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Fibra ottica, Calenda ‘Società delle reti non è in agenda’. Ma in Parlamento spunta bozza di fusione Tim-Open Fiber

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Oggi il ministro del Mise smentisce l’ipotesi di una società unica delle reti, ma intanto in Parlamento spunta la risoluzione del senatore Mucchetti che impegna il Governo a favorire un accordo industriale fra Open Fiber in Tim.

La possibilità di creare una società unica delle reti “in questo momento non mi pare che sia in agenda”. Lo ha detto oggi il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda, a margine della presentazione degli accordi di programma quadro con le Regioni Campania e Calabria. “Io penso che concentrare gli investimenti su un’unica infrastruttura sarebbe una cosa buona e giusta”, ha specificato. “Ma dipende dalla volontà delle parti e in questo momento non ho nessuna manifestazione in questo senso quindi è un ragionamento che rimane puramente teorico”.

La dichiarazione del ministro è arrivata dopo che ieri era circolata l’indiscrezione secondo cui le Commissioni Lavori pubblici, comunicazioni, e Industria, commercio, turismo, avrebbero intenzione di suggerire al Governo la fusione per incorporazione di Open Fiber in Telecom Italia e poi uno spin off da collocare in Borsa.

Secondo una bozza di risoluzione, consultata dall’Ansa e lanciata ieri sera dall’Agenzia Nova, l’intenzione delle due Commissioni sarebbe quella di impegnare il Governo “a difendere l’interesse nazionale non solo nell’esecuzione delle opere derivanti dalle gare Infratel, ma anche e soprattutto nello sviluppo complessivo della rete in tutto il Paese” valutando un accordo industriale tra i due operatori. I senatori chiederebbero se “questa forma di competizione a due non rischi di generare uno spreco di risorse”, e “se non sia il caso di operare al fine di arrivare a un accordo industriale tra Telecom Italia e Open Fiber e “di considerare, nel rispetto della miglior governance, con la Cassa depositi e prestiti e con l’Enel, una proposta di fusione per incorporazione di Open Fiber in Telecom Italia ai valori correnti”.

Fusione Tim-Open Fiber, revocata convocazione commissioni parlamentari

La notizia della convocazione delle quattro commissioni, in seduta congiunta, si era sparsa da poco ieri quando, come riferisce l’Agenzia Nova, sono iniziate le pressioni affinché il testo – impegnativo per il governo in caso di approvazione – non fosse messo ai voti.

La risoluzione, messa a punto dal senatore Massimo Mucchetti, presidente della commissione Industria del Senato, avrebbe dovuto essere valutata oggi dalle quattro commissioni competenti delle due Camere. Il testo, se approvato, avrebbe impegnato il governo ad “operare al fine di arrivare a un accordo industriale tra Telecom Italia e Open Fiber”, al fine di realizzare congiuntamente la rete in fibra ottica fino agli armadi, per poi “diffonderla gradualmente ad abitazioni e uffici”. La risoluzione avrebbe inoltre impegnato l’esecutivo a considerare, “nel rispetto della miglior governance, con la Cassa depositi e prestiti e con l’Enel una proposta di fusione per incorporazione di Open Fiber in Telecom Italia ai valori correnti”.

In questo modo si assocerebbero “all’azionista francese Vivendi due importanti azionisti italiani a controllo pubblico”, assicurando a Telecom Italia “quella stabilità che ancora le manca, come testimoniano anche gli ultimi, opachi cambi del top management”. Un’evidente allusione alle dimissioni dell’Ad dell’ex monopolista, Flavio Cattaneo, ed alle ipotesi che circolano sulla sua sostituzione con un triumvirato proposto dall’azionista di maggioranza, il gruppo francese Vivendi.

La soluzione ipotizzata da Mucchetti consentirebbe di evitare “il ripetersi di comportamenti da parte del socio francese che fanno pensare all’esistenza di una direzione e un controllo non dichiarati, una situazione che, se confermata dall’indagine della Consob appena iniziata, potrebbe comportare il lancio di un’Opa totalitaria da parte di Vivendi su Telecom Italia”. L’ipotesi “non potrebbe non essere infine consensuale” e potrebbe “portare all’attribuzione della rete a una società che, senza uscire dal perimetro di consolidamento di Telecom Italia”, potrebbe “anche essere collocata in Borsa, generando valore per gli azionisti e una situazione ancora più trasparente ai fini dell’unbundling e dunque del quadro concorrenziale, superando nell’interesse di tutti i contrasti sul valore della rete in rame che hanno bloccato negli anni scorsi i negoziati tra Telecom Italia e Cassa depositi e prestiti sulle reti di nuova generazione”.