L'intervista

Emergenza sanitaria, Alberto Contri (IULM): ‘Ecco cosa non sta funzionando nella comunicazione pubblica sul Coronavirus’

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Inadeguato pensare che l’emergenza si comunichi solo con le conferenze stampa o partecipando a chiassosi talk show. Purtroppo gli apparati di comunicazione interni alla Pubblica Amministrazione si sono rivelati inidonei ad affrontare una emergenza del genere: privi di idee e vecchi nella mentalità.

In questi giorni sulla stampa e in tv viene ripetuta spesso la stessa domanda: Come mai c’è ancora così tanta gente in giro per le strade? Il Viminale pensa a severe sanzioni. Molti commentatori hanno dato la responsabilità ad errori di comunicazione del Governo.

Abbiamo chiesto un parere al prof. Alberto Contri, grande esperto in pubblicità, per vent’anni presidente della Fondazione Pubblicità Progresso, docente di Comunicazione Sociale presso l’Università IULM.

Key4biz. Prof. Contri, che cosa non ha funzionato nella comunicazione dell’emergenza Coronavirus?

Alberto Contri. Il motivo è drammaticamente semplice: da sempre la cultura della comunicazione della Pubblica Amministrazione è molto modesta, e a nulla sono valsi i ripetuti appelli che io stesso ho promosso a più riprese quando ho avuto l’occasione di guidare per 5 anni l’Associazione Italiana delle Agenzie di Pubblicità (allora AssAP) e per quattro la Federazione Italiana della Comunicazione. Senza nessun risultato.

Per questo, la lezione del mio corso universitario dedicata alle campagne della P.A. consiste nell’analizzare tutti gli errori che non si dovrebbero mai fare nella comunicazione sociale, e che Governi e Ministeri hanno immancabilmente fatto.

Key4biz. C’è un motivo strutturale per cui succede questo?

Alberto Contri. È perché a dirigere gli uffici comunicazione nella P.A. ci sono nel migliore dei casi laureati in tutt’altre discipline, delle volte dei giornalisti (mestiere ben diverso dalla pubblicità sociale), e perché la decisione finale sulla scelta di una agenzia o di una campagna è sovente affidata all’Ufficio Acquisti, per nulla a suo agio con un bene immateriale come la comunicazione.

Inoltre la classe politica nel suo complesso ha purtroppo un’idea vecchia almeno di trent’anni di cosa sia la comunicazione pubblica. E da lì vengono i ministri…

Key4biz. In concreto cosa non ha funzionato per il Covid-19?

Alberto Contri. In primis la convinzione che per comunicare basti convocare conferenze stampa e partecipare ai talk show televisivi. Ma il pubblico giovane (almeno fino a 40 anni) guarda molto poco la tv e non legge per nulla i giornali, che negli ultimi dieci anni hanno visto inoltre dimezzare le loro tirature. Così buona parte dei cittadini è tagliata fuori dal flusso informativo. Mentre sulla rete circola talmente di tutto che è difficile farsi un’idea. Ma c’è un problema ancora più grave, che riguarda i contenuti.

Key4biz. Vale a dire?

Alberto Contri. Intanto basta dare un’occhiata ai siti istituzionali: sono di assai modesto appeal, zeppi di testo, e quando ci sono, i video sono realizzati con delle semplici scritte accompagnate da una allegra musichetta. Con disegnini e colori più adatti ai bambini delle elementari.

Il massimo sforzo in quanto a spot, nel caso del Coronavirus, è consistito poi nel reclutamento di testimonial come Michele Mirabella che sdrammatizza e invita a telefonare a numeri di fatto sempre occupati. O di Amadeus che invita a lavarsi le mani. Tutto qua.

Sui social, si è promossa un’idea in sé carina, con artisti e cantanti che invitano a stare a casa, ma sempre con aria sorridente e scherzosa. Il che inevitabilmente ha contribuito alla sensazione che si volesse esorcizzare, e quindi a non prendere troppo sul serio, un dramma molto grave. Di conseguenza la gente si è fatta l’idea che la pandemia riguardasse al massimo solo gli anziani, e al momento desiderato è scesa in strada come sempre, non solo per le urgenze indifferibili. Considerando le indicazioni poco più che norme di galateo.

Key4biz. Cosa si sarebbe dovuto fare secondo lei?

