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Famiglia nel bosco: 42.000 i bambini via dai genitori in Italia

Affidi, nel 2023 sono stati 15.992: al Nord più fuori famiglia, al Sud ai parenti

La vicenda della “famiglia nel bosco” di Palmoli, in Abruzzo, ha riportato al centro del dibattito un tema che esplode ogni volta che un tribunale decide di allontanare dei bambini dai genitori. Tre figli trasferiti in una struttura protetta insieme alla madre, il padre in attesa del ricorso, un casolare isolato senza energia elettrica né acqua corrente, l’istruzione gestita a casa e un precedente ricovero in ospedale per intossicazione da funghi: sono gli elementi che hanno preceduto la sospensione della responsabilità genitoriale decisa dal tribunale dei minori dell’Aquila. Un caso che ha fatto rumore e di cui tutta Italia parla, ma che vive dentro un fenomeno molto più ampio di cui esistono numeri precisi.

Secondo il report I minorenni in affidamento familiare e nei servizi residenziali attraverso i dati SIOSS – Anno 2023, pubblicato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, nel 2023 i minorenni fuori dalla famiglia d’origine sono 42.002. Al netto dei minori stranieri non accompagnati diventano 33.310. Considerando solo gli affidi e gli inserimenti in comunità per almeno cinque notti a settimana, i ragazzi allontanati dalle loro famiglie sono 30.936, con un incremento dell’1% rispetto al 2022.

Dove vivono i minori fuori dalla famiglia

Quando si parla di affido si parla di un bambino che viene collocato in un’altra famiglia per garantirgli sicurezza e continuità affettiva, perché i genitori non possono occuparsene. Ma l’affido è solo una parte del fenomeno. Nel 2023 i minorenni fuori dalla famiglia d’origine sono 42.002: non tutti vivono in una famiglia affidataria. Di questi, 15.992 sono stati inseriti in affido, mentre gli altri 26.010 sono accolti in comunità residenziali o in altre strutture educative. L’affido è dunque una misura più mirata, perché sposta il minore da una famiglia a un’altra famiglia, e non in una comunità.

Tra questi, quelli che non hanno un percorso di protezione internazionale e che rientrano nei casi di affido attivati per ragioni familiari sono 15.006. Se si guarda agli affidi più stabili, quelli con permanenza per almeno cinque notti a settimana, i bambini coinvolti sono 12.632. La distribuzione territoriale mostra numeri molto diversi: nel 2023 la Lombardia registra 2.361 affidi stabili, il Piemonte 1.362, l’Emilia-Romagna 966 e la Sicilia 1.164. Sono i territori con il ricorso più alto all’accoglienza familiare, una misura che continua a rappresentare uno strumento centrale della protezione dei minori.

Quando interviene il tribunale negli affidi

Quando un tribunale arriva a togliere a un genitore la possibilità di decidere per un figlio, non lo fa per un dettaglio. Che cosa porta davvero un giudice a sospendere o limitare la responsabilità genitoriale? È la domanda che ritorna ogni volta che un caso diventa pubblico e che si intreccia sempre con una valutazione precisa: la presenza di un rischio concreto per il minore. Maltrattamenti, trascuratezza significativa, incapacità genitoriale stabile, conflitti così intensi da compromettere la crescita: sono questi gli elementi che possono trasformare la segnalazione dei servizi sociali in un provvedimento. E nel 2023, un provvedimento di questo tipo riguarda tre affidi su quattro.

Come si può vedere anche dal grfico negli ultimi dati disponibili gli affidi decisi dal tribunale rappresentano il 75% del totale, con un aumento di quasi 10 punti percentuali rispetto all’anno precedente. In alcune regioni il ricorso al giudice diventa la via quasi esclusiva: la Basilicata registra una quota del 99,1%, la Sicilia del 92,4% e la Calabria del 93,7% di affidi decisi dal tribunale. Percentuali che raccontano come, nella maggior parte dei casi, l’intervento non sia frutto di un accordo con la famiglia, ma di una decisione presa per proteggere il minore da un pregiudizio già accertato. Al contrario, le quote di affidi consensuali restano marginali, con picchi più visibili in pochi territori: le percentuali più elevate di affidi consensuali si registrano in Friuli-Venezia Giulia (34,7%), Trentino (32,2%), Campania (31,4%) e Valle d’Aosta (25%).

Le diverse forme di affido familiare

Che cosa significa, nella pratica, “andare in affido”? Non tutte le accoglienze sono uguali: un bambino può essere ospitato da parenti, oppure da una famiglia che non ha alcun legame con lui. Ma quanto pesa una scelta rispetto all’altra? È una domanda centrale, perché il tipo di affido racconta molto del modo in cui i territori intervengono quando una famiglia non funziona.

