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EntARTainment. Ecco cos’è il punto di non ritorno per l’industria dell’audiovisivo

Fonzie

In gergo, quando si riesce ad identificare la puntata che segna l’inesorabile “punto di non ritorno” di una serie televisiva, si dice che lo show abbia “saltato lo squalo”.

 La rubrica EntARTainment, ovvero libere riflessioni sull’economia dei media e della creatività tra nuovi linguaggi, mercati globali e moderne fruizioni. A cura di Bruno Zambardino Docente di Economia del Cinema e dello Spettacolo alla Sapienza e Direttore Osservatorio Media I-Com, in collaborazione con Armando Maria Trotta, autore cinematografico. Per consultare gli articoli precedenti clicca qui.

La locuzione “jump the shark” è stata coniata dal critico Jon Hein e si riferisce all’episodio di apertura della quinta stagione di “Happy Days” nel quale Fonzie, per dimostrare il suo coraggio al solito gruppo di amici, munito di sci d’acqua e dell’immancabile giubbotto di pelle, decise di saltare un grosso squalo bianco nella baia di Los Angeles.
Il tentativo di enfatizzare il carattere di un personaggio secondario che aveva acquisito sempre più peso nella narrazione, l’ingigantirsi degli avvenimenti e l’ampliarsi della distanza tra verosimiglianza e storytelling segnarono l’inevitabile declino qualitativo della serie, archiviando per sempre l’epoca d’oro dei ragazzi di Milwaukee, pur restando una pietra miliare della serialità televisiva americana.
Quando uno sceneggiatore non sa più cosa inventarsi per far fronte alle richieste di un produttore che non vuole assolutamente rinunciare alla sua gallina dalle uova d’oro, il rischio di “saltare lo squalo” è dietro l’angolo!

Similmente, anche l’industria dell’audiovisivo (o una parte di essa, quella che non ha ancora il coraggio di innovare) continua a chiedere alla comunità artistica idee, contenuti, prodotti che potevano andar bene per un sistema ideato e brevettato per l’audience del secolo scorso e che adesso, alle soglie dei nuovi ruggenti anni venti, corre il rischio di essere considerato obsoleto e seppellito dalle nuove tecnologie, dai nuovi modi di fare, di distribuire e di fruire.

E’ tutto il vecchio apparato che adesso, sempre sorridente e quieto come il Fonzie tarantiniano, ha indossato gli sci d’acqua e si appresta a saltare lo squalo che incarna l’inevitabile e atavico bisogno di cibarsi di storie, di vederle in immagine, di confrontarsi con la finzione per misurare e comprendere la propria realtà ma che ha intenzione di farlo con nuove metodologie di fruizione, rispondenti alle mutate esigenze della nuova era digitale e multipiattaforma. La risposta a questa necessità di “intrattenimento” è antica quasi quanto il più temibile dei predatori degli abissi e, proprio come il millenario pescecane, non ha mai avuto bisogno di evolversi per sopravvivere… finora.
Certo, il “pubblico” non poteva nemmeno lontanamente immaginare di poter consumare contenuti on demand, sempre più spesso in mobilità, sganciati dalle tradizionali logiche di palinsesto: modalità che all’epoca (ovvero, quando l’industria analogica viveva ancora i suoi “Happy Days” nella loro dimensione lineare) suonavano come ritrovati fantascientifici. Lo Squalo, ibrido costituito da audience e new producers/distributors, sempre più famelico, ha individuato in essi un oceano più grande e in questo oceano ha riconosciuto quella che potrebbe essere la sua dimora, almeno fino al prossimo sconvolgimento tettonico; dimora nella quale non scarseggiano cibo e opportunità, laddove banchi di ore di intrattenimento nuotano sotto forma di bite e sono proprio lì, alla portata di tutti.
Intanto, Fonzie aggiusta carburatori nella sua officina e non sa come arrivare a fine mese, colpito dalla crisi, intesa come cambiamento traumatico di un settore che ha bisogno di nuova linfa sotto il profilo dei linguaggi e di spinte innovative sul versante dei modelli di business, che si trova in un momento di passaggio decisivo non solo dal punto di vista tecnologico ma anche e soprattutto culturale.

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