Finestra sul mondo

Elezione medio termine in Usa, Rivolta in Francia per aumento del prezzo della benzina, Web tax

di Agenzia Nova |

Poteri, economia, finanza e geopolitica nelle ultime 24 ore.

Finestra sul mondo è una rubrica quotidiana con le notizie internazionali di Agenzia Nova pubblicate in collaborazione con Key4biz. Poteri, economia, finanza, lette in chiave di interdipendenza con un occhio alla geopolitica. Per consultare i numeri precedenti, clicca qui.

Usa: elezioni di medio termine, i Democratici conquistano la Camera dei rappresentanti mentre i Repubblicani mantengono il Senato

07 nov 10:58 – (Agenzia Nova) – Il Partito democratico Usa ha conquistato il controllo della Camera dei rappresentanti federale e il governo di importanti Stati dell’Unione in occasione delle elezioni di medio termine, tenutesi nella giornata di ieri. Le attivita’ di spoglio in diversi Stati e collegi elettorali sono ancora in corso, ma i Democratici hanno strappato ai Conservatori almeno 26 seggi alla Camera, piu’ dei 23 necessari a invertire i rapporti di forza in quel ramo del Congresso. I Democratici non sono riusciti a materializzare l'”onda blu” auspicata nei mesi scorsi, e i Repubblicani hanno mantenuto il controllo sul Senato federale. Ciononostante, la conquista della maggioranza alla Camera consentira’ all’opposizione democratica di ostacolare efficacemente l’azione legislativa dell’amministrazione presidenziale di Donald Trump. Il Partito repubblicano degli Stati Uniti ha vinto invece la sua battaglia piu’ importante al Senato, mantenendo il controllo del seggio del Texas, grazie alla vittoria del senatore conservatore uscente, Ted Cruz, sul suo avversario democratico, Beto O’Rourke. I Conservatori hanno anzi ampliato la loro maggioranza alla Camera alta, strappando ai Democratici tre seggi negli Stati di Indiana, North Dakota e Missouri. Le speranze dei Democratici di controllare il Senato erano di fatto gia’ sfumate nelle scorse ore, dopo la sconfitta del senatore democratico uscente dell’Indiana, Joe Donnelly, battuto dal repubblicano Mike Brown. I Repubblicani appaiono in vantaggio anche in Florida, un altro seggio precedentemente controllato dai Democratici: come pronosticato nei giorni scorsi, dunque, i Repubblicani potrebbero perdere il controllo della Camera, ma mantenere o ampliare la loro maggioranza al Senato. Al momento le proiezioni e i dati parziali indicano una affluenza alle urne assai superiore alla norma, e in alcuni casi addirittura prossima a quella delle elezioni presidenziali 2016. Gli ultimi sondaggi effettuati lunedi’, prima del voto, indicano nell’assistenza sanitaria, l’immigrazione e il profilo del presidente Donald Trump gli argomenti avvertiti come prioritari dall’elettorato Usa. La profonda divisione che attraversa l’elettorato statunitense, diviso tra un Partito repubblicano che e’ ormai espressione del populismo di Donald Trump, e un partito Democratico sempre piu’ orientato su posizioni socialiste, si riflette da oggi nella spaccatura del Congresso federale. Candidati democratici che avevano catturato l’immaginario della sinistra Usa, come il candidato a governatore della Florida Andrew Gillum e Starcey Abrams, prima afroamericana candidata al ruolo di governatore della Georgia, sono stati sconfitti dai loro avversari repubblicani. Nancy Pelosi, leader dei deputati democratici, che pare prossima a riassumere la carica di presidente della Camera, ha rivolto ieri duri attacchi al presidente Trump, affermando che il suo partito riportera’ la trasparenza e l’equilibrio dei poteri al Congresso; Pelosi, pero’, ha anche escluso che i Democratici tentino un impeachment del presidente Usa, come richiesto a gran voce dalle ali piu’ estreme del partito.

