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Elon Musk vuole comprarsi la Casa Bianca: Twitter diventa il suo megafono

Niente sarà come prima, ci dicevamo con la pandemia, e ci siamo ripetuti con la guerra, sicuri di sbagliare, quasi per scaramanzia. Invece, già oggi nulla è come prima: non lo è l’economia, con l’inflazione che esplode. Non l’energia, con il ritorno al carbone e al nucleare. Non lo sarà la geopolitica, con un 38° parallelo nel cuore dell’Europa, e sicuramente non lo è più la rete.

La resistenza ucraina, accanto alla quale si sono schierate le forze tecnologiche, ha marchiato a fuoco il mondo digitale, riducendolo ad una logistica dell’occidente. Un trauma a cui le grandi potenze del mercato hanno reagito trasformandosi sotto i nostri occhi.

Il potere dei gatekeepers

Facebook è diventata un gigantesco centro di brokeraggio di prodotti e servizi, tramite il cantiere del metaverso, lanciato da Mark Zuckerberg. Mentre Google si è definitivamente impossessato, come dimostra la martellante campagna di pubblicità che appare per ironia della sorte proprio sui grandi quotidiani, del sistema editoriale, integrandolo nei propri server e profilandolo secondo le proprie necessità.

Elon Musk, che ha guadagnato in Ucraina i galloni di cavaliere bianco della Nato, schierando la sua imponente flotta satellitare a supporto delle truppe di Kiev, con l’acquisto di Twiter, che ora finge di ripensare per renderlo meno indigesto, si candida direttamente ad essere il king maker della politica globale. Con un tweet che entrerà nel novero dei NFT più ricercati.

Elon Musk ha aperto la campagna elettorale Usa

L’uomo più ricco del mondo ha aperto la sua campagna elettorale negli USA.

Musk, dopo un lungo riposizionamento, ha rotto il feeling naturale fra il mondo digitale e i democratici annunciando che sarà da oggi al fianco dei repubblicani per strappare la Casa Bianca a Biden.

Una dichiarazione che metterà in grande subbuglio sia il partito dell’attuale presidente, sia quello avversario. Infatti il magnate ha già fatto sapere che ritiene del tutto inadeguata una riproposizione della candidatura di Donald Trump, e che per vincere ci vuole un candidato in grado di declinare libertarismo con liberismo. Una formula che lui sta propugnando proprio per Twitter, dove ha annunciato che sperimenterà questa sorta di selezione naturale dei contenuti in base alla credibilità che gli attribuiranno gli utenti e non alla sorveglianza che eserciterà la piattaforma all’origine.

La potenza tecnologica scende in politica

Siamo ad un cambio di passo della politica globale. La potenza tecnologica non si mimetizza più dietro ad un comodo neutralismo, ma si candida direttamente ad assumere la guida delle istituzioni. Esattamente quanto fece negli anni ‘80 il sistema televisivo, come sappiamo bene in Italia con l’esperienza di Berlusconi.

‘La rete uccide l’opinione pubblica’

La differenza è che la TV è comunque un media trasparente e collettivo, dove sopravvive una dialettica con un’opinione pubblica che può contendere ai proprietari dell’emittente l’egemonia culturale. Invece la rete, soprattutto con le nuove forme di learning machine degli algoritmi semantici, è un sistema di relazione individuale e personalizzato, che nasconde il messaggio che recapita ad ognuno dei suoi miliardi di utenti, impedendo qualsiasi dialettica e contradditorio. La rete, lo spiega lucidamente, Shoshanna Zubof nel suo storico saggio ‘Il capitalismo della sorveglianza’ (Luiss editore), uccide l’opinione pubblica asservendo lo Stato.

Le norme Ue

Per questo ora si attende la risposta della politica. In Europa già alcuni passaggi sono stati decisi, con l’approvazione di norme, quali il Digital Service Act e il Digital Market Act, che rendono algoritmi e dati materia negoziale e contendibile, al di là degli statuti proprietari. Ma come ogni legge bisogna trovare soggetti sociali in grado di farla valere. Esattamente come capitò allo statuto dei lavoratori, negli anni ‘70: senza l’azione del movimento del lavoro che trasformava le norme in diritti vivi, anche quel testo legislativo così avanzato sarebbe rimasto lettera morta. Ora, dinanzi all’aggressività delle piattaforme e alla loro strategia di diventare i tutor di un occidente militarizzato dal punto di vista della comunicazione, bisogna attivare modelli di protagonismo sociale in grado di contrastare e riprogrammare la potenza tecnologica che al momento è una clava nelle mani dei gruppi monopolisti.

La vera partita si giocherà negli Usa

Ma la vera partita si giocherà negli USA. Fino ad ora il governo americano ha difeso l’autonomia della Slicon Valley come patrimonio nazionale, anzi, come spiegava Hillary Clinton, l’allora segretario di Stato di Obama, “la libertà di azione delle aziende tecnologiche afferisce alla sicurezza nazionale del paese”. Oggi qualcosa di rilevante è cambiato. Soprattutto per l’amministrazione americana che si trova nel mirino di uno dei più determinati tycoon digitali, quale è Elon Musk.

A questo punto ci si attende che proprio dalla Casa Bianca venga attivata la tradizionale e istintiva strategia antitrust con cui la democrazia statunitense si è sempre difesa dall’invadenza di un particolare gruppo monopolista. Almeno per legittima difesa.

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