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Fibra e infrastrutture in Emila Romagna, tutti i risparmi del modello Lepida

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Nel 2021 il traffico IP mondiale è atteso crescere ad un ritmo di 3,3 zettabytes l’anno, per la precisione 278 exabytes al mese, ha calcolato Cisco in un recente studio. Nel 2016 si parlava di 96 exabytes mensili. Entro tre anni circa il traffico dati raggiungerà i 35 gigabyte precapite.

Un flusso ininterrotto di dati generato da un ecosistema digitale in espansione, alimentato dall’iperconnettività collettiva (smartphone, tablet, oggetti intelligenti), dall’internet delle cose, i servizi cloud, l’intelligenza artificiale, l’automazione industriale, le auto connesse e altro ancora in procinto di sbarcare sui mercati globali, che si regge e si reggerà sempre più sulle reti di nuova generazione, l’ultra broadband di rete fissa e mobile.

Lo scorso 9 aprile su Rai 3 è andata in onda la puntata di Report “Gli sfribrati, dedicata proprio alla fibra ottica e la banda ultralarga in Italia. Tra gli intervistati dal giornalista Giuliano Marrucci c’era anche il direttore generale di Lepida, Gianluca Mazzini.

Il punto centrale è che la fibra nazionale, “dopo dieci anni di progettazione ed interventi, due miliardi di euro di fondi pubblici già spesi e altri otto miliardi a disposizione”, è ancora un servizio per pochi e non per tutti.

Alla ricerca di un modello efficiente, in grado di ottimizzare le risorse disponibili e garantire qualità, Marrucci passa per l’Emilia Romagna di Lepida, la società in house della Regione: “È il modello dove l’azienda pubblica di telecomunicazioni, ha steso 85.000 chilometri di fibra per connettere tutte le pubbliche amministrazioni”.

Ma poi abbiamo messo queste infrastrutture a disposizione degli operatori per fare coperture a cittadini e imprese in zone dove c’era fallimento di mercato”, ha risposto Mazzini.

Alcuni di questi non esistevano e sono nati proprio grazie alla presenza della rete Lepida, che gli ha consentito di fare dei business laddove non c’era nessuno che gli trasportava banda”.

E la fibra è necessaria non solo per portare un servizio a cittadini, enti pubblici e imprese, di per sé un servizio ormai considerato universale, ma anche alla realizzazione del primo grande progetto di trasformazione della nostra economia sui territori: l’Agenda digitale regionale, emanazione diretta di quella “nazionale” ed europea.

Se venisse applicata l’Agenda digitale europea, ha spiegato il conduttore di Report, Sigfrido Ranucci, “incrementerebbe il Pil del 5% e si creerebbero 4 milioni di nuovi posti di lavoro”.

Ed è per questo che la partita presente e futura si gioca tutta sulla fibra e le sue infrastrutture: una rete ancora a metà, con il rame del gruppo TIM e i nuovi giocatori sul campo: i francesi di Vivendi, gli americani di Elliott e la nostra Cassa depositi e prestiti.

L’impegno di Lepida è quello di portare connettività in banda ultra larga al 100% del territorio dell’Emilia Romagna entro il 2020. L’ intesa tra Regione e Ministero dello Sviluppo Economico consente di investire in quest’azione 255 milioni di euro di risorse pubbliche.

L’accordo, inoltre, consentirà di garantire interventi in tempi rapidi, utilizzare nuove strategie e tecnologie di scavo, valorizzare tutte le infrastrutture già realizzate tramite Lepida, azzerare il divario digitale.

Il 70% dei costi di una rete in fibra ottica sono proprio costituiti dagli scavi”, ha affermato Maurizio Matteo Decina sempre intervistato da Marrucci.

E a proposito di Agenda digitale, uno dei principali ostacoli al suo dispiegamento è la frammentazione delle infrastrutture. A tal proposito è stato firmato un accordo tra Emilia Romagna, Venezia Giulia e Trentino Alto Adige, con diversi obiettivi: collegare fisicamente le reti; omogeneizzare le attività dei data center unificando le procedure di certificazione e realizzazione dei servizi; condividere i servizi.

Si tratta del progetto triennale “Tripolo”, nato in seno ad Assinter, l’Associazione delle Società per l’Innovazione Tecnologica nelle Regioni, su iniziativa di lepidaspa e di altre quattro in house delle rispettive Regioni: Cup2000, Trentino Network, Informatica Trentina e Insiel.

Tra i benefici attesi si possono annoverare crescenti economie di scala su processi, competenze e servizi oltre a una maggior scalabilità delle infrastrutture, una maggior potenza elaborativa, un incremento della resilienza dei sistemi, una maggior offerta di servizi qualificati.

Il progetto, infine, prevede una clausola di estensione ad ulteriori soggetti nei territori confinanti che desiderino condividere strategie e tecnologie ICT. L’auspicio è che il modello messo a punto possa essere

una base di partenza anche per le altre in house che affrontano le sfide ambiziose dell’Agenda Digitale e del piano Europa 2020.

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