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Stati Uniti-Russia, amministrazione Trump annuncia nuove sanzioni contro Mosca

07 nov 10:58 – (Agenzia Nova) – L’amministrazione del presidente Usa Donald Trump ha informato il Congresso che la Russia non ha rispettato una serie di requisiti necessari a Mosca per eludere un secondo round di sanzioni statunitensi per l’avvelenamento della ex spia russa nel Regno Unito, Sergei Skripal. L’annuncio e’ stato diffuso martedi’, 6 novembre, dal Dipartimento di Stato e dalla commissione Affari esteri della Camera. Mosca non avrebbe fornito garanzie sul fatto che non utilizzera’ agenti nervini contro la sua stessa popolazione, e questo ha portato l’amministrazione Trump ad avviare una nuova tranche di sanzioni contro la Russia in base alla legge del 1991 sull’eliminazione delle armi chimiche e biologiche. Il Chemical Biological Weapons Act stabilisce che il dipartimento di Stato certifichi al Congresso se la Russia abbia soddisfatto le condizioni richieste dalla legge tre mesi dopo la determinazione iniziale del caso Skripal. In una dichiarazione, la portavoce del dipartimento di Stato Heather Nauert ha detto che il dipartimento sta “consultando il Congresso in merito ai prossimi passi” come richiesto dalla legge. Il dipartimento di Stato aveva annunciato ad agosto l’intenzione di imporre sanzioni “molto severe” alla Russia dopo 90 giorni, a meno che Mosca non avesse fornito “garanzie affidabili” sulla cessazione dell’utilizzo di armi chimiche e consentito ispezioni in loco da parte delle Nazioni Unite. L’ex direttore dell’intelligence russa Sergej Skripal e sua figlia Julia sono stati avvelenati il marzo scorso nella citta’ di Salisbury con l’utilizzo dell’agente nervino della classe “Novichok”. Le autorita’ britanniche hanno imputato l’avvelenamento ad Aleksander Petrov e Ruslan Boshirov, due cittadini russi che avrebbero agito per ordine del governo russo.

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I mercati finanziari non sono preccupati per lo stallo al Congresso Usa

07 nov 10:58 – (Agenzia Nova) – Ora che negli Stati Uniti si sono tenute le elezioni di mid-term e che ne e’ emerso un Congresso in stallo con la Camera dei Rappresentanti controllata dal Partito democratico ed una maggioranza del Partito repubblicano al Senato, i mercati finanziari mondiai possono tornare a focalizzare la loro attenzione su cio’ che veramente conta: e’ questa la posizione che oggi mercoledi’ 7 novembre prende il quotidiano economico britannico “Financial Times”, espressa nell’analisi del suo opinionista Michael Mackenzie. Secondo il quale saranno la politica della Federal Reserve (Fed) e le tensioni commerciali tra USA e Cina a determinare se Wall Street ed i mercati azionari globali riusciranno a continuare il loro recente rimbalzo dopo i pessimi risultati di ottobre; a dare una mano in questo senso, scrive Michael Mackenzie, probabilmente saranno un dollaro meno forte e la stabilita’ dei rendimenti delle obbligazioni. Una delle piu’ importanti conseguenze del voto di ieri negli Stati Uniti, prevede il “Financial Times”, e’ che ora diminuiscono le prospettive di un ulteriore taglio delle tasse; e mentre con ogni probabilita’ nel nuovo Congresso aumentera’ la spinta per un aumento delle spese per rinnovare le fatiscenti infrastrutture del paese, e’ chiaro che da qui in avanti iniziera’ la campagna per le elezioni presidenziali del 2020: e’ evidente quindi che i Democratici non vorranno rafforzare significativamente l’economia e dare una mano alle possibilita’ di rielezione di Donald Trump. Cio’ significhera’, secondo il giornale della City di Londra, che gli Stati Uniti entreranno nel 2019 con prospettive economiche minori; ma anche che aumentano le probabilita’ che il ciclo di rialzi dei tassi di interesse deciso dalla Fed si stia avviando al termine e che quindi i rendimenti delle obbligazioni pubbliche siano vicini al loro picco massimo. Per i mercati globali, scrive l’opinionista Michael Mackenzie, la piu’ importante conseguenza e’ che finira’ la risalita del dollaro: e questo per molti paesi emergenti oberati di debiti in dollari e’ una buona notizia, come peraltro dimostra la risposta positiva stamattina dei mercati asiatici; inoltre le azioni quotate nelle Borse non-statunitesi diventeranno molto piu’ attraenti di quelle di Wall Street e questo contribuira’ a ridurre il gap economico generale tra gli Usa ed il resto del mondo. I prossimi appuntamenti a cui guardare, annota il “Financial Times”, sono la riunione dei governatori della Fed, domani giovedi’ 8 novembre; e soprattutto la riunione del G20 che si terra’ alla fine del mese a Buenos Aires, per vedere se Stati Uniti e Cina faranno passi avanti per allentare le tensioni sugli scambi commerciali. E’ quest’ultima infatti, secondo l’opinione di Michael Mackenzie, la vera incognita che incombe sull’andamento dell’economia globale in questo scorcio di 2018 e per il 2019.

