L'ENERGIA DEL VENTO

Eolico: l’Anev denuncia uno stato di grave crisi in Italia

di Redazione |

L'Associazione nazionale energia del vento, accusa il governo di trascurare il settore, nonostante gli impegni di riduzione delle emissioni presi alla COP21 di Parigi.

Il settore dell’energia eolica in Italia è in grave crisi, con le aziende che fuggono all’estero e l’occupazione che si riduce. Lo denuncia in un comunicato l’Anev, l’Associazione nazionale energia del vento, che raccoglie le aziende italiane del settore. Anev accusa il governo di trascurare il settore, nonostante gli impegni di riduzione delle emissioni presi alla COP21 di Parigi.

‘Sono solo 295 i Megawatt di nuova potenza eolica installata in Italia nel 2015 – scrive l’Anev -. Le aziende del settore sono costrette a fuggire all’estero o a chiudere perché non in grado di sopravvivere. Il dramma si ripercuote purtroppo sui lavoratori del settore. Si è passati da circa 37.000 occupati nel 2012, ai 34.000 nel 2013, ai 30.000 del 2014 e ai 26.000 nel 2015. Tale declino è ingiustificabile se riferito ad un settore che invece al 2020 dovrebbe impiegare oltre 40.000 addetti, per arrivare ai 67.000 occupati che si avrebbero se si raggiungesse l’obiettivo di riduzione delle emissioni e di incremento delle FER assunto dall’Italia al 2020′.

‘Il ritardo del Ministero dello Sviluppo Economico nell’adozione del DM Rinnovabili non fotovoltaiche per il 2015 – 2016 è di oltre un anno, vista la scadenza a fine dicembre 2014 – prosegue l’Anev -. Un tale atteggiamento da parte delle Istituzioni è scandaloso e sintomatico del totale disinteresse per temi di notevole urgenza, come l’ambiente e i cambiamenti climatici, che rende vana ogni parola spesa in occasione della COP21 di Parigi, dove l’Italia ha preso degli impegni per la riduzione delle emissioni clima alteranti al cospetto del consesso mondiale’.

Anev ‘denuncia la politica poco lungimirante del Governo e chiede un cambio di passo. L’emanazione del DM Rinnovabili non fotovoltaiche è necessaria, affinché il Governo non si renda responsabile di una politica strabica, che da un lato a Parigi si fa bella chiedendo l’assunzione di impegni di riduzione delle emissioni ancora più significativi di quelli attuali, ma dall’altro non emana i provvedimenti necessari a raggiungere gli obiettivi minimi già vigenti’.