Street Art

EntARTainment: l’arte ha imparato a sfruttare la rete. Il caso Bansky

di Bruno Zambardino, Armando Maria Trotta |

Cosa aspettano i media a comprendere il potenziale di questa nuova figura di intellettuale, lo street artist, e proporre contenuti davvero originali nei quali dare la possibilità a questi guerriglieri armati di spray di potersi esprimere e diffondere meglio ancora le loro idee!?

A volte basta davvero poco per cambiare il corso della storia, soprattutto quello della storia dell’arte. Basterebbe familiarizzare con l’idea che l’impressionismo sia un’invenzione americana per perdere del tutto la testa e mandare al diavolo il proprio interlocutore. Ed invece, se John Rand non avesse inventato i tubetti di stagno nei quali conservare i colori a olio, in sostituzione delle vesciche di maiale adoperate in precedenza ma con scarsi risultati, i pittori non avrebbero mai potuto guadagnare l’esterno, la luce del giorno, il plein air.

 La rubrica EntARTainment, ovvero libere riflessioni sull’economia dei media e della creatività tra nuovi linguaggi, mercati globali e moderne fruizioni. A cura di Bruno Zambardino Docente di Economia del Cinema e dello Spettacolo alla Sapienza e Direttore Osservatorio Media I-Com, in collaborazione con Armando Maria Trotta, autore cinematografico. Per consultare gli articoli precedenti clicca qui.

Un piccolissimo derivato della rivoluzione industriale ha permesso a Monet, Manet, Cézanne, Renoir, Pissarro di crescere artisticamente, uscire dai propri laboratori, solcare prati, guadare ruscelli, fino a raggiungere il traguardo dell’impressionismo.

Quella era un’epoca in cui i vari Delacroix avevano già “inventato” il ruolo di osservatore esterno del reale e dunque si può dire che l’archetipo dell’artista escluso dal contesto sociale e produttivo aveva già avuto modo di formarsi e di sedimentarsi nell’immaginario collettivo.

L’artista è sempre meno di corte e sempre più “selvaggio”, fuori dal mondo. Con questa idea, dagli sgoccioli del XIX sec. siamo arrivati a superare le soglie del duemila.

La tecnica, nel frattempo, ha fatto passi da gigante; l’arte, da Warhol a Lichtenstein, si è fermata un bel po’, tanto da indurre alcuni a constatarne l’avvenuto decesso.

Fino ad oggi. I nuovi tubetti di stagno sono arrivati in città, costano pochi euro e piccoli fuorilegge geniali li adoperano come novelli Michelangelo: stiamo parlando delle bombolette spray.

Il dibattito divide spesso esperti del settore e “comuni mortali”: è arte di strada o vandalismo?

Le cronache stanno pian piano accorgendosi di questo fenomeno endemico che da qualche tempo è avallato anche dal potere locale, e leggiamo di queste imprese di “estetizzazione dei sobborghi” un po’ in ogni dove (Roma rivive nel colore ; Tor Pignattara, museo a cielo aperto! ) ispirandosi alle realtà europee piu evolute e mature (Ecco come se la passano i “fiamminghi”)

Oggi, anche grazie ai social media, la nuova arte “delle bombolette” ha un impatto dirompente e centuplicato rispetto a quella dei secoli scorsi. Parliamo della guerrilla art, una diramazione di quel “vandalismo” tanto inviso ai conservatori dell’iconografia classica e noto ai più col nome di street art.

Il suo più illustre esponente è certamente Bansky, artista nativo di Bristol di cui non si conosce molto di più a causa della sua scelta di mantenere uno strategico e serratissimo anonimato.

Proprio mentre i miliziani dell’Isis distruggevano a martellate opere d’arte di inestimabile valore (Ecco il nuovo vandalismo culturale e mediatico) l’artista guerrigliero, poche settimane fa ha deciso di visitare Gaza ed ha pubblicato sul suo sito un breve video di due minuti nel quale mostra l’arrivo, l’accesso alla città per mezzo dei tunnel sotterranei, le quattro opere che ha regalato alle macerie e l’effetto che queste hanno prodotto sugli abitanti di quel posto, soprattutto sui bambini (Scegli una meta alternativa per le tue vacanze!). Ancora una volta, internet mette a disposizione la possibilità di amplificare il proprio messaggio in maniera inedita ed inconcepibile fino a qualche decennio fa. La cosa davvero nuova, però, è che una forma artistica così fortemente collegata al nostro retaggio culturale (l’immagine pittorica) trova il modo di vivere e godere di buona salute nonostante le nuove tecnologie e le nuove forme di fruizione.

Siamo di fronte ad un’evoluzione naturale e potentissima dell’arte che, in qualche modo, si serve del simbionte mediatico per arrivare agli occhi delle persone di mezzo mondo. Per citare Banksy: «La Tv ha fatto sembrare inutile andare a teatro, la fotografia ha praticamente ucciso la pittura, ma i graffiti sono rimasti gloriosamente incontaminati dal progresso» e se il mondo degli user di Facebook sembra ipnotizzato dai gattini di ogni forma e genere, perché non attirare la loro attenzione con qualcosa che possano davvero apprezzare?

Cosa aspettano i media a comprendere il potenziale di questa nuova figura di intellettuale, lo street artist, e proporre contenuti davvero originali nei quali dare la possibilità a questi guerriglieri armati di spray (e non di martello pneumatico) di potersi esprimere e diffondere meglio ancora le loro idee!?