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Spagna, il Pp salva il ministro Borrell dalla sfiducia del Senato

07 nov 10:58 – (Agenzia Nova) – Il gruppo popolare ha evitato che il ministro degli Esteri, Josep Borrell, diventasse il secondo membro del governo di Pedro Sanchez ad essere formalmente sfiduciato dal Parlamento, dopo la mozione che ha colpito ad ottobre la titolare della Giustizia, Dolores Delgado. Forte della maggioranza assoluta al Senato, il Partito popolare (Pp) si e’ opposto alla misura promossa dal PdeCat, e sostenuta da Erc e Pnv, che chiedeva le dimissioni del capo della diplomazia estera o la revoca del suo incarico, in seguito allo scandalo della vendita delle azioni di Abengoa. Lo riferisce il quotidiano “El Pais”, aggiungendo che, per il portavoce socialista Jose’ Montilla, il vero problema non e’ la gestione della politica estera da parte del ministro ma il fatto che difenda l’unita’ della Spagna pur essendo catalano. “A voi non piace Borrell perche’ vi ricorda che rappresentate solo una parte della Catalogna, una parte importante, ma solo una parte”, ha detto Montilla rivolgendosi ai partiti indipendentisti che hanno sostenuto il provvedimento. Borrell e’ finito al centro delle polemiche dopo la sanzione inflittagli dalla Commissione nazionale del mercato dei valori per aver venduto un pacchetto di azioni Abengoa, del valore di 9.030 euro, nel mese di novembre del 2015, ovvero pochi giorni prima che il consiglio di amministrazione della societa’, di cui egli stesso faceva parte, annunciasse la crisi.

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Spagna, la Corte suprema fa marcia indietro sull’imposta di bollo sui mutui