Nei dati disponibili emerge una divisione netta: l’affido eterofamiliare, quello in cui il minore viene collocato in una famiglia senza legami parentali, rappresenta il 61,8% dei casi. L’affido intrafamiliare, cioè presso nonni, zii o altri parenti, si ferma al 38,2%. Se si guarda alla stabilità, gli affidi con permanenza per almeno cinque notti arrivano all’84,2% del totale. Le differenze territoriali sono marcate: in Liguria la quota di affidi eterofamiliari raggiunge il 70,1%, in Lombardia il 63%, mentre nel Lazio gli affidi intrafamiliari arrivano al 75,5%. Significa che al Nord prevale la scelta di collocare i bambini in famiglie senza legami parentali, mentre in diversi territori del Centro-Sud si preferisce affidarli a parenti stretti. Due approcci opposti che mostrano modelli di intervento molto diversi.

Chi sono i minori accolti in affido

Chi sono davvero i bambini che finiscono in affido? È un universo omogeneo o esistono differenze marcate per età, genere o condizioni personali? Domande importanti, perché raccontano quali minori vengono intercettati dai servizi sociali e quali situazioni familiari richiedono una tutela esterna. I dati mostrano che l’affido non riguarda una sola fascia d’età né un unico profilo: è un fenomeno distribuito lungo tutta l’infanzia e l’adolescenza.

Nel dettaglio, i maschi rappresentano il 53,4% dei bambini in affido, mentre le femmine sono il 46,6%. La distribuzione per età indica che i più piccoli, cioè i bambini tra 0 e 2 anni, sono il 4,4%, quelli tra 3 e 5 anni il 9,7%. La fascia 6-10 anni raggiunge il 27,1%, mentre quella tra 11 e 14 anni arriva al 28,4%. I ragazzi tra 15 e 17 anni costituiscono il 29,4%, la quota più alta. Tra i bambini in affido, il 13,8% presenta una disabilità, un disturbo certificato o un bisogno educativo speciale. Un profilo composito, che conferma quanto l’affido coinvolga minori con esigenze molto diverse tra loro.

Quando i minori vengono accolti in comunità

Che cosa succede quando l’affido non è possibile? Dove vengono accolti i bambini per cui non esiste una famiglia disponibile o quando la valutazione dei servizi richiede una tutela più strutturata? È una domanda che spesso resta sullo sfondo, ma che permette di capire quanto pesi la rete delle comunità residenziali nel sistema di protezione. L’allontanamento non significa sempre ingresso in un nucleo familiare: migliaia di minori vivono in strutture educative distribuite su tutto il territorio.

Secondo i dati disponibili, sommando affido stabile e comunità i bambini fuori casa sono 30.936, ma una parte consistente vive proprio nei servizi residenziali. Il peso delle comunità cambia molto tra le regioni. I tassi di allontanamento più alti si registrano in Liguria, con 6,1 bambini ogni mille residenti 0-17 anni, seguita da Sardegna e Provincia autonoma di Trento con 4,3, e da Lombardia e Sicilia entrambe con 4,1. I valori più bassi sono in Campania, con 2,2 bambini ogni mille, nel Lazio con 2,7, nella Provincia autonoma di Bolzano con 2,7 e nel Veneto con 2,5. Una mappa che mostra quanto il ricorso alle comunità non sia uniforme: in alcune aree rappresenta uno strumento centrale, in altre è molto più residuale.

L’impatto dei minori stranieri sugli affidi

La presenza dei minori stranieri arrivati in Italia senza un adulto incide in modo significativo sui numeri complessivi dell’affido. Si tratta di bambini e ragazzi che non vengono allontanati da una famiglia, ma che richiedono un’accoglienza immediata perché non hanno un genitore sul territorio. Nel 2023 quelli inseriti in affido sono 953, un dato che da solo spiega perché in alcune regioni il peso dell’accoglienza familiare risulti più alto rispetto ad altre.

Le differenze territoriali sono molto ampie. In Basilicata i minori stranieri senza famiglia rappresentano il 45,1% degli affidi totali. Nelle Marche la quota è del 14,6%, in Molise del 13,3% e in Calabria dell’1,3%. Questi valori modificano in modo rilevante la lettura dei dati: nelle regioni con percentuali elevate, l’affido rispecchia più l’accoglienza di minori senza famiglia che l’allontanamento deciso da un tribunale; nelle altre, il fenomeno è quasi interamente legato a situazioni familiari critiche.

Fonte: Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali
I dati sono aggiornati al 2023

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