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eTourism. Bit2017, le nuove filosofie del viaggio. Intervista a Claudio Visentin

Con Claudio Visentin, Fondatore della Scuola del viaggio e insegnante di Storia del turismo all’Università della Svizzera italiana, abbiamo parlato delle nuove filosofie del Viaggio.

Alessandro Kornfeind: E’ solo marketing o esiste veramente una nuova filosofia del viaggio?

 

Claudio Visentin: Negli ultimi dieci anni l’esperienza del viaggio è cambiata in profondità sotto l’impulso di diversi fattori, a cominciare dalle nuove tecnologie e dalla mutata situazione internazionale. Cambia il viaggio, inevitabilmente cambia anche il modo di immaginarlo e viverlo. Per esempio il come è diventato più importante del dove. Abbiamo capito che si può visitare la stessa destinazione nello stesso periodo e tuttavia avere esperienze profondamente diverse tra loro. Un certo modo ingenuo di ‘scoprire’ e raccontare i Paesi stranieri davvero non ha più molto senso quando qualunque luogo può prendere vita sullo schermo del computer in pochi secondi. Non per questo peraltro sono venute meno le ragioni per viaggiare, anzi.

 

Alessandro Kornfeind: Mi faccia cavalcare il tema. C’è un filosofo in ogni viaggiatore o si deve insegnare ai turisti ad essere più viaggiatori e quindi più filosofi?

Claudio Visentin: Nel viaggio contemporaneo le categorie sono decisamente fluide, a cominciare dalla classica distinzione turista/viaggiatore. La stessa persona che trascorre una settimana di relax e disimpegno in un villaggio vacanze può di lì a poco trasformarsi in un viaggiatore colto e curioso. Di certo alla Scuola del viaggio noi crediamo che valga la pena di lavorare su noi stessi per diventare viaggiatori migliori. Dopo tutto il viaggio è un grande investimento di tempo, denaro, energia, passione. Ha senso affrontarlo senza nessuna preparazione?

Alessandro Kornfeind: Questo è l’anno dei Borghi. Un vantaggio per riscoprire il turismo lento?

Claudio Visentin: Il turismo lento e profondo, nelle piccole città e nei borghi, è la nostra via maestra, il solo campo dove non dobbiamo temere la concorrenza internazionale. Certo la Riviera adriatica con le sue spiagge o il turisdotto delle città d’arte non scompariranno, e sul piano dei puri numeri resteranno determinanti, ma un certo desiderio di scoprire luoghi meno famosi si sta facendo strada e quasi solo in Italia può essere soddisfatto in forme così gratificanti. Siamo in linea con le nuove tendenze del viaggio contemporaneo, che premiano la scoperta e la partecipazione, e al tempo stesso possiamo fare molto bene ad ampie aree del Paese – penso soprattutto all’Appennino – che rischiano l’abbandono.

Alessandro Kornfeind: Una nuova filosofia del viaggio può essere capace di restituire alle destinazioni un turismo più allineato alla storia e alla cultura dei luoghi rispetto al mordi e fuggi moderno?

 

Claudio Visentin: Senza dubbio. L’obiettivo è di superare la tradizionale barriera tra turisti e locali, creare una nuova idea di viaggio inclusiva, dove il visitatore finisca per essere un “cittadino temporaneo” piuttosto che un ospite sgradito che si sopporta solo per convenienza economica. Il paradosso di molte storie turistiche di successo è che gli abitanti sono stati quasi espulsi dal loro territorio, hanno perso il controllo della loro città e della loro vita. Il caso più eclatante è quello di Venezia: crescono ogni anno i visitatori e la cifra d’affari, eppure cala il numero dei residenti in città, perché la qualità della vita peggiora e il costo delle case va alle stelle.

Alessandro Kornfeind: Ci racconta un caso recente dove si è affermata questa nuova tendenza?

Claudio Visentin: Sono stato molto colpito dalle politiche anti-turistiche di Barcellona. A partire dai giochi olimpici del 1992 la città ha inanellato successo dopo successo, il numero dei visitatori è cresciuto di 15 volte (!), tutti l’hanno ammirata e imitata… ed ecco che, nonostante gli ottimi risultati, i catalani cercano oggi un nuovo modello di sviluppo lontano dal turismo di massa. Ma c’è anche Copenhagen che, presentando il suo piano turistico triennale, parla apertamente di “morte del turismo” come lo abbiamo sin qui conosciuto. Quello che stiamo capendo ogni giorno è che non bastano più nuovi aggiustamenti, ma serve un nuovo modo di pensare, concetti radicalmente nuovi. Il turismo si avvia ai due secoli di vita e da molti punti di vista ha dato tutto quello che poteva e ora ha bisogno di essere rifondato dalla base.

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