07 nov 10:58 – (Agenzia Nova) – La Corte suprema spagnola fa marcia indietro e, dopo settimane di polemiche e tensioni, stabilisce che l’imposta di bollo sui mutui debba essere a carico dei clienti e non delle banche. La sentenza, emessa dalla sezione del contenzioso amministrativo dopo due giorni di intenso dibattito, e’ passata con una risicata maggioranza, ovvero 15 voti a favore e 13 contrari. La notizia trova oggi ampio spazio su tutta la stampa spagnola che sottolinea il cambio di passo dopo il verdetto del 18 ottobre che, spazzando via 20 anni di giurisprudenza, aveva decretato che dovessero essere gli istituti di credito i responsabili del pagamento della tassa sui mutui. I banchieri e le cooperative hanno plaudito alla decisione della Corte suprema, ritenendo che “preservi la sicurezza giuridica necessaria per il corretto funzionamento del mercato”. In una dichiarazione, il settore ha evidenziato che l’alto tribunale ha dato seguito alle “normative vigenti da oltre 20 anni” mentre le associazioni dei consumatori hanno lanciato dure accuse ai giudici che si sono occupati del caso. Secondo l’Ocu, la decisione danneggera’ milioni di famiglie e mettera’ in discussione la sicurezza giuridica oltre che la stessa indipendenza della magistratura rispetto al potere finanziario. Per questo motivo, l’organizzazione ha rivendicato le dimissioni immediate del presidente, il magistrato Luis Di’ez-Picazo, per la “disastrosa gestione” della questione. Dello stesso avviso anche l’Associazione di banche, casse di risparmio e assicurazioni, secondo cui la posizione presa dalla Corte suprema e’ “strana e anomala”. Per Ruben Sanchez, portavoce di Facua, si tratta di una “decisione politica, che mal si adatta al potere giudiziario, una decisione che significa salvare la banca dal pagamento di miliardi di euro”. dal punto di vista legale e giuridico, dopo la bufera, tutto ritorna come prima, salvo il grave danno di immagine della Corte suprema. Si teme che a passare sia soprattutto il messaggio per cui cio’ che e’ a vantaggio dei cittadini e dannoso per le istituzioni finanziarie possa sempre essere corretto.

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Francia, il presidente Macron cerca di calmare i francesi dopo l’annuncio sui rincari del carburante

07 nov 10:58 – (Agenzia Nova) – In Francia aumenta la collera degli automobilisti dopo che il governo ha annunciato nuovi rincari dei carburanti. Per contenere il malcontento, il presidente francese Emmanuel Macron ha proposto alcune misure per aiutare le famiglie in difficolta’. “Il governo non si sbaglia” ma “e’ necessario aiutare i nostri cittadini piu’ modesti che non hanno scelta” ha detto il presidente francese. Tra i provvedimenti vi e’ “l’indennita’ chilometrica” per le persone che ogni giorno fanno piu’ di 30 o 40 chilometri per recarsi al lavoro. Macron ha fatto sapere che il governo sta riflettendo su come modificare un dispositivo gia’ esistente. Il capo dello Stato ha inoltre dichiarato che verra’ migliorato il dispositivo di aiuti per le bollette di gas ed elettricita’. Intanto, per il 17 novembre e’ stata indetta la mobilitazione dei gilet gialli: in diverse parti della Francia gli automobilisti protesteranno rallentando il traffico ed esponendo dei gilet di emergenza sul loro cruscotto. La protesta prevede blocchi stradali, manifestazioni e distribuzione di volantini. Negli uffici del governo e dei ministeri dell’Economia e della Transizione ambientale i tecnici stanno gia’ lavorando per capire come applicare le proposte di Macron. “Gli annunci del presidente hanno messo il sistema in tensione” ha detto un ministro a condizione di anonimato al quotidiano francese “Le Figaro”.

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Ue, la Francia spera di poter far applicare la web tax entro la fine del 2020

07 nov 10:58 – (Agenzia Nova) – A Bruxelles il ministro dell’Economia francese, Bruno Le Maire, si gioca il tutto per tutto per far applicare la web tax, l’imposta europea destinata alle aziende del settore digitale come Apple, Google o Facebook. Lo scrive il quotidiano francese “Les Echos”, spiegando che la Francia continua a fare pressione affinche’ entri in vigore questo tipo di tassazione. Nel corso della riunione che si e’ tenuta ieri, 6 novembre, a Bruxelles, sono stati molti i paesi dell’Ue reticenti ad applicare questa misura, che sicuramente non verra’ attuata il prossimo anno. Dinnanzi a queste opposizioni, che hanno visto la Germania in prima fila, Le Maire ha proposto l’applicazione della web tax per la fine del 2020. Questo lascerebbe del tempo all’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), che dovrebbe pubblicare un rapporto sull’imposta digitale per l’estate del 2020. Oltre alla Germania, tra gli stati membri dell’Unione europea che maggiormente resistono alla proposta di una web tax ci sono Irlanda, Danimarca e Svezia. I timori riguardano una risposta violenta da parte degli Stati Uniti. La prossima riunione del 3 dicembre sara’ decisiva, e la Germania giochera’ ancora una volta un ruolo fondamentale nella decisione finale.

