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#elex. Opere orfane: al via l’utilizzo in digitale e online

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Diritto d'autore

Con il decreto legislativo 10 novembre 2014, n. 163 – pubblicato in Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, n. 261 – è stata recepita la Direttiva 2012/28/UE sugli usi consentiti di opere orfane, ovvero di quelle opere creative protette dal diritto d’autore in relazione alle quali non è nota la paternità, ovvero non sono noti i titolari dei diritti di proprietà intellettuale.

#elex è una rubrica a cura dello Studio Legale E-Lex – Belisario, Scorza, Riccio & Partners, si occupa di leggi, norme e aspetti legali che riguardano il mondo del digitale con particolare attenzione al tema della privacy e dei diritti degli utenti.
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La Direttiva trae origine dalla Raccomandazione del 2006 sulla digitalizzazione online, il cui principale obiettivo era quello di preservare il patrimonio culturale esistente, consentendogli la massima accessibilità da parte dei cittadini europei.

La discrasia tra la durata dei diritti d’autore (settant’anni dopo la morte dell’autore dell’opera) e la vita commerciale delle opere è nota: la maggior parte delle opere letterarie e scientifiche, che arricchiscono il patrimonio delle biblioteche, dopo qualche anno (in media cinque) sono fuori commercio. Opere, quindi, che sono difficilmente reperibili dagli utenti e che non determinano alcun ritorno economico per gli autori e per gli altri titolari dei diritti sulle opere stesse.

Il problema delle opere orfane nasce dalla difficoltà di individuare i titolari dei diritti sulle opere stesse e, quindi, di ottenere un consenso preventivo per la digitalizzazione e la messa a disposizione al pubblico di un’opera o di un altro contenuto protetto.

In un’ottica, quindi, di rilancio e di promozione della cultura europea, attraverso la massimizzazione della libera circolazione della conoscenza, il provvedimento adottato dal Governo, in vigore dal prossimo 25 novembre, introduce all’interno della Legge sul Diritto d’Autore (Legge 22 aprile 1941, n. 633) alcune nuove disposizioni (artt. 69-bis – 69-septies) sarebbe volto a consentire a biblioteche, istituti di istruzione e musei accessibili al pubblico, archivi, istituti per il patrimonio cinematografico o sonoro ed emittenti del servizio pubblico di:

  1. a) riprodurre l’opera orfana ai fini di digitalizzazione, indicizzazione, catalogazione, conservazione o restauro;
  2. b) mettere l’opera orfana a disposizione del pubblico affinché ciascuno possa avervi accesso liberamente.

Le facoltà così riconosciute ai citati istituti devono essere, in ogni caso, funzionali agli scopi di interesse pubblico perseguiti da tali organizzazioni e gli eventuali ricavi, generati attraverso l’utilizzo di tali opere, devono essere destinati a coprire i costi sostenuti per le attività di digitalizzazione e messa a disposizione delle opere stesse.

Non tutte le opere orfane sono suscettibili di tale utilizzo. L’art. 69-ter circoscrive l’ambito di applicazione ad alcune categorie di opere o materiali: libri, riviste, quotidiani, rotocalchi o altre pubblicazioni, opere cinematografiche o audiovisive e fonogrammi conservati nelle collezioni di biblioteche, istituti di istruzione o musei accessibili al pubblico, nonché nelle collezioni di archivi o di istituti per il patrimonio cinematografico o sonoro; opere cinematografiche o audiovisive e fonogrammi prodotti da emittenti di servizio pubblico fino al 31 dicembre 2002 e che siano conservate nei loro archivi (art. 69-bis, comma 1); nonché alle opere e agli altri contenuti protetti che sono inclusi, incorporati o che formano parte integrante delle opere o dei fonogrammi delle opere citate.

Affinché un’opera o un fonogramma possano definirsi orfani è necessario che, a seguito di una “ricerca diligente”, non sia stato possibile individuare alcun titolare dei diritti o, laddove il titolare sia stato individuato, non sia stato possibile rintracciarlo.

