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Festival del Cinema di Roma, recensione “Anatomia di una caduta”

Anatomia di una caduta, regia di Justine Triet, dopo aver vinto la Palma d’oro al Festival di Cannes, sbarca alla Festa del Cinema di Roma.

Sandra Voyter (Sandra Hüller) vive con la famiglia in uno chalet di montagna vicino Grenoble. Mentre una ragazza la intervista, dal piano di sopra si sente una canzone ad alto volume, che rende impossibile continuare la conversazione. Al terzo piano vi è infatti Samuel Mileski (Samuel Theis), marito di Sandra, che è solito ascoltare musica mentre lavora. Sandra, molto imbarazzata, è costretta a sospendere l’intervista. Il figlio di Sandra, Daniel (Milo Machado Graner), esce con il cane a fare una passeggiata. Una volta tornato, ritroverà il corpo del padre, sulla neve, di fronte allo chalet. 

La storia ruota intorno alla ricerca della verità sulla morte di Samuel: i processi giudiziari hanno però la capacità di scavare, distruggere e, in alcuni casi, modificare la realtà.

La prima ad essere sospettata è la moglie, l’unica in casa al momento del decesso. Sandra è una scrittrice di successo, mentre Samuel è un insegnante, nonostante il suo desiderio sia quello di scrivere. Quest’ultimo vive infatti un continuo dissidio interiore, tra ciò che vorrebbe e ciò che non riesce a fare. Sei anni prima il figlio Daniel ha avuto un incidente, a causa del quale ha perso la vista. Il padre da quel giorno si è sempre sentito responsabile e il senso di colpa non gli ha permesso di andare avanti.

Il film sarà, non solo un processo giudiziario, ma anche interiore: la vita ci mette davanti a situazioni, che ci allontano da ciò che eravamo in origine.  L’essere umano infatti, per sopravvivere, si deve adattare. Sandra e Samuel, insieme da molti anni, si sono dovuti adeguare spesso l’una all’altro: lei tedesca, lui francese, costretti a parlare inglese. Lei si è dovuta trasferire per lui, che a sua volta ha deciso di prendersi cura del figlio, di modo da dare a lei la possibilità di realizzarsi. Spesso non ci rendiamo conto di quanto ogni compromesso possa, in un futuro, creare del risentimento nei rapporti.

Un personaggio fondamentale della storia è Snoop, cane guida di Daniel, attraverso il quale osserveremo alcune delle scene. I cani, infatti, non fingono e non hanno secondi fini: vedono le cose per quello che sono davvero, senza, quindi, costrutti sociali.

Spesso invece, per l’essere umano, la realtà è soggettiva: per proteggerci dalla sofferenza tendiamo a modificare la verità, così da poterci convivere. 

Si potrebbe dire che Anatomie d’une chute è come una passeggiata in montagna: faticosa mentalmente e fisicamente, eppure il paesaggio nel frattempo è così interessante che, nonostante la sofferenza, vorresti non arrivare mai.

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