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Germania, per sondaggio, annuncio ritiro Merkel non ferma declino dell’Unione

07 nov 10:58 – (Agenzia Nova) – L’annuncio dato il 29 ottobre scorso dal cancelliere tedesco e leader dell’Unione cristiano-democratica (Cdu), Angela Merkel, sul proprio ritiro progressivo dall’attivita’ politica non pare fermare il declino dell’Unione, il blocco conservatore formato da Cdu e Unione cristiano-sociale (Csu). Un sondaggio pubblicato ieri, 6 novembre, dall’istituto demoscopico tedesco Insa da’ infatti l’Unione al 24,5 cento dei consensi, ossia mezzo punto percentuale in meno rispetto alla scorsa settimana. La medesima flessione e’ registrata dal Partito socialdemocratico tedesco (Spd), che con l’Unione forma la Grande coalizione al governo della Germania da marzo scorso. I socialdemocratici si attestano al 13,5 per cento. I Verdi cedono un punto e scendono al 19 per cento, mentre Alternativa per la Germania (AfD), partito di destra che raccoglie consensi anche tra gli ambienti estremisti, rimane stabile al 16,5 per cento. Seguono la Sinistra e il Partito liberaldemocratico (Fdp), rispettivamente all’11 e 10 per cento. Gli altri partiti tedeschi ottengono complessivamente il 5,5 per cento delle preferenze.Unione e Spd insieme si attestano al 38 per cento: in caso di nuove elezioni, la Grande coalizione non avrebbe quindi la maggioranza e per raggiungerla dovrebbe stringere un’alleanza con un altro partito. Una coalizione tra Unione, Verdi e Fdp avrebbe il 53,5 per cento, mentre un patto di governo tra conservatori, socialdemocratici e verdi raggiungerebbe il 57 per cento. Una coalizione tra Unione, Spd e Fdp si fermerebbe, infine, al 48 per cento con un esecutivo in lieve minoranza.

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Italia, il paese a rischio recessione mentre anche l’Eurozona rallenta

