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Elon Musk, il ricorso contro “il bavaglio” Sec respinto dalla Corte Suprema USA

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La più alta corte della magistratura federale degli Stati Uniti d'America ha deciso di non occuparsi del caso Elon Musk vs Sec, relativo all’accusa di frode degli azionisti per aver artificialmente causato l’aumento del valore delle azioni di Tesla a seguito di diverse dichiarazioni di vendita su Twitter (ora il suo X) a contrattazioni aperte.

La Corte Suprema rigetta la richiesta degli avvocati di Musk

La Corte Suprema degli Stati Uniti d’America ha respinto la richiesta degli avvocati di Elon Musk di esprimere un giudizio sullo scontro tra il proprietario della Tesla e la Securities and exchange commission (Sec), l’agenzia governativa americana che si occupa della regolamentazione delle borse valori a livello federale.

Il ricorso presentato dai legali di Musk è relativo a quanto accaduto nel 2018, quando sull’allora Twitter (rinominato X proprio da Elon Musk, al momento dell’acquisto del social media a fine 2022) il proprietario di Tesla iniziò a diffondere tweet su cui dichiarava la possibile uscita della casa automobilistica dalla borsa.

L’oggetto dei post era legato alla presunta vendita di Tesla ad un acquirente privato, a cui sarebbe seguita l’uscita dalla Borsa valori e un’offerta di 420 dollari per azione.

A sostegno del piano, Musk aveva anche annunciato un importante impegno finanziario da parte di un fondo sovrano saudita.

Il tutto mentre le contrattazioni erano ancora in corso e quindi con l’effetto di far lievitare “artificialmente” il valore delle azioni stesse della Tesla. Ne seguì una class action del azionisti contro Musk e Tesla, per i tweet ingannatori, le conseguenti perdite (12 miliardi di dollari circa) e l’inesistenza dello stesso finanziamento legato al fondo.

L’accordo Musk-Tesla-Sec

Un’azione che è stata considerata scorretta dalla Sec e a seguito dell’indagine si è arrivati ad un accordo.

L’accordo prevedeva, tra le altre cose, le dimissioni di Elon Musk dal Consiglio di amministrazione della Tesla per tre anni, una multa da 20 milion di dollari a lui e all’azienda, l’obbligo di far controllare i suoi futuri post su Twitter/X dal proprio avvocato prima di essere pubblicati.

Da tutto questo Musk si è sempre difeso, accusando la Sec di avergli imposto una “museruola”, di aver limitato così i suoi diritti fondamentali, tra cui la “libertà di parola” e il “diritto d’opinione”.

I legali dell’imprenditore americano avevano presentato ricorso alla Corte Suprema lo scorso dicembre, sostenendo che la Sec non ha alcuna autorità di imporre tali obblighi o limiti d’azione, tra cui quello che è stato definito “il bavaglio” sui social.

La Sec ha tenuto un comportamento scorretto nei confronti del Signor Musk, quasi intimidatorio, mantenendo aperte indagini su di sui da almeno tre anni”, hanno sottolineato gli avvocati nel ricorso presentato alla Corte, ieri rigettato.