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Enel-Metroweb: la fibra ottica ha ora una marcia in più

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L'aver convogliato sotto EOF i principali protagonisti delle tlc italiane e anche la CDP è un punto a favore di Enel nella battaglia della fibra ottica.

A lungo rincorsa dai principali protagonisti delle tlc italiane, prima fra tutte Telecom Italia, Metroweb passa infine sotto il controllo di una società congiunta formata da Enel e CDP Equity. Oggi, il Cda della società elettrica dà il suo via libera all’acquisizione della quota del 53,8% di Metroweb in mano al fondo F2i, che ha dato il suo benestare all’operazione due giorni fa. Si tratta dell’ultimo tasselo per poter poi procedere fusione tra Enel Open Fiber (EOF) – società creata da Enel per realizzare la rete in fibra – e Metroweb.

Il fondo di Renato Ravanelli dovrebbe poi stabilire a settembre le modalità di rientro nella nuova società, con una quota del 20-25%, attraverso il Secondo Fondo, che conta tra gli investitori Intesa Sanpaolo, Unicredit Group, China Investment Corporation, sei fondazioni bancarie e due casse di previdenza.

Con l’entrata nel perimetro delle sue attività di quella che per lungo tempo è stata considerata la ‘reginetta del ballo’ della fibra ottica – vista la presenza di CDP, e quindi della ‘mano pubblica’ nella compagine azionaria entra dunque sempre più nel vivo il piano di Enel nella fibra ottica. Piano che non si ferma alla fonitura di fibra spenta ai soli operatori di telecomunicazioni: la società di Francesco Starace dialoga a 360 gradi con chiunque sia interessato a veicolare i propri prodotti sulla nuova rete, quindi anche con i produttori di contenuti, molti dei quali – come Sky – hanno già accordi con Telecom o Fastweb.
Una sfida a 360 gradi, quindi, quella che Enel lancia a Telecom Italia che nei giorni scorsi ha siglato un accordo da 1,2 miliardi di euro proprio con Fastweb per cablare 29 città in tecnologia FTTH, in un mercato che sarà caratterizzato quindi da una sorta di bipolarismo che era difficile immaginare fino a poco tempo fa, almeno non in questi termini.

Se infatti fino alla ‘discesa in campo’ di Enel, lo scorso aprile, le speranze erano riposte negli interventi dell’operatore storico – che però non sembrava avesse un piano organico per infrastrutturare il paese, nè la forza economica per farlo – le cose sono ora sostanzialmente cambiate, anche alla luce del piano del Governo sull’ultrabroadband che, anche questo, vedrà sfidarsi i due ex monopolisti. Entrambi hanno manifestato l’intenzione di partecipare ai bandi Infratel per le aree a fallimento di mercato ed entrambi hanno presentato piani per cablare le principali città delle aree più remunerative del paese.

Nello specifico, il piano lanciato da Enel prevede investimenti per 2,5 miliardi nella realizzazione di una rete FTTH – fibra direttamente nelle case dei clienti – in 224 città italiane situate nelle aree a successo di mercato e la partecipazione ai bandi Infratel per le aree a fallimento di mercato.
I lavori sono partiti dalle città di Perugia, Catania, Bari e Venezia. Nel capoluogo umbro si prevede una copertura del 50% delle unità immobiliari entro dicembre 2016 e dell’80% entro il primo quadrimestre del 2017. Poi progressivamente, entro tre anni, verranno cablate le altre 219 città, con l’avvio dei lavori in altre 40 città già all’inizio del prossimo anno.

Una volta completata la rete, i servizi saranno attivati dagli operatori con i quali Enel ha già sottoscritto accordi commerciali: Vodafone, Wind, Tiscali, e probabilmente anche quello che sarà il quarto operatore mobile creato da Xavier Niel con gli asset che dovranno essere ceduti da Wind e 3 dopo la fusione delle due società.
I contratti offerti da Enel, secondo quanto riferito dall’ad di Vodafone, Aldo Bisio, “sono più convenienti rispetto alle alternative potenziali di investimento da soli o a quelle potenziali di acquisto in wholesale dall’incumbent”.

L’aver convogliato sotto Enel Open Fiber i principali protagonisti delle tlc italiane e anche la Cassa Depositi e Prestiti è senz’altro un punto a favore di Enel. E’ la concorrenza, bellezza, si è già detto. E ben venga se sarà da stimolo per rilanciare un Paese rimasto per troppo tempo arenato nelle sabbie mobili di una banda troppo stretta per rispondere alle esigenze di imprese e cittadini che vogliono entrare di diritto in quella che l’Europa ha già battezzato ‘Gigabit Society’.