07 nov 10:58 – (Agenzia Nova) – L’Italia rischia di precipitare in una nuova recessione a causa della caduta della produzione del suo settore privato nel mese di ottobre, mentre l’intera economia dell’Eurozona mostra preoccupanti segni di rallentamento. Lo sostiene il quotidiano britannico “The Telegraph”, commentando i risultati preliminari dell’indice dei direttori degli acquisti (Pmi) dell’Italia pubblicato ieri, 6 novembre, dall’istituto Ihs Markit. Da un risultato di 54,1 a settembre, l’indice e’ sceso a ottobre a 53,1, il livello peggiore da due anni. Secondo i dati, inoltre, la crescita della Germania e’ ora e’ piu’ debole di quella di Francia e Spagna. Tuttavia, il vero allarme e’ quello lanciato dalle imprese italiane. A ottobre scorso, l’indice Pmi dei settori dell’industria e dei servizi e’ infatti sceso a 49,3, il livello piu’ basso dal novembre 2013. Secondo quanto riferisce il quotidiano britannico “Financial Times”, nell’indice Pmi la barra dei 50 punti separa una situazione di crescita da una di contrazione dell’economia. I dati diffusi nella scorsa settimana dall’Istituto nazionale di statistica (Istat) gia’ avevano mostrato come la crescita dell’economia italiana nel terzo trimestre dell’anno si sia fermata, soprattutto nel settore manifatturiero. Tuttavia, l’indice Pmi pubblicato ieri, 6 novembre, dall’istituto di ricerca Ihs Markit mostra che la frenata ora coinvolge anche il settore dei servizi, precipitato di 53,3 punti di settembre e’ precipitato a 49,2 punti in ottobre. Si tratta della prima contrazione delle attivita’ da oltre due anni e del livello piu’ basso registrato dal settembre 2014. Il risultato, ricorda il quotidiano il “Financial Times”, e’ nettamente peggiore delle aspettative. Secondo un sondaggio effettuato nei giorni scorsi, gli economisti si attendevano in ottobre un indice Pmi a 52 punti; comunque in calo rispetto ai 52,4 punti di settembre. Secondo l’istituto Ihs Markit, il settore dei servizi italiano soffre in particolare per la contrazione dei margini di profitto provocata dall’effetto combinato di nove mesi consecutivi di diminuzione dei prezzi di vendita e dall’aumento dei costi di produzione. A tutto cio’ si aggiunge, secondo i manager delle aziende italiane, la difficolta’ di trovare personale qualificato per sostituire i dipendenti andati in pensione. Vi e’ poi da considerare che gli aggiornamenti dei processi produttivi grazie alle nuove tecnologie hanno ridotto la forza lavoro. Tutto cio’ ha tra l’altro significato che il livello di occupazione nel settore dei servizi e’ sceso al minimo da 14 mesi. “La tendenza piu’ preoccupante”, afferma l’economista David Owen di Ihs Markit, “e’ quella che riguarda il calo dei prezzi di vendita: con l’aumento dei costi e la domanda che si riduce verso la stagnazione, le aziende saranno probabilmente costrette a limare i loro listini per assicurarsi nuove commesse”. Gli ultimi dati, conclude l’analisi dell’istituto di ricerca Ihs Markit, “fanno temere che la situazione economica dell’Italia non migliorera’ affatto nell’ultimo trimestre di quest’anno”.

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Italia, il panico come strategia del governo

