attivismo online

Femminismo digitale, perché le discriminazioni di genere si combattono anche sui social

di Francesca Saitta, digital consultant |

l movimento #METOO nasce con un hashtag su twitter nel 2017 e rappresenta forse uno dei casi di attivismo digitale più emblematici e significativi. E’ infatti l’attrice americana Alyssa Milano, la prima a fare call out e raccontare con un tweet le molestie sessuali subite dal regista Harvey Weinstein.

Democratico, accessibile e intersezionale: il femminismo digitale sfrutta gli ecosistemi social per parlare ai giovani.

Se si pensa al movimento femminista degli anni 70, l’immagine più rappresentativa che ci viene in mente è probabilmente quella di un corteo di donne in piazza che manifestano per i loro diritti. L’attivismo tradizionale, così come ci è stato tramandato, è per definizione un’attività finalizzata a smuovere le coscienze e produrre un cambiamento sociale profondo, attraverso la protesta e il dissenso in pubblica piazza.

E’ innegabile che la rivoluzione digitale e le piattaforme social stiano giocando un ruolo sempre più cruciale nelle trasformazioni politiche e sociali. Basti pensare alla velocità con cui le informazioni sono in grado di diffondersi, innescando una reazione a catena per cui chiunque nel mondo può prendere parte a delle mobilitazioni di massa.

Il movimento #METOO nasce con un hashtag su twitter nel 2017 e rappresenta forse uno dei casi di attivismo digitale più emblematici e significativi. E’ infatti l’attrice americana Alyssa Milano, la prima a fare call out e raccontare con un tweet le molestie sessuali subite dal regista Harvey Weinstein. Nel giro di pochissime ore il web è letteralmente inondato da migliaia di testimonianze da parte di donne che denunciano abusi e aggressioni. Un effetto domino che smuoverà l’opinione pubblica a tal punto da portare alle dimissioni diversi politici in UK e all’introduzione in USA di protezioni contro le molestie per più categorie di lavoratori. Il #metoo spalanca le porte a un fenomeno di massa, trasformando i social network in veri e propri strumenti di denuncia sociale.

Femministi intersezionali non si nasce. Si diventa

Quello digitale è prima di tutto un femminismo intersezionale perché porta con sé il concetto di inclusione.

La prima a parlarne è Kimberlé Crenshaw, attivista e giurista statunitense, definendo l’intersezionalità come: “una lente, un prisma per vedere il modo in cui varie forme di disuguaglianza spesso operano insieme e si esacerbano a vicenda. Tendiamo a parlare di disuguaglianza razziale come separata dalla disuguaglianza basata su genere, classe, sessualità o status di immigrato. Quello che spesso manca è come alcune persone siano soggette a tutto questo, e come l’esperienza non sia solo la somma delle sue parti.”

Online è invece la monologhista e sessuologa Teresa Cinque, che sul suo account Instagram smonta con tanta ironia i clichè tipici della società patriarcale, incoraggiando i suoi follower a diventare femministi.

“Essere femministi intersezionali non è un’offesa o uno stato di incazzatura perenne. Significa avere a cuore la parità dei diritti di tutta la community”.

La teoria intersezionale può essere considerata una risposta più che valida al benaltrismo dilagante, escamotage retorico impiegato con l’obiettivo di sabotare qualsiasi discorso femminista, eludendo il vero problema e sostenendo che ce ne siano altri più gravi da affrontare.

Il femminismo intersezionale non resta infatti circoscritto esclusivamente alle discriminazioni di genere, ma si preoccupa di indagare tutte le disuguaglianze sociali a livello strutturale e sistemico. Per questo motivo si impegna a combattere il razzismo, la xenofobia, l’omofobia, la transfobia, il classismo, il capitalismo e l’abilismo.

Sul web, il femminismo digitale prende piede e raggiunge un pubblico globale, giovane, curioso, esigente e che non teme le contestazioni.

Per parlare ai giovani si predilige un linguaggio semplice, diretto e poco accademico.

Femminismo digitale: Instagram il canale preferito

Instagram è il canale di divulgazione preferenziale per le attiviste, che con competenza trattano tematiche complesse e spinose come patriarcato, stereotipi di genere, cultura dello stupro e violenza di genere. In questo senso i social diventano uno strumento virtuoso con la missione di educare e responsabilizzare la community di riferimento.

Audaci, brillanti e competenti, le femministe digitali si destreggiano in rete con disinvoltura e si fanno portavoce di una lotta alla marginalizzazione a tutto campo.

Giulia Blasi, scrittrice e giornalista specializzata in tematiche di genere, vanta una community online di quasi 40 mila followers. Pronto Soccorso Femminista è la rubrica social ideata dall’attivista con l’obiettivo di rispondere ai dubbi e ai quesiti esistenziali tipici dei neo-ventenni di oggi, fornendo loro una chiave di lettura femminista.

Concepire un mondo migliore e soprattutto diventare adulti migliori grazie al femminismo è possibile, ma prima è necessario decostruire tutta una serie di preconcetti che ci sono stati inculcati fin da bambini.

Gli stereotipi di genere occupano sicuramente una posizione prioritaria in questo processo di decostruzione. Grazie al lavoro della Blasi, le ragazze in particolare stanno man mano prendendo coscienza della rigidità dei ruoli che gli vengono assegnati dalla famiglia e dalla società. Solo attraverso un percorso di consapevolezza può avvenire un processo di emancipazione da una cultura che da secoli impone alle donne di essere esclusivamente mogli e madri. Ecco che i social diventano ancora una volta uno strumento per stimolare il pensiero critico e mettere in discussione lo status quo.

“Per superare gli stereotipi ci vogliono contatto, dialogo e partecipazione”

Lo spiega egregiamente Carlotta Vagnoli, attivista femminista, content creator e ormai da anni punto di riferimento su tematiche relative al consenso e alla violenza di genere. Su Instagram svolge un lavoro di divulgazione magistrale. Dritta al punto e senza peli sulla lingua, Vagnoli sviscera e smantella tutte quelle sovrastrutture che per secoli abbiamo introiettato e per cui crediamo che tra i due sessi non ci possa essere mai un vero punto di contatto, perché si sa, gli uomini vengono da Marte e le donne da Venere.

“Ci raccontano da sempre che uomini e donne non si comprendano tra di loro ma vi assicuro che non esiste bugia più grande che sia mai stata detta.”

Non è tardi per ridefinire le regole di genere che ci sono state trasmesse fino ad ora, ma tutto ciò è possibile imparando e insegnando alle nuove generazioni a processare le emozioni, esigendo lezioni di educazione sessuale e consenso nelle scuole e riformulando il linguaggio delle relazioni.

L’attivismo online richiede non solo il possesso di competenze specifiche su argomenti come femminismo e questione di genere, ma anche skills puramente digitali che si possono acquisire frequentando corsi specifici di Social Media Marketing, come quelli erogati da Digital Coach.