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Elon Musk lascia il Doge e prende le distanze da Trump. La luna di miele è già finita?

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Musk scarica Trump sul maxi piano fiscale approvato dalla Camera: “Così salta tutto il lavoro del Doge”. Ma a pesare sull’addio sono anche le perdite record di Tesla e il gelo con Washington.

La rottura tra Elon Musk e Donald Trump è ormai ufficiale. Il miliardario ha annunciato il suo addio al Doge, il Dipartimento per l’Efficienza del Governo da lui guidato per tagliare la spesa pubblica, e ha criticato duramente il provvedimento bandiera del presidente: il cosiddetto “Big Beautiful Bill”. Approvato dalla Camera con un solo voto di scarto, il disegno di legge prevede tagli fiscali massicci per miliardari e corporation, a scapito di programmi di assistenza e sanità pubblica, e rischia di far esplodere il deficit.

Secondo le stime, il pacchetto fiscale farà lievitare il disavanzo federale di 3.800 miliardi di dollari nell’arco di dieci anni. Un colpo diretto all’ambizioso piano del Doge, che mirava a eliminare sprechi per almeno 1.000 miliardi di dollari. Musk, nel motivare la sua decisione, ha sottolineato come il nuovo provvedimento “metta a rischio il lavoro del Dipartimento” e abbia definito la burocrazia federale “molto peggio di quanto pensassi”.

I danni di Musk: fino a 135 miliardi di dollari di costi nascosti per i contribuenti statunitensi

Sebbene il Doge fosse nato con l’ambizioso obiettivo di ridurre gli sprechi per 2.000 miliardi di dollari – successivamente ridimensionati a 150 miliardi – analisi indipendenti hanno messo in discussione l’effettiva efficacia dei tagli. Secondo uno studio della Partnership for Public Service, le operazioni guidate da Musk potrebbero in realtà costare ai contribuenti statunitensi fino a 135 miliardi di dollari. Gran parte dei tagli ha interessato agenzie strategiche come l’IRS (Internal Revenue Service), dove il personale è stato ridotto fino a un terzo.

Secondo il Budget Lab dell’Università di Yale, ciò potrebbe tradursi in una perdita di 198 miliardi di dollari in entrate fiscali nel prossimo decennio. Inoltre, il ridimensionamento ha comportato una perdita di produttività, aumento dei costi di gestione e un diffuso senso di destabilizzazione tra i dipendenti federali.

Le ragioni del passo indietro di Musk? La crisi di Tesla

Alla base della decisione di Musk c’è anche la crisi profonda che sta attraversando Tesla, il colosso dei veicoli elettrici da lui fondato e guidato. Nel primo trimestre del 2025, l’azienda ha registrato un crollo degli utili del 71% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Le vendite sono in netto calo, soprattutto nel mercato statunitense e cinese, complici la concorrenza crescente, le tensioni geopolitiche e l’erosione della fiducia del mercato, anche a causa delle posizioni pubbliche sempre più radicali assunte da Musk.

Il titolo in borsa ha perso valore e gli investitori hanno chiesto da tempo un ritorno stabile dell’imprenditore alla guida strategica. Musk tornerà a tempo pieno al quartier generale dell’azienda in California, nel tentativo di arginare l’emorragia finanziaria e rilanciare i modelli di punta, a partire dalla Model Y.

Verso nuovi equilibri

La presa di posizione di Musk arriva in un momento delicato per l’amministrazione Trump, alle prese con le tensioni interne al Partito Repubblicano. I falchi conservatori temono che il Big Beautiful Bill possa compromettere la stabilità dei conti pubblici e mettere a rischio le elezioni di metà mandato. Intanto, la spettacolare parata militare del 14 giugno – organizzata per i 250 anni dell’esercito e coincidente con il compleanno del presidente – costerà fra i 25 e i 45 milioni di dollari, alimentando ulteriori polemiche sulla gestione delle finanze pubbliche.

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