07 nov 10:58 – (Agenzia Nova) – Nel confronto con la Commissione europea sulla legge di stabilita’ per il 2019, il governo italiano “fara’ poco per tranquillizzare i mercati, poiche’ l’incertezza lo aiuta a tenere l’Europa sotto pressione”. E’ quanto sostiene Gustav Horn, direttore dell’Istituto per la macroeconomia e le ricerche sulla congiuntura della fondazione Hans Boeckler di Duesseldorf. In un articolo pubblicato ieri, 6 novembre, sul settimanale tedesco “Die Zeit”, Horn afferma che il rapporto tra deficit e prodotto interno lordo (Pil) al 2,4 per cento per il 2019 programmato dal governo di Roma nella legge di stabilita’ respinta da Commissione europea ed Eurogruppo “viola gli impegni presi dai precedenti esecutivi italiani” con l’Ue, che erano “la base della fiducia”. Di per se’, evidenzia Horn, un rapporto deficit-Pil al 2,4 per cento “non e’ un disastro economico”. Muovendo da “ipotesi realistiche di una congiuntura ragionevolmente intatta e di un lento aumento dell’inflazione, la relazione tra debito pubblico e prodotto interno lordo dell’Italia potrebbe, infatti, in parte diminuire anche con questo valore”. Inoltre, Horn nota come il paese abbia attualmente “un leggero avanzo commerciale”. Questa non e’ dunque “la combinazione esplosiva tra rapporto deficit-Pil in crescita e aumento del debito estero che ha spinto la Grecia verso l’abisso sui mercati finanziari internazionali”. Tuttavia, avverte Horn, “l’Italia e’ piu’ indebitata con i propri cittadini e imprese, che potrebbero pagare le conseguenze” dell’aumento dell’espansione del deficit prevista dalla legge di stabilita’. A ogni modo, “al momento non e’ chiaro se in futuro l’incremento del disavanzo possa restringere in maniera significativa i margini di manovra fiscale” del governo italiano. Facendo riferimento al reddito di cittadinanza, Horn spiega che “l’introduzione di una sicurezza di base” prevista dalla legge di stabilita’ “puo’ rivelarsi una benedizione data la protezione sociale finora completamente inadeguata in Italia”. I destinatari del sussidio potrebbero infatti aumentare i propri consumi a vantaggio dell’economia. Inoltre, le misure adottate dal governo italiano potrebbero avere effetti positivi sull’occupazione. Tuttavia, “il resto della spesa pubblica” prevista dalla legge di bilancio e’ “discutibile in quanto serve essenzialmente al clientelismo” dei partiti di governo, Lega e Movimento 5 Stelle (M5S). Per esempio, dalla riduzione delle tasse si devono attendere “vantaggi economici significativi”, bensi’ “un ulteriore aumento di un debito gia’ elevato”. Horn sottoline quindi che “l’approccio del governo italiano e’ nella migliore delle ipotesi causa di rabbia in Europa, , non per scenari catastrofici”. I mercati finanziari “potrebbero essere tranquilli, ma non lo sono, e giustamente”. Per Horn, la ragione del nervosismo degli investitori non risidere nella “discutibile logica economica” della legge di stabilita’, “ma nella sua controversa intenzione politica”. Divisa da orientamenti diametralmente opposti su piu’ questioni, la coalizione tra Lega e M5S per Horn si e’ unita con la legge di stabilita’ in un obiettivo comune: “la lotta contro un presunto establishment che starebbe danneggiando gli interessi dei popoli” europei. In questo modo, i partiti populisti mobilitano il consenso. In tale contesto, “ci si puo’ aspettare che il governo italiano non faccia nulla per calmare i mercati”. Al contrario, avverte Horn, Lega e M5S potrebbero “provocare ancora piu’ panico con provocazioni sempre piu’ violente nella retorica” contro l’Ue. In questo modo, sotto la minaccia del contagio di una crisi del debito in Italia mentre i rendimenti dei titoli di Stato aumentano e i loro prezzi diminuiscono, gli altri Stati membri dell’Eurozona “potrebbero dover negoziare con Roma sulle proposte radicali che avanza” nell’Unione europea, “per esempio riguardo all’immigrazione”. I governi degli Stati membri dell’Ue potrebbero dunque trovarsi dinnanzi alla “sgradevole scelta tra fare concessioni onerose all’Italia su diverse questioni politiche o rischiare il crollo dell’unione monetaria”. In questo senso, sostiene Horn, la strategia del governo italiano “potrebbe funzionare”. Tuttavia, per superare questo “dilemma, vi e’ un altro modo”. Horn spiega infatti che l’Eurogruppo potrebbe “autorizzare la Banca centrale europea (Bce), almeno in maniera temporanea ad allineare il suo programma di acquisto di titoli di Stato all’andamento tra spread e tassi di interessi dei singoli paesi”, come per esempio l’Italia. La Bce acquisterebbe, dunque, “titoli di Stato dove i tassi di interesse sono elevati, ossia in paesi considerati rischiosi dai mercati finanziari”. A ogni modo, evidenzia Horn, tali acquisti verrebbero effettuati “a condizione che la bilancia commerciale del paese non sia negativa”. In tal modo, sarebbe possibile evitare che l’incremento dei tassi di interesse “metta a repentaglio l’unione moetaria semplicemente annunciando gli acquisti di titoli di Stato da parte della Bce”. Grazie al suo avanzo commerciale, l’Italia avrebbe quindi “un debito esclusivamente interno e le conseguenze del suo aumento dovrebbero essere portate soltanto dagli italiani, rendendo inefficace il ricatto” che il governo di Lega e M5S sta attuando nei confronti dell’Ue. Per Horn, una simile iniziativa richiede “coraggio politico ed economico”, ma potrebbe “forse allontanare la miccia dalla polveriera europea”.

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