi di euro. Passano da 136 a 258 mln le risorse Feasr per la rete e aumentano di 50 milioni quelle Fesr.

L’Italia rappresenta uno dei maggiori contribuenti al bilancio dell’Ue, ma anche uno dei suoi principali beneficiari, soprattutto per quanto riguarda le regioni del Sud della penisola. Eppure, il nostro Paese fatica a spendere le risorse messe a disposizione: dei 27,92 miliardi di euro stanziati dalla Ue nel settennato 2007-2013, la spesa certificata operata dall’Italia ammonta a 13,53 miliardi di euro.

Oggi, dopo sei mesi di negoziati, è finalmente arrivato il via libera della Commissione all’accordo di partenariato in cui si definisce la strategia italiana “per un uso ottimale dei Fondi strutturali e di investimento europei”, che per il periodo 2014-2020 ammontano a 44 miliardi (32,2 miliardi di euro di finanziamenti totali dalla politica di coesione, 10,4 miliardi per lo sviluppo rurale, 1,1 destinati alla Cooperazione territoriale europea e 567,5 milioni per la Garanzia giovani).

I punti chiave del negoziato: più fondi alla banda larga e rafforzamento amministrativo

La Commissione, in particolare, evidenziando l’ancora insufficiente copertura a banda larga nelle aree urbane e dopo aver criticato a luglio la mancanza di una strategia chiara e definita per il digitale ha chiesto e ottenuto che l’Italia rimodulasse i suoi obiettivi rispetto agli anni precedenti, dedicando meno risorse ai trasporti e rafforzando quelle per la banda larga, l’efficienza energetica e l’economia a basso tenore di carbonio proprio per evidenziare che questa nuova tornata di fondi non vuole essere soltanto ossigeno per l’economia ma intende anche rafforzare gli investimenti strutturali nel medio periodo. Il Governo si è quindi impegnato a destinare il 57,7% del totale della spesa del FESR a particolari ‘aree tematiche’ – ricerca e innovazione, ICT, competitività delle imprese ed economia a basso tenore di carbonio – per evitare di disperdere preziose risorse.

Il contributo della politica di coesione allo sviluppo digitale nel suo complesso sarà di 2,1 miliardi di euro di cui, il grosso (1,84 miliardi) dal FESR (Fondo europeo di sviluppo regionale) e  257,9 milioni di euro di FEASR (Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale).

Con riferimento alle risorse FESR, nell’ambito dell’Obiettivo Tematico 2 saranno sostenute le azioni volte alla “riduzione dei divari digitali nei territori e diffusione di connettività in banda ultra larga” (con fondi pari a 722 milioni per le regioni meno sviluppate, a 196 milioni per quelle sviluppate e a 26 milioni per quelle in transizione); “digitalizzazione dei processi amministrativi e diffusione di servizi digitali pienamente interoperabili” (con fondi pari 511 milioni per le regioni meno sviluppate, 139 milioni per quelle sviluppate e 26 per quelle in transizione) e “potenziamento della domanda di ICT di cittadini e imprese in termini di utilizzo dei servizi online, inclusione digitale e partecipazione in rete” (i fondi ammonteranno, rispettivamente a 178; 14 e 34 milioni di euro).

Con l’obiettivo di ovviare alle croniche inefficienze delle amministrazioni italiane quando si tratta di spendere i fondi europei, quindi, la Commissione ha anche ottenuto il rafforzamento amministrativo degli enti preposti alla gestione dei programmi dei Fondi Strutturali e di Investimento Europei (SIE), in particolare nelle aree meno sviluppate, così da creare condizioni tali da garantire che gli ambiziosi obiettivi del presente accordo di partenariato vengano effettivamente conseguiti.

I pilastri dell’accordo

L’accordo riguarda quattro fondi: il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), il Fondo sociale europeo (FSE), il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e il Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP).

L’accordo, in particolare, si concentra sulla “creazione di un contesto imprenditoriale orientato all’innovazione aumentando gli investimenti privati nell’ambito di ricerca e sviluppo, nonché dell’innovazione, promuovendo lo sviluppo della ‘e-economy’, incentivando le start-up, la crescita e la competitività delle piccole imprese”, sulla “realizzazione di infrastrutture efficienti per la crescita economica, l’occupazione e una gestione efficiente delle risorse naturali”; sulla “promozione di una maggiore partecipazione al mercato del lavoro…in particolare aumentando gli sbocchi occupazionali per i gruppi sociali più vulnerabili (giovani, donne, lavoratori più anziani, migranti e persone a rischio di esclusione sociale e povertà), accrescendo la qualità dell’istruzione e della formazione, nonché ammodernando e potenziando le istituzioni del mercato del lavoro” e sul “supporto alla qualità, efficacia ed efficienza della pubblica amministrazione riducendo gli oneri amministrativi delle imprese, promuovendo servizi di “e-government”, garantendo l’efficienza del sistema giudiziario”.

Target digitali e piani d’intervento

La politica di coesione contribuisce alla realizzazione dell’Agenda digitale italiana attraverso gli interventi dei Programmi Operativi Regionali e Nazionali. POR e PON si concentreranno su tre aree di intervento principali: infrastrutture, servizi digitali e stimolo alla domanda di ICT, in linea con le priorità individuate a livello nazionale.

Gli interventi del FESR saranno attivati prevalentemente attraverso il Progetto Strategico Banda Ultra Larga. Il Ministero per lo Sviluppo Economico coordinerà l’attuazione degli interventi, attraverso la stipula di appositi accordi e convenzioni operative con le Regioni, considerandoli nel loro insieme, secondo i criteri di priorità definiti e i modelli di intervento scelti in base alle caratteristiche dei diversi contesti territoriali.

“Gli interventi – si legge nell’accordo – dovranno essere future-proof e designati con una prospettiva di lungo termine (per evitare le duplicazioni) volta a colmare il gap di competitività e attrattività rispetto alle aree più avanzate in Europa e nel mondo”.

La realizzazione degli interventi di infrastrutturazione partirà dalle aree prioritarie, quali le aree interne, le aree rurali e le aree produttive, per poi estendere la copertura al resto del territorio. Particolare attenzione è quindi riservata allo sviluppo delle aree produttive che presentano ancora un gap sia di infrastrutturazione che di utilizzo effettivo delle nuove tecnologie, con un focus sulla disponibilità di banda ultralarga e servizi digitali nelle aree rurali.

Per evitare “l’eccessiva frammentazione degli interventi sperimentata in passato”, si legge nell’accordo, “è prevista presso l’Agenzia per l’Italia Digitale l’istituzione di un luogo di coordinamento degli interventi per attivare un confronto costante che assicuri la loro più efficace attuazione e coinvolga, oltre all’Agenzia, le Autorità di Gestione dei Programmi e i settori regionali responsabili degli interventi, l’Agenzia per la Coesione, le Amministrazioni centrali responsabili di Programmi, nonché altre Amministrazioni centrali”.

Tre Regioni mancano all’appello

Da notare che, però, giusto per non rovinare la tradizione di inefficienza e superficialità, mancano all’appello i programmi di spesa di Campania, Calabria e Sicilia e che quindi le tre Regioni rischiano di perdere i soldi della precedente programmazione dal momento che a fine 2015, quando si chiuderà definitivamente il periodo di programmazione, potrebbero non essere in grado di dimostrare come hanno speso i fondi a loro disposizione.