Al fine di una definitiva armonizzazione delle regole sul copyright nei vari Paesi membri, inoltre, l’opera considerata orfana secondo la legge di uno Stato membro sarà riconosciuta come tale anche in tutti gli altri Stati membri. In ogni caso, non possono essere considerate orfane le opere in commercio.

Per quanto riguarda la ricerca volta ad individuare o rintracciare il titolare dei diritti d’autore di un’opera, il decreto stabilisce che debba essere condotta attraverso la consultazione di fonti di informazione appropriate, di cui l’art. 69-septies fornisce un elenco esemplificativo (il Registro pubblico generale delle opere protette; il Sistema Bibliotecario Nazionale; le banche dati dei libri in commercio ALICE e ESAIE, l’ISSN per i periodici; le banche dati delle società di gestione collettiva, inclusi gli organismi che gestiscono i diritti di riproduzione; le banche dati di istituti per il patrimonio cinematografico o sonoro; ecc…) e che sia svolta nello Stato membro di prima pubblicazione o – in caso di mancata pubblicazione – nello Stato membro di prima diffusione dell’emissione.

Laddove nel corso di una ricerca svolta in Italia emergano motivi per ritenere che le informazioni necessarie all’individuazione del titolare del diritto debbano essere recuperate in altri Paesi, dovrà procedersi anche alla consultazione delle fonti disponibili in tali Paesi.

In ogni caso è garantito al titolare dei diritti di un’opera considerata orfana di rivendicarne – in qualunque momento e anche in sede giudiziaria – la paternità e di ottenere il riconoscimento di un equo compenso, a titolo risarcitorio, per l’utilizzo dell’opera stessa compiuta prima della sua “riemersione”.

Il legislatore ha probabilmente ecceduto nelle garanzie riconosciute ai titolari dei diritti, dettando un elenco articolato delle attività da compiere per essere ritenuti “diligenti”. Il provvedimento italiano, se paragonato alle leggi o ai progetti di legge di conversione della direttiva di altri Stati membri, rischia così di essere penalizzante per gli utilizzatori e, in generale, per la diffusione della cultura, scoraggiando, di fatto, la “nuova vita” di opere spesso di difficile reperibilità.

In tale prospettiva, a livello ministeriale, sarebbe auspicabile la predisposizione di una piattaforma informatica unica, che consenta di consultare agevolmente le opere “non orfane”, riducendo tempi e costi per coloro che, conformemente agli intenti del decreto, intendono valorizzare opere altrimenti destinate all’oblio.

Già la direttiva comunitaria, del resto, non aveva brillato per audacia: scarsissime le aperture ai soggetti privati, forte incertezza sulle sorti delle opere, perennemente gravate dalla possibilità di un “ritorno” del titolare dei diritti sull’opera. Quest’ultimo, anche a seguito dell’avvenuta digitalizzazione, frutto di un lavoro diligente di ricerca dell’autore, può in ogni momento rivendicare i propri diritti sull’opera, ottenendo un indennizzo da parte dell’utilizzatore.

Misure che potrebbero avere un forte effetto dissuasivo sui soggetti interessati a realizzare la digitalizzazione delle opere orfane, che, a fronte di un’attività costosa e per nulla redditizia, sono costretti a confrontarsi con i rischi e le incertezze di un eventuale ricomparsa dell’autore o dei suoi aventi diritti.

Un’ultima osservazione, corollario della precedente. L’elencazione delle banche dati avrebbe dovuto includere anche i registri dei nuovi operatori che, non senza fatica, si stanno sul mercato: basti pensare ai servizi che consentono forme alternative di protezione della paternità e dell’anteriorità delle opere rispetto al tradizionale deposito in SIAE. Diversamente, si rischia – al fine di evitare la qualifica di opera orfana – che gli autori tendano a preferire i registri elencati nel provvedimento normativo, a scapito degli altri, determinando, seppur indirettamente, un’alterazione degli assetti concorrenziali.

Il testo del decreto è disponibile qui.

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