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Facebook paga gli utenti per spiarli, l’ennesimo scandalo di Mark Zuckerberg

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Da più di due anni Facebook sta offrendo circa 20 dollari al mese a ragazzi, dai 20 ai 35 anni, per tracciare i loro smartphone grazie all'app Facebook Research.

La giornata di ieri è stata particolarmente movimentata per Facebook a causa di due notizie; una buona e una cattiva. Quella buona è che dopo molto tempo la società di Mark Zuckerberg è tornata a crescere ottenendo un utile netto di 6,9 miliardi di dollari (il 61% in più rispetto all’anno precedente). Quella cattiva invece è sempre la solita storia: è stato scoperto un altro problema di privacy.

Stando a quanto riportato da Tech Crunch, da più di due anni Facebook sta offrendo denaro (circa 20 dollari al mese) a migliaio di ragazzi, dai 20 ai 35 anni, in cambio dell’installazione sui loro smartphone di un’app battezzata Facebook Research che consente di tenere traccia di tutte le loro attività. L’app monitorerebbe tutto, dai messaggi di testo alle email fino alla cronologia degli ordini di Amazon.

Come funziona Facebook Research

Il sistema si basa semplicemente sull’installazione volontaria di una VPN (Virtual Private Network) che analizza tutti i dati scambiati online via smartphone. Non è dato sapere quante persone abbiano installato il “programma di sorveglianza” di Facebook sul propri smartphone, ma la sua versione attuale è in circolazione da almeno due anni (e già nel 2014 ce n’era un’altra abbastanza simile).

Il nome del progetto portato avanti grazie a Facebook Research sembra essere “Project Atlas” in quanto l’obiettivo è quello di creare una mappa dei nuovi trend e competitor da tutto il mondo.

La risposta di Facebook

“Sono stati ignorati gli aspetti fondamentali di questo programma di ricerca di mercato. Non si trattava di spiare, dal momento che tutti coloro che si sono iscritti hanno seguito una chiara procedura di registrazione che chiedeva il loro consenso e sono stati pagati per partecipare”, così un portavoce di Facebook commenta la notizia riportata dal sito TechCrunch.

“Diversamente da quanto è stato riportato – aggiunge – non c’era nulla di ‘segreto’ nel programma, tanto che era chiamato letteralmente Facebook Research App. Infine, meno del 5% dei partecipanti a questo programma di ricerca era costituito da adolescenti, tutti in possesso di un modulo di consenso firmato dai genitori”.

Lo scontro con Apple

Dopo la denuncia del sito, Facebook ha deciso di togliere Facebook Research dall’Apple Store. Non è chiaro se è stata la stessa azienda Apple a chiedere la rimozione per violazione di privacy o se l’app sia stata rimossa da Apple. Per il momento la versione Android continua ad esistere.

La società di Zuckerberg si scontra direttamente con le regole di Apple. L’installazione infatti avveniva al di fuori dell’App Store tramite un link mostrato in diversi annunci pubblicitari in altre app. Il tutto era permesso grazie all’utilizzo di apposito certificato enterprise developer, riservato normalmente solo per i dipendenti della propria azienda. Proprio per questo Apple ha prontamente revocato la validità di questo certificato, facendo trasparire un’ennesima rottura di rapporti tra le due realtà americane.

I ricavi del Q4

Nel quarto trimestre del 2018 Facebook ha avuto 16,9 miliardi di dollari di ricavi e un utile netto di 6,9 miliardi di dollari, il 61 per cento in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Inoltre dai dati si evince che 1,52 miliardi di persone hanno usato Facebook almeno una volta al giorno e 2,32 miliardi di persone lo hanno usato almeno una volta al mese (il 9 per cento in più rispetto a un anno fa).

Sono risultati positivi, il tutto nonostante un anno complicato, in cui la società ha avuto diversi problemi, legati soprattutto al modo in cui gestisce i dati dei suoi utenti.

Resta il fatto che Mark Zuckerberg e soci sono alla disperata ricerca di informazioni. I giovani in particolare non sono più attirati dalla piattaforma e il target del progetto Facebook Research comprende infatti solo utenti tra i 13 e 35 anni. La privacy dunque (soprattutto dei più giovani) si conferma più che mai moneta di scambio.