Alberto Contri. Quello che si fa in tutti paesi del mondo in casi del genere sono le più aggiornate tecniche pubblicitarie. Progettare una campagna articolata con linguaggi adatti ai più diversi mezzi e ai più diversi target, dopo aver individuato una precisa strategia insieme al cosiddetto insight: che si potrebbe definire quell’intuizione da esprimere poi in termini creativi e sorprendenti, capace di fornire la motivazione in grado di smuovere le coscienze dei cittadini. Convincendoli ad adottare come propria scelta gli indirizzi del governo. Sfido a trovare qualcosa del genere nella comunicazione scialba che si è vista. Soprattutto in questi casi si doveva assumere un ruolo di regia complessiva, fornendo indirizzi ai mass media, che invece si sono mossi tutti in ordine sparso, amplificando per l’occasione vizi e difetti oramai congeniti. Mentre questo tipo di regia è stata confusa con le conferenze stampa.

Key4biz. Cosa intende?

Alberto Contri. Nei talk show televisivi si è perlopiù seguito il solito schema di voler contrapporre differenti tesi di virologi per ottenere il solito litigio in diretta, mentre spesso hanno preso il sopravvento le doti tribunizie di conduttori e conduttrici cui non è parso vero di sovrapporsi agli ospiti spiegando al colto e all’inclito argomenti di cui ne sanno quanto il pubblico.

Clamorosa in questo senso la gaffe di Lilli Gruber, che ha presentato uno dei più autorevoli virologi italiani, il Prof. Galli dell’Ospedale Sacco, dicendo “Sentiamo un cosiddetto esperto”. Oltretutto il prof. Galli è anche un ottimo divulgatore di argomenti complessi. Inoltre i mass media sono responsabili di aver celebrato, sostenuto e diffuso l’hashtag “Andrà tutto bene”, oltre che i cori dei cittadini dalle finestre.

Key4biz. A molti è sembrata una buona idea.

Alberto Contri. Purtroppo non lo è perché è la dimostrazione che davvero le strade dell’inferno sono lastricate di buone intenzioni: dopo neanche un giorno di permanenza obbligata in casa, si è voluto cavalcare il desidero di esorcizzare il problema confidando in un gioioso happy end, e di evadere dall’orrido destino di non poter uscire per un po’. Quando almeno all’inizio bisognava diffondere un sano sentimento di paura nell’esporsi ai contagi. Mi è parso strepitoso il video del sindaco di Delia, in provincia di Caltanissetta, che ha così stigmatizzato la faccenda: “Che cantate a fare, irresponsabili! Non correte dalle elementari, e ora tutti podisti”. Meno male che è stato molto condiviso, segno che il richiamo è stato colto.

Key4biz. Diffondere un sentimento di paura: non si rischiava così di creare panico?

Alberto Contri. Ma no: l’emergenza o è emergenza o non lo è. Uno dei problemi principali da risolvere in un caso del genere è far capire come si manifesta un nemico invisibile di cui avere assolutamente paura. Per esempio, si potrebbe realizzare una animazione stile videogioco realistico in cui le droplet, le goccioline di saliva, sono altrettanti proiettili sparati da pistole al posto delle bocche. Mi ha colpito sentire il sempre acuto giornalista Riccardo Bocca descrivere a UnoMattina un’idea simile, neanche ci fossimo parlati. Si vede che è una buona idea.

È inutile stigmatizzare poi la folla assiepata nella metro, se non si fa comprendere la gravità del problema ben al di là delle sole scritte. Tra l’altro la folla si è creata senza colpa perché sono state assai stupidamente ridotte le corse, così i disgraziati comunque obbligati ad andare al lavoro, si sono dovuti pigiare come sardine, altro che metro di distanza!

Key4biz. Nelle conferenze stampa si è inoltre lanciato l’appello per raccogliere sangue, non molto ascoltato.

Alberto Contri. Il motivo l’ho già spiegato. Mi piace ricordare che la prima campagna realizzata da Pubblicità Progresso nel 1971 fu proprio realizzata per la raccolta di sangue. Ebbe un successo clamoroso per l’individuazione di un insight molto drammatico, che addirittura incolpava i cittadini di indifferenza.

Se non c’è tempo e capacità di fare qualcosa del genere, basterebbe convocare tutti gli influencer, dalla Ferragni alla Lucarelli, da Rovazzi a FavijTV, per chiedere loro di promuovere la donazione del sangue presso i loro milioni di follower. Ritengo ci metterebbero un attimo a far diventare cool donare sangue in questa drammatica emergenza.

Ma questo sono solo idee estemporanee. Seguendo le migliori prassi di chi ha studiato e sa fare comunicazione come Dio comanda, si potrebbe in realtà fare un lavoro eccellente. Ma con la P.A. non ci si è mai riusciti, e purtroppo nemmeno questa volta.

In questi giorni sto preparando per gli studenti le lezioni del mio corso di Comunicazione Sociale da tenere on-line. Vuol dire che aggiornerò la playlist delle campagne pubbliche da stigmatizzare.

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